È possibile depurare l’acqua con delle bucce di banana? Detta così sembrerebbe fantascienza, ma il progetto è reale ed è stato ideato da un ventenne di origine pugliese, Alvaro Maggio, che lo ha presentato nel corso dell’EUCYS 2015, l’European Union Contest for Young Scientists, che si è appena concluso ed è riservato ai giovani scienziati in erba. Come riporta Startup Italia, che ha raccontato nei dettagli la geniale idea del ragazzo italiano, se venisse commercializzata l’invenzione si potrebbe davvero rendere potabili le acque attraverso gli scarti delle bucce di banana. Ma almeno per ora, Alvaro Maggio ha rifiutato proposte di finanziamento per mettere in piedi eventuali società, e frequenterà invece una sorta di tirocinio della durata di una settimana presso gli Istituti per l’Ambiente e la Sostenibilità dell’Unione Europea.
Da due anni, sin dai tempi del liceo, il giovane scienziato ha realizzato degli esperimenti per testare la capacità delle bucce di frutta e verdura di mitigare gli effetti collaterali di alcuni farmaci gastrolesivi: la frutta ha dimostrato di possedere una carica negativa, mediante la peptina, mentre i metalli si comportano come cariche positive. In questo modo è nato il progetto Metals-Catchers presentato all’EUCYS 2015, che consente di purificare le acque contaminate dai metalli attraverso filtri realizzate con le bucce di banana essiccate. ‘Il processo è chimico e naturale, perché la buccia di banana viene essiccata e tritata, e poi inserita nei comuni filtri per la depurazione o nei tubi. Attraverso questi scarti si prelevano i metalli disciolti. Si possono pulire tutti i tipi di acque: il metodo è testato sull’acqua con una quantità di 1300 microgrammi di metallo per litro, una quantità letale che si solito non si trova mai. La buccia di banana funziona fino al nono utilizzo, senza perdere di efficacia‘, spiega Maggio nell’intervista al sito.
Tra i vari progetti realizzati da adolescenti dai 14 ai 20 anni e mostrati alla 27esima edizione dell’EUCYS, segnaliamo anche un altro progetto italiano: iBin, un cestino intelligente che riesce a fare la raccolta differenziata da solo attraverso un sistema di riconoscimento degli oggetti, ideato da due 19enni Davide Carboni e Alessandro Carra, che ha fatto vincere loro un tirocinio presso i laboratori della Bruno Kessler Foundation a Trento. E speriamo che la collaborazione con questi giovani cervelli non resti episodica, e che loro, come tanti altri talenti del nostro Paese, possano esprimere le loro potenzialità in Italia, un Paese che da troppi anni ha dimenticato di coltivare il futuro. A maggior ragione quando la scienza si mette a servizio dell’ecologia e del benessere del pianeta.
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