Due strade per abbattere il debito pubblico e iniziare un percorso che porti alla sua riduzione anche in una situazione economica critica come quella attuale. Il governo Renzi ha messo a punto una doppia strategia che passa dal patrimonio immobiliare dello Stato: velocizzare e semplificare il cambio di destinazione d’uso degli immobili e passare parte del patrimonio dallo Stato ai Comuni. Il primo passaggio fa parte di un piano più ampio della dismissione, mentre il secondo è stato già definito con le amministrazioni locali. Quello che è chiaro sia al premier che al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è la necessità di inserire nella legge di Stabilità un capitolo dedicato alla privatizzazione del patrimonio immobiliare.
La strada intrapresa dal governo per ridurre il debito pubblico, peso storico che grava da decenni sull’economia italiana, è su un doppio binario, con la convinzione che la rivalutazione del patrimonio pubblico sia quello che serve per far ripartire l’economia e frenare il debito pubblico. Non un piano choc con vendite e dismissioni straordinarie, ma una strategia di lungo respiro che porti a incamerare soldi e a eliminare debito con una cessione pianificata. Da qui anche il nuovo rapporto con gli enti locali che ha l’obiettivo di sfrondare il patrimonio pubblico. Il sottosegretario al ministero dell’Economia Pier Paolo Baretta ha definito il passaggio ai Comuni di 9mila immobili a titolo gratuito con l’accordo di venderli entro tre anni: in quel caso lo Stato incasserà il 25% del ricavato, altrimenti, scaduto il termine, saranno riacquistati dal Demanio.
Più articolata la strategia per la dismissione. Renzi lo aveva chiarito anche nell’intervista di qualche giorno fa al Sole 24 Ore: pensare alla sola dismissione non è una via percorribile in una situazione economica che vede il mercato immobiliare in crisi profonda. Meglio agire su tre livelli: razionalizzare, valorizzare e dismettere.
La valorizzazione va proprio in questo senso: rendere più appetibili gli immobili del Demanio facilitando il cambio di destinazione d’uso, proposta già arrivata con il governo Letta ma non più portata avanti. Il passaggio è allo studio del ministero, impegnato a ragionare sul tema della privatizzazione in maniera più organica e con l’occhio sempre puntato sul debito.
I dati sono sulla scrivania di Padoan e Renzi: per il settimo anno di fila, il debito pubblico è in crescita e, secondo il Def dello scorso aprile, toccherà il 134,9% del Pil. Alcuni fattori come il pagamento delle fatture arretrate o il prestito alla Grecia hanno avuto il loro peso, ma è a livello strutturale che bisogna agire, pensando al 2015, quando entrerà in vigore la regola del debito stabilita dal Fiscal Compact.
Dal prossimo anno si deve ridurre di un ventesimo all’anno la differenza tra il rapporto del nostro debito e il Pil e il parametro del 60% stabilito dal trattato. La congiuntura attuale non dovrebbe mettere a rischio il parametro del 3%, come più volte ribadito da Renzi e Padoan, ma potrebbe creare complicazioni per il rispetto della regola sul debito.
Per questo la strategia di dismissioni avrà un suo capitolo nella legge di Stabilità: il debito deve iniziare a rientrare ma con un’azione mirata e non con interventi a perdere.
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