La procura di Roma, grazie alla collaborazione delle istituzioni argentine, ha avviato un procedimento contro l’ex esponente della giunta militare che governò il paese sudamericano dalla fine degli anni ’70.
Carlos Malatto, tenente colonnello argentino, e Josè Nestor Troccoli, tenente uruguaiano, sono al centro di un’inchiesta per le stragi compiute nell’ambito del “Processo di riorganizzazione nazionale”, l’altisonante nome che la giunta militare argentina diede alla propria politica e alla gestione terroristica dello stato che mise in atto tra il 1976 ed il 1983.
La più nota e spregevole azione messa in campo dalla dittatura per combattere e demotivare il dissenso interno fu la pratica dei “desaparecidos”.
Migliaia di persone, se ne stimano circa 30 mila, furono catturate, torturate, uccise e infine gettate, il più delle volte, nell’oceano Atlantico per nasconderne le tracce. Da ciò il nome che prese il fenomeno: “desaparecidos” ossia “scomparsi”.
Se Troccoli sarà processato a luglio nella stessa Roma; per Malatto si continua ad indagare e pochi giorni fa Horacio Pietragalla Corti, il segretario di Stato dei diritti umani di Buenos Aires, è giunto nel capoluogo laziale per depositare agli atti le prove di ulteriori trenta omicidi compiuti dall’ex militare, da aggiungersi agli otto già noti alla procura.
Delle nuove vittime imputate a Malatto, ventitré sarebbero “desaparecidos”, mentre le restanti sarebbero state uccise con metodi più “classici”.
Il motivo del coinvolgimento della giustizia italiana risiede nel fatto che i due indiziati sono residenti nel Bel Paese.
Dopo la fine del governo autoritario dei militari, i due avrebbero ripiegato in Italia, in particolare in Sicilia, dove risiedono tutt’oggi (l’ex tenente colonnello argentino ha infatti la cittadinanza romana).
Fondamentale la collaborazione dello stato argentino, che si costituirà parte civile nei processi, con la Farnesina italiana.
I progressi investigativi che stanno ridando giustizia alle innumerevoli vittime ed ai loro famigliari sono possibili grazie alle rogatorie messe in atto in vari stati sudamericani. È difatti da segnalare l’attivismo delle istituzioni paraguaiane, uruguaiane ed argentine nel cercare testimoni e deposizioni verbali.
Roma farà anche da apripista: è il primo caso infatti di processo a membri dalla giunta fuori dalla giurisdizione di Buenos Aires.
Nondimeno il segretario argentino per i diritti umani Horacio Pietragalla Corti gioisce della collaborazione messa in campo e auspica il coinvolgimento di tutte quelle nazioni che ospitano i rifugiati del regime.
Difatti, ribadisce, il primo ed unico obiettivo dall’amministrazione sudamericana è quello di riportare a galla la verità su quel settennato di terrore rendendo in tal modo giustizia ai famigliari delle vittime.
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