Dieci militanti di Casapound condannati in primo grado a 2 anni e 2 mesi per l’occupazione abusiva del palazzo all’Esquilino: la decisione del giudice di Roma.
Il palazzo dove Capsapound aveva fondato la sua sede era stato abusivamente occupato. Lo ha detto il giudice monocratico di Roma, nella sua sentenza, con la quale ha condannato dieci militanti del gruppo di estrema destra. Il palazzo Casapound, di Rione Esquilino, palazzo di via Napoleone III a Roma, era occupato dal 2003. Il giudice di Roma ha deciso per la condanna a 2 anni e 2 mesi di reclusione per dieci militanti di Casapound, poi ha ordinato la restituzione al Demanio e il risarcimento dei danni.
Palazzo Casapound, dieci condanne per l’occupazione abusiva della sede
Il conto da pagare è arrivato, e salato per Casapound. Sono dieci i militanti condannati dal giudice monocratico di Roma, che ha recitato la sentenza nella giornata odierna sul caso del palazzo di via Napoleone III. La sede del gruppo di estrema destra dovrà essere restituito al Demanio, e i dieci militanti sono stati condannati in primo grado per occupazione abusiva aggravata. Per loro sono arrivate le sentenze di 2 anni e 2 mesi di reclusione.
I leader del gruppo condannati sono Simone Di Stefano, Davide Di Stefano, Gianluca Iannone, per i quali è arrivata anche una provvisionale immediatamente esecutiva da 20 mila euro per il risarcimento per l’Agenzia del Demanio. Lo stabile era occupato infatti dal 27 dicembre 2003, e ha creato milioni di euro di danni. Si trattava di un palazzo appartenente a un ente pubblico, ma alcune operazioni di sgombero erano state negli anni rinviate anche per motivi di ordine pubblico.
C’è anche un deceduto tra gli imputati. La decisione della sentenza è arrivata dopo che le indagini erano state condotte dal pm Eugenio Albamonte, la quale richiesta di 2 anni è stata accettata dal giudice.
L’accusa, durante la requisitoria, nell’aprile del 2022 aveva parlato di un immobile di proprietà del Demanio occupato illegalmente. Quel palazzo infatti era stato assegnato al ministero dell’Istruzione, ma dal 2003 “va avanti l’occupazione che ha lì il suo fulcro di un movimento politico”. Il pubblico ministero ha aggiunto inoltre che la sede non aveva finalità abitative, ma che ha causato fino all’anno 2019 milioni di euro di danni all’Erario. Si parla, secondo le prime stime, di 4,5 milioni di euro secondo quanto fatto emergere dalla Corte dei Conti. Ancora il pm ricorda come un provvedimento di sequestro preventivo non era stato portato a termine per le ragioni di ordine pubblico precedentemente citate.
La replica di Casapound: “Faziosità dei magistrati”
Il palazzo è composto da sei piani, vicino alla stazione Termini del Rione romano di Esquilino. Negli anni come noto è diventato il quartier generale dei movimenti di estrema destra di Roma, con Casapound che era nata proprio dopo l’occupazione nel dicembre del 2003, di fatto. Quattro anni fa il palazzo presentava anche la scritta del movimento politico, ma era stata l’allora sindaca di Roma a volerne l’eliminazione.
Virginia Raggi si impose per far rimuovere “Casapound” dal palazzo in via Napoleone III, ma furono gli stessi militanti poi venuti a conoscenza della richiesta a rimuoverla, per evitare faccia a faccia con l’amministrazione comunale. Il movimento di estrema destra, che negli anni si è reso protagonista nel nostro paese di questo e ben altre mosse controverse a dir poco, ha addirittura commentato la sentenza delle condanne. Il movimento ha fatto sapere che le condanne sarebbero “spropositate e confermano ancora una volta la faziosità di certa magsistratura”. Parlare di magistratura faziosa era diventata una moda, del resto proprio nei primi anni 2000.
Secondo quanto si apprende da una nota del gruppo, verranno effettuati in futuro i ricorsi per la sentenza, poi nel commutato seguono altre frecciatine che fanno riferimento a presunti favoritismi delle amministrazioni nei confronti dei centri sociali, nonché una promessa di difesa della loro sede abusiva: “Siamo pronti a difendere il palazzo e le famiglie in difficoltà che qui hanno trovato un porto sicuro. Sia chiaro a tutti che non arretriamo di un metro”.