Di Maio, leader di Impegno Civico, non è disposto a sopportare gli attacchi che gli provengono dai teorici suoi alleati nello schieramento di Centrosinistra e rivendica compattezza quale unica via per battere le destre.
L’ex capo politico M5S ha abbandonato la formazione grillina poche settimane fa in dissenso con le posizioni sul governo Draghi e ha dato vita ad una scissione che ha profondamente segnato il Movimento 5 Stelle e gli ha attirato numerose critiche di incoerenza ed arrivismo.
Dopo l’incontro tra Enrico Letta, segretario PD, e Luigi Di Maio e Bruno Tabacci, leader del neo partito Impegno Civico, il ministro degli Esteri dirama una nota da cui emerge la situazione di tensione che regna nel nuovo soggetto elettorale.
In questa è sottolineata l’importanza del rispetto tra i contraenti del patto elettorale a sinistra, un valore non negoziabile che richiede a ciascuna forza politica parità di trattamento verso gli alleati.
Il documento prosegue ricordando come la coalizione che si sta componendo nel campo del Centrosinistra sia motivata nella sua nascita dalla necessità di opporre uno schieramento forte e coeso contro irresponsabilità e facili proclami delle destre.
Per Di Maio coloro che hanno fatto cadere il governo Draghi in una congiuntura così rischiosa come la coeva, fatta di inflazione, guerra, emergenza economica e sociale, aumento dei costi dei beni di prima necessità, non può che rappresentare un estremismo più focalizzato su interessi e vantaggi di partito piuttosto che nazionali.
Quindi Impegno Civico si porrebbe in un atteggiamento costruttivo il quale però deve essere condiviso da tutti gli schieramenti alleati nel Centrosinistra affinché la collocazione Euro-Atlantica dell’Italia non sia posta in dubbio.
All’origine della precisazione sopra riportata vi è probabilmente l’irritazione per essere bersaglio degli attacchi di Calenda il quale, nonostante firmatario di un accordo elettorale con il Partito Democratico, non fa sconti all’ex grillino tacciandolo di incoerenza e sostanziale arrivismo politico.
Inoltre ulteriore motivo potrebbe essere la nebulosa e non accertata proposta Dem di candidare Di Maio nelle liste del PD con “diritto di tribuna”. La formula indica quei partiti, solitamente i più piccoli che rischiano di non superare la soglia di sbarramento (attualmente al 3%), che ricevono dei seggi in Parlamento nelle liste di un partito diverso dal proprio, permettendo così a tali esponenti di aggirare lo sbarramento ed entrare comunque a Palazzo Madama o Montecitorio. L’idea era circolata negli scorsi giorni ma è stata già smentita da più parti.
La soluzione garantirebbe a Di Maio uno scranno in Aula a discapito tuttavia degli altri membri del suo partito, per ora ben al di sotto del 3% richiesto. Tuttavia sarebbe un brutto colpo d’immagine per il Partito Democratico, vista la storia di scontri ed insulti nell’epoca del Di Maio capo M5S.
Per ora dunque la situazione è ferma, nel frattempo però il ministro degli Esteri non sembra disposto a svolgere il ruolo di bersaglio per le frustrazioni interne del Centrosinistra.
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