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“Yes we can“. Finisce come era iniziata 8 anni fa l’era Obama. Nella sua Chicago davanti a 20mila persone Barack Obama tiene il suo discorso d’addio alla Casa Bianca: l’ultimo, il più difficile da Commander in Chief , è un saluto al popolo americano e una promessa. “È stato l’onore della mia vita servirvi, ma non mi fermerò qui. Sarò al vostro fianco, da cittadino“, scandisce dal palco del McCormick Place, lì dove celebrò la riconferma alla presidenza dopo la vittoria nel 2012. Al suo fianco la moglie Michelle e la figlia Malia (la più piccola, Sasha era a Washington per un esame), oltre a Joe Biden, il suo vice sempre al suo fianco in questi anni difficili. Tanta, tantissima la commozione per il saluto finale alla sua America, quella del cambiamento, che lo saluta con un boato, mentre qualche lacrima scende anche sulle guance di Obama. “Vi chiedo un’ultima cosa da Presidente. Credete non nella mia capacità di cambiare, ma nella vostra. Yes we can. Yes we did (Si può fare, lo abbiamo fatto ndr)”, è il suo saluto finale.
Dal 20 gennaio 2017 toccherà a Donald Trump guidare l’America come 45esimo Presidente degli Stati Uniti. L’occasione del saluto finale per Obama è anche un modo per fare il passaggio di testimone davanti agli americani e al mondo: pur nelle loro enormi differenze (e diffidenze), il presidente uscente ha confermato che farà tutto il possibile per dare al Paese una transizione democratica, la migliore possibile, come fece il presidente Bush con lui.
L’ultimo discorso di Obama è soprattutto un bilancio finale di 8 anni in cui, dice, “abbiamo cambiato l’America“, ma è anche il suo lascito finale che parla di speranza e di un “futuro migliore”.
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Tanti i momenti emozionanti, ma è quando saluta la moglie che le lacrime hanno la meglio. “Mi hai reso orgoglioso, hai reso orgoglioso questo paese”, dice riferendosi all’ultimo discorso di Michelle Obama da First Lady. Tanti anche i temi trattati, dalla cronaca degli ultimi giorni, con le ultime dichiarazioni dell’intelligence a proposito di Trump, ai grandi temi che attraversano la società americana.
Obama rivendica le cose positive ottenute in questi otto anni alla Casa Bianca, a partire dai successi in economia. “Se otto anni fa vi avessi detto che l’America avrebbe invertito la sua grande recessione, rilanciato l’industria dell’auto e innescato il più grande periodo di creazione di posti di lavoro della nostra storia”, elenca davanti alla folla entusiasta.
I diritti civili, come il matrimonio gay, l’allargamento della sanità a 20 milioni di persone con l’Obamacare, ma anche la politica estera con l’uccisione di Osama Bin Laden, le nuove relazioni con il “popolo cubano”, l’accordo sul nucleare con l’Iran ottenuto “senza sparare un colpo”: l’elenco è veloce ma chiaro. “Questo è quello che abbiamo fatto. Questo è quello che avete fatto. Voi siete stati il cambiamento. Avete risposto alle speranze delle persone e, grazie a voi, da quasi ogni punto di vista oggi l’America è migliore e più forte di quando abbiamo cominciato”, scandisce.
Discriminazione, diseguaglianza e post-verità: i problemi che non ha risolto
L’elenco delle cose fatte lascia spazio a tematiche più generali e ai problemi che non ha risolto. Tre i temi che Obama tocca nel suo discorso, la diseguaglianza, la discriminazione e la post-verità. Si tratta di argomenti fondamentali per la società americana ma anche per il lascito alla Storia di Obama come primo presidente afroamericano.
“Pur con tutti i progressi che abbiamo fatto, sappiamo che non è ancora abbastanza. La nostra economia non funziona né cresce abbastanza quando pochi prosperano alle spese della nostra crescente classe media. Le grandi disuguaglianze corrodono anche i nostri principi democratici“, continua nel suo discorso. Obama ammette che i risultati positivi in economia non sono bastati per risolvere il vero problema, quello della diseguaglianza economica di una società dove “l’uno per cento ammassava una ricchezza sempre più grande” e le “famiglie nelle città e nelle campagne sono state lasciate indietro”. Per gli States non è solo un tema generale ma una realtà di fatto:il prossimo inquilino alla Casa Bianca e tutto il suo staff fa parte di quell’1% che si è arricchito mentre la middle class pagava la crisi. Con questo passaggio Obama vuole richiamare a raccolta i democratici a continuare la battaglia, a mobilitarsi e rimanere vigili e attivi.
“C’è una seconda minaccia per la nostra democrazia, vecchia quanto la nostra nazione. Dopo la mia elezione qualcuno aveva parlato di una America post-razziale. Questo punto di vista, per quanto ben intenzionato, non è mai stato realistico“.
Il razzismo e la discriminazione sono il cuore centrale del suo intervento ma anche della sua presidenza. Obama è stato il primo afroamericano a sedersi alla Casa Bianca. Il suo discorso sulla razza del 2008 è stato il punto di partenza del percorso da presidente, quando parlò delle enormi tensioni sociali che attraversavano, allora e oggi, gli Stati Uniti.
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La situazione, dopo due presidenze, è migliorata: la comunità afroamericana sa che ora nulla le può essere negato e anche l’America bianca dei WASP ha capito che non c’è più posto per il razzismo istituzionalizzato. “Ho vissuto abbastanza da sapere che le cose oggi vanno meglio di dieci, venti o trent’anni fa: non si vede solo nelle statistiche ma nel comportamento dei giovani americani di ogni orientamento politico.”, dice lo stesso Obama.
C’è un “ma” enorme in tutto questo, che pesa ancora oggi. “Non siamo ancora al punto in cui abbiamo bisogno di arrivare. Tutti noi dobbiamo fare di più anche se non sarà facile”. Non è bastata la sua vittoria. “Non è mai stato realistico, gli effetti dello schiavismo non sono svaniti negli anni Sessanta”, ribadisce.
Nell’era della post verità, delle fake news e dei social, il presidente che più ha saputo usare i nuovi media mette in guardia dai problemi e dalle difficoltà di un mondo dove “ci ritiriamo nelle nostre bolle, che sia il nostro quartiere o il nostro college o la nostra chiesa o i social network, circondati da persone esattamente come noi con le nostre stesse idee politiche”. L’isolamento, la “frammentazione dei nuovi media” ci fa sentire al sicuro ma è una sicurezza pericolosa e sbagliata perché cancella la verità e non permette più di distinguere il vero dal falso. “Ci sentiamo così sicuri dentro le nostre bolle che accettiamo solo informazioni compatibili con le nostre opinioni, vere o false, invece che basare le nostre opinioni sui fatti. La realtà esiste e la scienza conta“, dichiara, in riferimento anche al cambiamento climatico.
Obama si commuove
I momenti di maggiore commozione sono tutti dedicati alla famiglia che per Obama non è solo la moglie e le figlie. È anche il suo vice, Joe Biden, con cui ha un rapporto di grande amicizia, uno dei pochissimi casi della storia americana; è anche il suo staff con cui ha condiviso otto anni alla Casa Bianca e che saluta con grande emozione.
“Michelle, da 25 anni non solo sei mia moglie e la madre delle mie figlie, se la mia migliore amica. Hai assunto un ruolo che non avevi cercato e lo hai fatto tuo con grazia, grinta, stile ed ironia: tu hai reso la Casa Bianca un luogo che appartiene a tutti”, dice Obama mentre le telecamere inquadrano la First Lady e la figlia Malia, molto commossa, e la sala esplode in una lunga standing ovation.
Commozione anche quando saluta Biden, il “suo” vice. “Tu sei stata la mia prima scelta da candidato e la migliore, non solo perché sei stato un grande vice presidente ma perché ho fatto un affare, ho guadagnato un fratello”.
Altro passaggio chiave è dedicato all’impegno civile che è il suo vero lascito. La speranza per un futuro migliore è il vero lascito che vuole lasciare al popolo americano dopo 8 anni alla Casa Bianca, mentre la paura per un presidente così diverso, come è Trump, serpeggia in molte comunità, da quella musulmana a quella nera.
“La nostra democrazia è minacciata quando la consideriamo garantita. Quando stiamo seduti a criticare chi è stato eletto, e non ci chiediamo che ruolo abbiamo avuto nel lasciarlo eleggere“, tuona dal palco Obama che richiama tutti alla responsabilità più alta. “Il più importante incarico in una democrazia è il vostro, è il mestiere del cittadino”. La sua è una chiamata alla politica attiva. “Se siete stanchi di discutere con degli estranei su Internet provate a incontrarne qualcuno in carne e ossa. Candidatevi per un incarico pubblico. Mettetevi in gioco, scendete in campo“.
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