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Per il delitto di Melania Rea, Salvatore Parolisi ha già riportato una condanna. Tuttavia l’iter giudiziario per lui non si è ancora concluso. E’ previsto, infatti, che martedì prossimo, 27 maggio, il caporal maggiore compaia davanti al Tribunale militare. Proprio qui sarà giudicato per aver violato la consegna di carattere militare. Quindi prosegue la vicenda che riguarda un omicidio misterioso, nei confronti del quale Parolisi continua a definirsi estraneo. L’udienza militare, in ogni caso, non rappresenterà l’ultima tappa del procedimento a carico di Parolisi.
Molti colpi di scena ci aspettano ancora nel corso di queste tappe giudiziarie. Infatti, a quanto pare, Parolisi nelle prossime udienze si troverà faccia a faccia con la sua ex amante Ludovica. Il ruolo chiave detenuto da questa persona è fondamentale, perché, secondo la Corte d’Assise d’Appello, proprio la relazione clandestina avrebbe costituito il movente dell’omicidio.
La ricostruzione della vicenda
Melania Rea è stata uccisa nel bosco delle Casermette di Ripe di Civitella del Tronto, vicino a Teramo. L’omicidio sarebbe avvenuto il 18 aprile del 2011. Quando fu ritrovato, il cadavere è stato rinvenuto seminudo e l’autopsia ha confermato che il corpo della donna era stato colpito da più di 30 coltellate. Le indagini portarono a far ricadere i sospetti su Salvatore Parolisi, marito di Melania. Parolisi svolgeva il suo ruolo di militare presso il 235esimo reggimento piceno ad Ascoli. Qui si occupava di istruire le nuove reclute. Fra di esse c’era anche Ludovica, la ragazza che sarebbe diventata sua amante. Questa relazione avrebbe determinato differenti problemi con la moglie.
L’ex caporal maggiore dell’esercito è stato condannato per omicidio. Infatti si trova attualmente nel carcere di Teramo e in Appello gli è stata data la pena di 30 anni di carcere. Nel primo grado di giudizio gli era stato inflitto l’ergastolo, con il rito abbreviato condizionato. Nel frattempo Parolisi continua a proclamarsi innocente e spera che la giustizia faccia il suo corso, dimostrando la sua estraneità ai fatti. Lo ha scritto lo stesso ex sottoufficiale in una recente lettera. Tuttavia l’ultima parola spetta alla Cassazione, anche se secondo i difensori di Parolisi l’accusa non avrebbe prove concrete a sostegno della colpevolezza dell’imputato.
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