Dimissioni congelate: cosa significa e quali sono i precedenti

Conferenza di Renzi su risultati del referendum costituzionale

Cosa significa dimissioni congelate? E’ ciò che è accaduto nel nostro Paese negli ultimi giorni. Sul finire di domenica 4 dicembre, intorno alla mezzanotte, non appena il risultato del Referendum Costituzionale è stato chiaro, Matteo Renzi ha ammesso la sua ‘sconfitta’ e ha annunciato la sua volontà di lasciare il Governo. Poi però, ieri, il Presidente della Repubblica Mattarella ha congelato le dimissioni del Premier, in considerazione della necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio. L’addio di Matteo Renzi dunque, è stato temporaneamente congelato, ovvero rimandato. E’ mai successo qualcosa di simile in Italia? Ecco tutti i precedenti.

Dimissioni congelate: significato letterale

Letteralmente, in ambito politico, ‘dimissioni congelate’ significa sospendere per un tempo più o meno breve, la volontà di abbandonare il Governo, in questo caso, da parte del Presidente del Consiglio. La decisione può essere presa da una figura superiore, ovvero dal Presidente della Repubblica.

Mario Monti – 2012

Andando indietro nel tempo, poco alla volta, troviamo il primo caso di dimissioni congelate, nel 2012: Mario Monti, il 7 dicembre di quell’anno, annunciò di voler lasciare il Governo, dopo che l’allora segretario del Pdl, Angelino Alfano, dichiarò di considerare ‘conclusa l’esperienza di quell’esecutivo’. Monti al Quirinale disse di trovarsi dinanzi a ‘un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del governo e della sua linea di azione’ e presentò formalmente le sue dimissioni. Anche in quel caso, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, congelò le dimissioni, chiedendo a Monti di rimanere in carica sino a che fosse approvata la legge di Stabilità. Monti attese quindi il 21 dicembre, per dimettersi ufficialmente.

Silvio Berlusconi – 2010

Andando a ritroso di altri due anni, nel 2010, ci si imbatte in un altro caso di dimissioni congelate: era novembre e il Presidente della Repubblica, sempre Giorgio Napolitano. Sul governo guidato da Silvio Berlusconi pendeva una mozione di sfiducia della Camera, nonostante ciò, il Capo dello Stato, dopo una consulta con i presidenti del Senato e della Camera, Renato Schifani e Gianfranco Fini, prese la decisione, con l’adesione delle forze parlamentari, ‘di dare la precedenza, nei lavori all’approvazione finale delle leggi di stabilità e di bilancio per il 2011’. Solo successivamente si sarebbe dunque presa in esame la mozione di sfiducia, che poi fu comunque respinta nel mese di dicembre.

Silvio Berlusconi – 1994

Un caso analogo a quello del 2010, lo ritroviamo nel 1994: anche in quell’anno a tenere le redini del potere era Silvio Berlusconi. Anche allora, dinanzi alla presentazione di mozione di sfiducia in seguito all’abbandono della maggioranza da parte della Lega, il Presidente del Consiglio poté rassegnare le sue dimissioni soltanto il 22 dicembre, dopo che fu approvata la finanziaria.

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