Matteo Renzi vince la sua battaglia all’interno del PD con la votazione in direzione sul Jobs Act. La proposta del segretario e premier, primo firmatario Filippo Taddei, che comprende al quarto punto la modifica dell’articolo 18, passa con 130 favorevoli, 11 astenuti e 20 contrari. La giornata è stata lunga per il PD: la direzione, attesa per le 17, è iniziata verso le 18 e si è conclusa verso le 22.30 con la votazione finale che ha visto passare la linea renziana. Si trattato a lungo nel corso della discussione e si è arrivato a un “compromesso” mancato in particolare sull’articolo 18. Renzi ha infatti proposto il mantenimento per motivi discriminatori e disciplinari, eliminandolo per motivi economici: un’apertura alle richieste della minoranza che però non si è concretizzata in una sintesi comune tra le diverse anime del PD.
La spaccatura paventata da molti al momento non c’è stata. A livello di numeri, Renzi non avrebbe avuto comunque grossi problemi a far passare la sua linea sul Jobs Act, con una larga maggioranza (circa il 67%) che lo appoggia: è l’ala sinistra dei dem, con Gianni Cuperlo e l’ex segretario Pierluigi Bersani su tutti, a premere per un cambiamento del progetto dell’esecutivo in tema di lavoro e articolo 18. Quasi nessuno però ha voluto parlare di scissione, se non i più intransigenti al progetto renziano, capitanati da Pippo Civati, pronti anche a fuoriuscire dal partito.
D’altra parte, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, aveva chiarito come quella di oggi è una direzione in cui si avrà una “ripuntualizzazone e, completata la discussione, tutti gli elementi per procedere in parlamento“.
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