Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha definito la situazione dei pronto soccorso di Roma alquanto drammatica; purtroppo non si tratta di un caso isolato ma di diverse strutture ospedaliere denunciate dai familiari dei pazienti che rimangono fuori ad aspettare delle notizie da giorni che, invece, non arrivano.
Sono molte le persone che hanno fatto una dichiarazione, un commento negativo nei confronti del personale sanitario romano. Una situazione che, purtroppo, va avanti da anni e spesso si assiste a liti furiose tra parenti e infermieri in corsia.
Una situazione sempre più insostenibile, raccontata dai familiari dei pazienti trasportati nei pronto soccorso della Capitale. Tante sono le lamentele rivolte al personale sanitario definito come mancante di empatia.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, si mostra amareggiato per le storie raccontate dai parenti di chi necessita delle cure, spesso persone anziane che hanno difficoltà a relazionarsi con gli infermieri. Una vera e propria odissea sia per chi resta fuori dal pronto soccorso in attesa di notizie, ma anche per le persone che attendono di essere visitate, avendo quasi la sensazione di essere stati abbandonati dai loro cari.
Le storie sono veramente tante: dal coniuge al genitore, chi ha la demenza senile, chi presenta una fattura e al tempo stesso risultati positivi al covid. Storie di ore interminabili, in alcuni casi diventati anche giorni in attesa di risposte e di sapere se il paziente sia addirittura ancora vivo.
Che sia al Santo Spirito, a due passi dal Vaticano, a Monteverde, nella struttura del San Camillo, oppure nel quartiere periferico di Tiburtina all’ospedale Sandro Pertini, così come anche al San Giovanni, la situazione pare essere uguale.
Un problema a quanto pare diffuso e che alcuni familiari hanno deciso di raccontare per denunciare questa situazione drammatica. Cambiano i pronto soccorso, ma i disagi sono gli stessi per tutti.
“Papà ha 88 anni ed è in Pronto Soccorso da domenica mattina con l’omero rotto: noi non sappiamo nulla. Non ci ha contattato nessuno. Siamo qui per vedere se è ancora vivo”.
Questa la storia raccontata dalle sorelle Stefania e Antonella che attendono notizie del padre spiegando che l’ultimo contatto è stato grazie a un compagno di stanza che aveva il cellulare e poi non hanno più saputo nulla;
“Stiamo aspettando che ci diano un percorso alternativo, mio figlio si è fatto male giocando a basket e non possiamo entrare perchè hanno scoperto tramite tampone che sono positivo al covid”.
Questa, invece, è la storia raccontata da papà Ermanno, fuori dall’ospedale Sandro Pertini. Sono solo alcune delle tante dichiarazioni che spiegano i disagi che quotidianamente si vivono all’interno delle aziende ospedaliere romane.
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