Prima in maniera silenziosa, rischia ora di deflagrare con veemenza la polemica sul Decreto 91 intitolato ‘Ambiente protetto’: all’inizio sono state alcune associazioni ambientaliste e siti di informazione controcorrente a denunciare le forti criticità contenute nelle disposizioni normative approntate, ma solo dopo che il blog di Beppe Grillo si è occupato dell’argomento hanno cominciato a rimbalzare con maggiore decisione perplessità su un testo che al suo interno celerebbe diverse norme a favore di chi ha inquinato in passato il territorio italiano. Un decreto ‘Inquinatore-protetto’ come lo hanno ribattezzato alcuni, come se non bastassero i ritardi cronici sulle bonifiche e i numerosi scandali ad essi legati negli anni.
Secondo gli oppositori del decreto, il nobile intento originario di semplificare le farraginose procedure delineate dal Testo Unico dell’Ambiente, sarebbe mutato in un invito a nascondere l’inquinamento provocato nel corso dei decenni, provocando soprattutto timori per il futuro, verso la contaminazione di aree del Paese non ancora scoperte. Dall’Ilva di Taranto al Sulcis, dalla Terra dei Fuochi a Salto di Quirra, sono centinaia i siti inquinati in tutto il territorio italiano: il blog di Grillo ha alzato il tiro proprio prendendo a pretesto il Poligono di Salto di Quirra in Sardegna, poiché il decreto ha equiparato le aree militari alle aree industriali, innalzando i livelli consentiti da sostanze altamente tossiche rilasciate dai dispositivi militari. Si legge infatti sul blog: ‘Articolo 13, comma 5: per le zone militari “si applicano le concentrazioni di soglia di contaminazione di cui alla Tabella 1, colonna b, dell’allegato 5, alla Parte IV, Titolo V” del Codice dell’Ambiente. Un tecnicismo che nasconde una fregatura: solo per citare qualche esempio, lo stagno potrà avere un concentrazione nel suolo fino a 350 volte superiore, mentre potranno essere centuplicati i valori dei cianuri‘. Un regalo al ministero della Difesa, secondo Grillo.
Successivamente si punta il dito contro il capitolo bonifiche presente nel decreto: ‘Decorso inutilmente il termine, il piano di caratterizzazione si intende approvato: così recita il capitolo bonifiche, che in nome delle semplificazioni, regala un insperato “silenzio assenso” ai responsabili dell’inquinamento, e a quanti altri possano essere interessati a una allettante quanto insperata “bonifica”, in “autocertificazione” dei dati di partenza. Terminato l’intervento si dovrà “solo” provvedere a inviare all’Arpa i risultati delle operazioni. Gli uffici avranno però solo 45 giorni di tempo per approvarli., decorsi i quali se l’agenzia, come prevedibile, oberata di lavoro non dovesse rispondere…scatterà il silenzio assenso. In soldoni: una bonifica tutta sulla carta‘.
La norma prevede infatti che chi inquina faccia il primo passo presentando un progetto di bonifica con autocertificazione sui dati delle contaminazione, senza alcun controllo dell’ente pubblico. Dopo l’approvazione in appena 90 giorni, il privato realizza la bonifica, e solo a quel punto presenta un programma di analisi delle aree in cui si è intervenuti, il cosiddetto Piano di caratterizzazione, che deve essere esaminato, prima della sua realizzazione, dagli enti pubblici in 45 giorni, e per cui vale il famigerato silenzio-assenso. In un Paese dove la corruzione è ampiamente sviluppata, è facile prevedere sia una sottostima del reale stato di inquinamento nella fase di autocertificazione, sia immani pressioni per far decorrere i 45 giorni e ottenere il silenzio-assenso.
Questo decreto appare insomma ampiamente favorevole nei confronti di chi inquina, dando ai privati la massima libertà di scegliere quali sostanze inquinanti cercare, mentre i controlli pubblici si allentano pericolosamente, compromettendo di fatto la trasparenza sui dati, e di conseguenza la salute dei cittadini, che ignari dello stato delle cose potranno avvalersi soltanto di quanto diffuso dai privati. Troppo allarmismo? Vedremo come risponderà il governo di fronte alle critiche mosse al decreto, e se saranno possibili margini di modifica. I timori comunque non ci paiono infondati: al contrario di quanto affermava Andreotti, a pensar male in questo Paese ci si azzecca quasi sempre, non solo qualche volta.