I rapporti tra Israele e Stati Uniti hanno subito un cambiamento importante, che ha visto un allontanamento repentino tra due Nazioni storicamente unite da un’alleanza, che le ha spesso viste contrapporsi congiuntamente al terrorismo islamico ma, nonostante ciò, le ultime azioni intraprese dal governo Netanyahu hanno generato malcontento, che si è trasformato e non distacco diplomatico. Nonostante le continue smentite riguardo alla disputa, emerge però chiaramente una crescente tensione che sembra non raggiungere un equilibrio. Nelle ultime ore è emersa una disputa diplomatica che coinvolge la vicepresidente Usa Kamala Harris e le autorità israeliane.
I rapporti tra Tel Aviv e Washington hanno subito un cambiamento importante da quando il governo Netanyahu è subentrato al potere con l’inizio dell’anno. Il premier ha formato un governo di estrema destra che ha generato immediatamente malcontento interno e internazionale, su ambiti e fronti differenti. Per prima cosa, il comportamento assunto dal ministro della sicurezza di Israele Ben Gvir ha generato astio da parte della comunità globale, in quanto ha attuato ripetute azioni mirate a innescare reazioni da parte della comunità islamica, come per esempio la camminata alla Spianata delle moschee a Gerusalemme, che è un luogo notoriamente accessibile sia ai fedeli di credo musulmano che di credo ebraico ma a questo ultimi è vietato fermarsi in preghiera, fino ad arrivare poi a elogiare gli attacchi effettuato nei confronti dei palestinesi come i raid sui campi profughi situati a Nablus e Jenin.
Israele ha intrapreso un percorso violento che ha provocato la reazione dei gruppi islamici situati nella Striscia di Gaza, in Libano e al confine con la Siria che hanno reagito con lanci di razzi ripetuti verso Israele. Anche maltrattamenti israeliani avvenuti all’interno della moschea di Al-Aqsa e i soprusi attuati mediante attacchi aerei dalle forze di sicurezza israeliana, che hanno distrutto interi quartieri e ucciso e ucciso cittadini innocenti. Oltre alla ferocia dimostrata nella repressione del popolo palestinese, si è aggiunta anche la delicata vicensa della riforma giudiziaria israeliana, che ha generato proteste che proseguono da numerosissime settimane da parte dell’opposizione politica e del popolo, che si contrappongono all’idea di concedere completamente alla classe politica il potere giudiziario privando l’Alta Corte israeliana della sua nota imparzialità, ponendo anche vincoli sulla nomina dei giudici e riportando indietro la Nazione rispetto ai progressi fatti fino a questo momento.
Tutto ciò ha generato tensione internazionale ma ha mostrato anche dall’ altro lato un certo, insolito, distacco tra Usa e Israele e questo a seguito di una chiara presa di posizione del presidente Biden, il quale ha chiesto a Netanyahu di sospendere il disegno di legge per evitare conseguenze peggiori data la rivoluzione popolare in atto Israele, il quale, però, ha però ricevuto una dura risposta da parte del primo ministro israeliano segnando un primo reale distacco tra due storici alleati.
Dopo Il gelo diplomatico notato dall’intera comunità internazionale, è emersa la notizia di disputa, avvenuta nelle ultime ore tra la vicepresidente Kamala Harris e il ministro degli Esteri Eli Cohen a seguito delle parole pronunciate dalla funzionaria statunitense sulla magistratura di Israele.
Come sopracitato, i rapporti notoriamente stretti e di profonda alleanza tra gli Stati Uniti e Israele hanno subito un deterioramento costante negli ultimi mesi a causa delle idee discordanti riguardo a molte delle azioni intraprese dal governo Netanyahu. Ciò che ha, però, generato una reale problematica tra le due Nazioni storicamente alleate è la questione della riforma giudiziaria e della magistratura d’Israele.
La maggior parte della comunità internazionale ritiene che la paura della popolazione e dell’opposizione israeliana sia qualcosa di concreto e soprattutto fondato, in quanto si va con la suddetta riforma va togliere potere di giudizio e di intervento da parte dell’Alta Corte e dei giudici che la compongono, fornendo così alla classe politica la piena manovrabilità sulle condanne e sulle decisioni fino ad ora insindacabili, privando così il popolo dell’unixo vero organismo che è sempre stato al di sopra del istituzioni statali e imparziale.
Quando la questione ha cominciato a sollevare, oltre che proteste e manifestazioni da parte dei cittadini israeliani dell’opposizione, anche una reale preoccupazione per una possibile è rivolta civile che avrebbe gettato nell’abisso i progressi fatti da Israele anche il presidente Usa Biden, nelle scorse settimane, ha deciso di prendere posizione e ha detto a Netanyahu che avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di fermare il disegno di legge e portare avanti colloqui assieme al presidente Herzog e all’opposizione, al fine di evitare una catastrofe e sistemare così la legge per raggiungerà un equilibrio tra esigenze e richieste della coalizione al governo e opposizione.
La disputa diplomatica in atto è nata da un commento fatto dalla vicepresidente Usa Harris, durante il settantacinquesimo anniversario dell’indipendenza di Israele, quando la stessa ha spiegato che è necessaria una magistratura indipendente come parte dei valori fondamentali nelle relazioni tra Stati Uniti Israele. La politica statunitense ha evidenziato senza mezzi termini che la difesa della democrazia implica e richiede controlli, istituzioni solide e soprattutto una magistratura indipendente.
Il commento della Harris ha scatenato applausi di alcuni presenti ma anche malcontento immediato all’interno delle autorità israeliane e non è tardata ad arrivare la risposta del ministro degli Esteri di Israele Eli Cohen.
Le parole della funzionaria Usa ha sollevato anche il malcontento del leader politico israeliano di estrema destra Rothman che si trovava pochi giorni fa negli Stati Uniti.
Chi però ha voluto immediatamente rispondere alle parole accusatorie nei confronti delle istituzioni di Israele è stato il ministro Cohen.
Il ministro degli Esteri Cohen, dopo aver appreso delle parole pronunciate dalla Harris in merito alla magistratura d’israele e sul fatto che essa debba essere necessariamente indipendente riferendosi alla riforma giudiziaria in atto, ha immediatamente risposto.
Cohen ha dichiarato a Kan News: “Se dovessimo chiedere a Kamala Harris cosa la infastidisce della riforma, non sarebbe in grado di nominare una sola clausola“.
Ha anche precisato che: “Nei luoghi che visito ho chiesto alla gente cosa li infastidisce, e nessuno può mettere il dito su ciò che li infastidisce”. E da sottolineare che il ministro non è stato negli USA da quando è subentrato il governo Netanyahu.
Ha inoltre aggiunto che: “Non so se abbia letto la legge o meno, a mia valutazione è che non l’abbia fatto.”
Harris ha una lunga carriera legale alle spalle che l’ha vista in carica per prestigiosi ruoli all’interno dell’ambito legale come sei anni da procuratore generale in California.
L’ambasciatore Degli Stati Uniti a Israele Tom Nides ha preso parola, a seguito delle affermazioni pervenute da Cohen, ha dichiarato a Channel 12 News che stima la vicepresidente Harris e ha sottolineato che è presente tutt’ora una relazione stretta tra Usa e Israele, nonostante le difficoltà attuali e la dimostrazione è stata la presenza della vicepresidente statunitense all’evento presso l’ambasciata israeliana.
Nides ha sottolineato che: “Ho rispetto per FM Cohen, ma il vicepresidente ha detto cose che l’amministrazione dice in ogni occasione riguardo ai valori e alle politiche condivise. Harris è un forte sostenitore di Israele”.
Tutto ciò ha generato una tempesta diplomatica e il ministro Cohen ha deciso di intervenire per placare la situazione e ha rilasciato una dichiarazione ufficiale, sia in inglese che in ebraico, dove mostrava profondo rispetto per Harris.
Ha precisato nella nota che: “Ho un profondo rispetto per il nostro alleato, gli Stati Uniti d’America e per il vicepresidente Harris, un vero amico di Israele”. “La riforma legale di Israele è una questione interna che è attualmente in fase di consolidamento e dialogo. Lo Stato di Israele continuerà ad essere democratico e liberale, come lo è sempre stato”.
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