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Ci sono 840 abbonamenti a ‘SexyLand’, 665 a ‘Le porno Erasmus’, 564 abbonamenti tra aprile e giugno 2017 a ‘Video hard casalinghi’, 12mila contratti per ‘Serie A Tim’, 630 a ‘Dillo alle Stelle’ e 260 a ‘Pronto a Tavola’. Tutti collegati a telefoni di servizio di dipendenti pubblici. Una spesa esorbitante, ma non per i titolari degli abbonamenti, bensì per noi italiani. Lo ha scoperto la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla digitalizzazione (e gli sprechi) dell’Amministrazione pubblica dopo aver analizzato i 401.839 cellulari a carico dello Stato.
E non finisce qui. Ci sono telefonate partite per il televoto, ai call center per chiedere biglietti per i concerti, donazioni via sms. Tutti con un unico conto, quello dello Stato. Perché le chiamate sono state fatte con i telefoni aziendali, di servizio. Scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora dopo che la Commissione si è fatta inviare da Telecom Italia il prospetto con il traffico – telefonate, sms e dati internet – di tutte le sim appartenenti ai dipendenti pubblici. Carte che rientrano in due distinte convenzioni Consip, Telefonia mobile 5 e Telefonia mobile 6, e che sono finite a 4.400 amministrazioni centrali e locali.
Uno spreco, non c’è altro termine. Se l’obiettivo finale era capire quanto si può risparmiare eliminando i consumi che niente hanno a che fare con le ragioni di servizio di sindaci, assessori, funzionari ministeriali e dirigenti statali, beh ce n’è da mettere in cassa. Pensate, dal 2012 al 2017, parliamo di 7,7 milioni di euro buttati giù dalla finestra per telefonate a numeri speciali con addebito. Dal 2013 al 2015 il picco dello spreco.
E ora? “Basterebbe fare i controlli sulle bollette, smettendola di complicare le norme, e non ci troveremmo di fronte a questo spreco” dice Paolo Coppola (Pd), presidente della Commissione sulle magagne dei dipendenti statali. I numeri sono impietosi: tra aprile e giugno 2017, per chiamate a numeri speciali, ‘noi’ tassati e tartassati spendiamo 39mila euro non dovuti in 1.382 chiamale al call center Trenitalia (11.500 euro), 1.108 a quello di Alitalia (8.754 euro), 267 al desk Ticketone per informazioni su biglietti e concerti (1.907 euro), 120 al call center Sky (293 euro).
Più di 132mila euro se ne sono andati in sms per acquistare prodotti della banca e promozioni sociali. Banca Intesa conta 15mila sms per comunicazioni di home banking, per 52.390 euro. Facendo questo giochetto con il telefono di servizio, le commissioni finiscono su una bolletta che non è quella del proprietario del conto. Un migliaio di euro di sms sono finiti in beneficenza. Il televoto di Sanremo o per Miss Italia ci è costato invece circa mille euro.
Mezzo milione di euro in tre mesi è sfumato per transazioni in rete e contratti con provider. Vediamo: 6.976 abbonamenti mobileplay a Beengo Tuk Tuk (a onore del vero, qui, potrebbero essere attivazioni non volute), 9.176 a Mobando, 6.438 a TimGames, 12mila a Serie A Tim, migliaia e migliaia per entrare in chat erotiche, ricevere materiale porno, oroscopi, ricette, scommesse sportive. Paolo Coppola vuol essere magnanimo: “Credo che la maggior parte di questi abbonamenti siano stati attivati involontariamente, frutto di truffe telefoniche. Se chi lavora nella Pubblica amministrazione ci casca così facilmente, chissà quanti utenti privati vengono privati”. Sarà….
Truffa o non truffa, il mistero è perché chi controlla i bilanci di Comuni, Province, Regioni e Ministeri non scovi questi sprechi. Avvertendo il dipendente e disattivando il servizio, il risparmio sarebbe per la collettività. Poi ci sono le telefonate per il televoto, la beneficenza, l’home banking, i call center a pagamento: peculato? “Ci penserà la Procura, nel caso. Più avanti consegneremo la relazione finale complessiva al Parlamento, e immagino che i magistrati saranno interessati. Sull’immediato, come commissione di inchiesta, daremo l’indicazione perché nella convenzione Consip sia inserita una clausola per mettere automaticamente nella black list questo tipo di servizi”.
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