La disoccupazione in Italia nel 2014 è in crescita e la percentuale raggiunge il 13,6%, con un aumento di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Gli esperti affermano che si tratta di un massimo storico, il più alto dal 1977. Lo stesso discorso vale per i dati che si riferiscono alla disoccupazione giovanile, che hanno raggiunto il 46%. Le percentuali più alte si toccano nel Mezzogiorno e il nostro Paese, da questo punto di vista, sembra davvero essere in difficoltà. La situazione migliora, se consideriamo in generale i dati dell’Eurozona.
In base a ciò che è stato pubblicato da Eurostat, il tasso di disoccupazione è passato all’11,7% ad aprile rispetto all’11,8% del mese di marzo. Facendo i calcoli, si può dire che nell’Unione Europea nel complesso ad aprile i disoccupati erano 25,471 milioni. Adesso ci sarebbero 15.000 in meno disoccupati, evidenziando un calo che risulterebbe da sottolineare.
Sembrano dover essere smentite le ipotesi di quegli ‘esperti’ che, ancora negli ultimi mesi del 2013, prospettavano per il nuovo anno un calo deciso della disoccupazione e un radicale rilancio dell’economia nazionale. I filosofi del ‘non può piovere per sempre’ sono smentiti dai dati rilasciati da Istat ed Eurostat per i primi mesi del nuovo anno. La disoccupazione è aumentata ancora, salendo al 13% nel mese di febbraio, un balzo in avanti dell’1,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Chi pensa che sia un trend comune a tutta la zona euro dovrà ricredersi: in Germania oggi il tasso di disoccupazione è al 6,7% e il numero dei disoccupati è diminuito a febbraio di 12mila unità, mentre da noi è aumentato di 8mila unità, portando il totale oltre la soglia dei 3,3 milioni, con un balzo di più del 9,0% rispetto allo stesso periodo del 2013.
Il discorso è già preoccupante così ma diventa davvero allarmante quando si sposta il focus sui giovani nella fascia dai 15 ai 24 anni, che rappresentano il motore pulsante della futura Italia e che, al momento, sono quelli che soffrono di più per i tagli, la crisi e le mancate riforme. Il tasso di disoccupazione giovanile a febbraio è arrivato al 42,3%: se è vero che abbiamo avuto un calo (insignificante) dello 0,1% rispetto a gennaio, è anche vero che il dato è in aumento di 3,6 punti su base annua. In parallelo il tasso d’occupazione a febbraio 2014 è sceso al 55,2%, cifra più bassa dal primo trimestre del 2000. Traduciamo tutte queste percentuali in una riflessione semplice semplice: in Italia risulta occupata poco più di una persona su due tra i 15 e i 64 anni. E diciamo ‘risulta’ perché l’analisi statistica non tiene conto, ovviamente, del lavoro nero, dei contratti illegali e dei mille sotterfugi delle aziende per risparmiare sui lavoratori. Senza considerare gli inattivi, che sono coloro che un lavoro neanche lo cercano, o perché ancora impegnati negli studi o perché semplicemente sfiduciati.
In Italia la notizia sembra quasi passare sotto silenzio, ma l’Unione Europea ha letto bene i dati diffusi dall’Istat e, per voce di Jonathan Todd, portavoce del commissario Ue al lavoro Lazslo Andor, si è detta molto preoccupata: “La disoccupazione giovanile è un problema particolarmente serio e sta anche peggiorando in Italia“. E Matteo Renzi? Il premier ha commentato la notizia parlando di dati sconvolgenti, che ci fanno perdere mille posti al giorno, ma al momento la sua ricetta Jobs Act è ancora ferma, presa nella morsa degli interessi di partito e delle barricate dei sindacati (che non vedono di buon occhio la deroga all’articolo 18). Il risultato è sempre lo stesso: in Italia si discute tanto su cosa andrebbe fatto ma, in concreto, si fa poco, con lentezza e (spesso) male. E intanto siamo tornati indietro di quasi 40 anni.