Sofia Legg, 14 anni, si è uccisa impiccandosi mentre era sola in casa. Dietro al suicidio, però, non ci sono atti di bullismo come si era pensato in un primo momento; la ragazzina soffriva da un paio d’anni di depressione e si era fatta più volte male da sola, in atti di autolesionismo. Per poter entrare in un programma di terapie cognitive – comportamentali, però, avrebbe dovuto attendere: era in lista d’attesa. Giorni, mesi: troppo tempo per aspettare. Sofia non ce l’ha fatta più e ha atteso di rimanere a casa da sola per farla finita.
La storia viene raccontata da ‘Metro.co.uk’. La mamma di Sofia, Sandy, si era accorta dei disturbi nel marzo del 2015 e aveva deciso di ricorrere alle cure psicologiche attraverso il sistema sanitario britannico. Un grido d’aiuto, raccolto dal medico che aveva segnalato il caso ai servizi per le malattie mentali di bambini e adolescenti. Qui, però, la risposta era stata negativa: la ragazzina non aveva i requisiti per accedere alla terapia o a un ricovero forzato.
Sofia, però, continuava ad essere depressa e a mostrare evidenti segni di autolesionismo, come quello di strapparsi ciocche di capelli. Mesi dopo, nell’aprile 2016, la mamma tornò a chiedere aiuto, tramite il proprio medico di base, ai servizi per le malattie mentali. Questa volta Sofia fu visitata da alcuni specialisti, che decisero di assegnarla a un programma dedicato ai giovanissimi che soffrono di depressione. A luglio Sandy scoprì che bisogna però aspettare altri sei mesi per la terapia. Due mesi dopo, il suicidio. E i segnali erano stati tanti: Sofia aveva detto più volte di aver pensato di farla finita. Segnali non raccolti da una burocrazia troppo lenta. Le indagini stanno arrivando alla conclusione che, presumibilmente, ‘condannerà’ le istituzioni sanitarie per i ritardi e per gli errori di valutazione..
La mamma di Sofia dice: “Piangeremo sempre la perdita della nostra dolce e bellissima Sofia, che è stata tradita e abbandonata dal sistema. So benissimo che quello di mia figlia non è un caso isolato: sono tanti i ragazzi che vengono abbandonati da quelle stesse istituzioni nate per proteggerli e aiutarli. Ora mi auguro semplicemente che tragedie come questa, tutte evitabili, non si ripetano più”.
Prevenire i suicidi è possibile. Anche se difficile per chi ha pensieri suicidi o chi vive accanto a persone a rischio, l’aiuto di personale esperto e operatori specializzati può fare la differenza: a volte basta chiedere aiuto per ricominciare a vivere.
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