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Mario Balotelli è accusato di essere il principale motivo dell’eliminazione dell’Italia dai Mondiali 2014 in Brasile perché ha combinato ben poco, ha segnato solo un gol e si è prodotto nel suo miglior repertorio di sceneggiate, lamentele, qualche tuffo di troppo e un rapporto non così idilliaco coi compagni. Dopo la sfida decisiva – in negativo, ovviamente – con l’Uruguay, l’attaccante del Milan sembrava essersi isolato ed essere stato isolato dai senatori del gruppo come Buffon e De Rossi, poi c’è stato il dietro front. Tuttavia lo stesso Prandelli ha confermato, seppur usando eufemismi, di aver sbagliato a puntare di lui. Ma è davvero un campione? Ecco dieci motivi che ci dicono il contrario.
1) NON RIENTRA MAI
Cavani è il prototipo dell’attaccante moderno che rientra sempre, che contrasta i difensori, che riparte, che corre come un disperato insomma. Senza arrivare ai suoi livelli, tutti i centroavanti più forti non se ne stanno lì ad aspettare la palla buona senza aiutare il centrocampo. Lui si. E quanto l’azione avversaria riparte lui cammina.
2) È LENTO
Parliamo chiaro: è lento. Non è che la velocità sia il suo forte, pur non essendo una lumaca per carità, non fa la differenza sullo scatto breve o lungo, non può insomma puntare sul dribbling lanciandosi da solo. Riesce a scartare bene, questo è vero, ma troppe volte sui lanci lunghi si è incartato o è stato recuperato troppo facilmente.
3) È SBRUFFONE DENTRO E FUORI DAL CAMPO
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Che sia l’immagine del giocatore sbruffone non è una novità e anzi può essere considerato il calciatore che sbeffeggia tutti sui social e ostenta la sua ricchezza per antonomasia. Anche in campo non è simpaticissimo: non è una prerogativa di un campione, certo, ma una condizione piuttosto necessaria.
4) VA GIU’ APPENA LO SFIORANO
Ci sono tanti calciatori top che crollano a terra non appena vengono sfiorati da un alito di vento, come ad esempio il maestro della simulazione Suarez o il suo giovane allievo Neymar, ma loro quando c’è da contrastare e lanciarsi in porta lo fanno. Insomma: il simulare ahi noi è nel repertorio del calcio moderno, ma dovrebbe essere usato con parsimonia.
5) NON ESULTA MAI DOPO UN GOL
Ok, si è creato questo personaggio del calciatore che non esulta mai, se non in condizioni eccezionali come nel caso del gol contro la Germania quando mostrò i muscoli. Però il calcio dovrebbe essere anche gioia e felicità. E facci una risata ogni tanto, Mario.
6) SI LAMENTA PIU’ DI QUANTO PRODUCE
Uno dei più lamentosi della storia del calcio, sempre a protestare con l’arbitro e a cercare l’urto verbale con gli avversari. Crea tensione nella squadra e nella partita più di quanto dovrebbe invece produrre a livello di gioco.
7) È TROPPO DISCONTINUO
Non si sa mai cosa potrebbe tirare fuori dal cappello. Abbiamo parlato della semifinale degli Europei 2012 contro la Germania in cui è stato un campione, be’, sono arrivate troppe partite in cui ha giocato in modo mediocre, soprattutto quando serviva e quando tutti puntavano su di lui. Ha tradito troppa fiducia.
8 ) FANNY
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Giusto per sdrammatizzare, con una fidanzata così si può capire perché spesso sembra che abbia la testa altrove.
9) È TROPPO IMMATURO
Non è più il ragazzino di una volta, è già padre (be’, non che sia condizione di maturità, ci vuole poco a essere padri), ha 23 anni e non 16. Eppure si comporta come uno delle giovanili sempre lì a fare bisboccia e baldoria, scherzi e a dare colore agli allenamenti. Può creare anche divertimento e qualche risata, ma solitamente i grandi campioni lasciano questi compiti ai “gregari”. In più è sempre stato troppo “perdonato” dai direttori sportivi e da chi l’avrebbe dovuto ad esempio prendere per le orecchie.
10) SEGNA TROPPO POCO
In generale, per essere un attaccante top player da squadra e nazionale, segna davvero troppi pochi gol. 80 in 220 partite circa è una media di poco superiore a una rete ogni tre partite che è lontana anni luce dalle medie stratosferiche degli inarrivabili Ronaldo e Messi, ma al tempo stesso è ben distante da quella di calciatori onesti, che non sono mai andati oltre le piccole provinciali come ad esempio il buon Dario Hübner, giusto per fare un nome significativo.
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