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Il PD e gli altri PD: ormai non ci stupiamo più del “numero di PD” presenti all’interno dello stesso schieramento politico. Perché, se è vero che il partito di Matteo Renzi sta ottenendo un grande successo nei sondaggi (almeno così sembra), è anche vero che lo stesso partito è diviso in più correnti in contrasto tra di loro. Anche se Renzi è uscito vincente in molti dei confronti con la minoranza del Partito Democratico, non si può ignorare la presenza di altri gruppi politici, all’interno del movimento, che la pensano diversamente dal Presidente del Consiglio.
Si parla anche di scissione, qualcuno sembra voler uscire dal Partito Democratico per approdare ad altri lidi, e bisogna ricordare che le decisioni che potrebbe prendere la minoranza (o, meglio, le minoranze) in alcuni casi potrebbero avere comunque un’influenza importante in alcuni ambiti politici, specialmente all’interno del Senato, dove i numeri a favore del partito di centrosinistra non sono molto forti.
I dissidenti
Oltre alla corrente del Partito Democratico di Renzi, all’interno dello schieramento di centrosinistra si possono distinguere diverse altre linee di pensiero, che sembrano volersi allontanare sempre di più, anche tra di esse. C’è Roberto Speranza, che può contare sul sostegno di Nico Stumpo, Maurizio Martina e Enzo Amendola. Si potrebbe parlare di una minoranza che fa capo a Bersani, ma è pur vero che le nuove generazioni raccolgono molti consensi. Nessuna idea scissionistica, comunque: questa corrente vuole restare all’interno del partito e soprattutto avrebbe l’intenzione di riprendersi il Partito Democratico. Per farlo, comunque, potrebbero anche effettuare dei compromessi con il Premier.
Poi c’è Pippo Civati, che potrebbe anche decidere di lasciare il Partito Democratico per approdare a Sel. Proprio Civati ha partecipato di recente ad una manifestazione del partito di Nichi Vendola, insieme a Stefano Fassina. Continuando l’analisi, non possiamo non citare Rosy Bindi, che non ha ancora deciso come si esprimerà sul Jobs Act.
Poi c’è anche Massimo D’Alema. Non è certo una novità che ce l’abbia con Renzi e lui stesso lo ha dichiarato varie volte, affermando che il Premier non avrebbe tenuto fede alla parola data, soprattutto sulla composizione del Governo. D’Alema ha parlato espressamente qualche volta di vere e proprie bugie, in riferimento a Renzi e lo ha fatto anche in direzione, mettendo in dubbio la solidità del progetto renziano.
I nuovi renziani
Il voto in direzione sul Jobs Act e sulla riforma dell’articolo 18 ha però portato nuovi alleati interni a Matteo Renzi. Il primo è Matteo Orfini, presidente del PD e a capo della corrente dei cosiddetti “Giovani Turchi”, che hanno votato a favore del provvedimento. Con lui si sono schierati anche Francesco Verducci e Anna Rossomando.
I nuovi alleati
Anche a livello internazionale Renzi conta su nuovi alleati per far valere il peso dell’Italia e del PD in particolare a livello europeo. Il primo è la Francia di Francois Hollande, da sempre vicino alle politiche di flessibilità dei dem nostrani, ma che con la scelta di sforare il parametro del 3% nella legge di bilancio ha lanciato una vera sfida all’Europa rigorista di Angela Merkel.
Fuori dai giochi europei sul patto di stabilità ma attentissimo alle vicende di Bruxelles, anche David Cameron ha deciso di non forzare la mano e di rimanere neutrale. Un passo decisivo per Renzi che, in direzione, ha ricordato come il PD abbia preso più voti della Cdu della cancelliera: il premier vuole far sentire il suo peso all’interno dell’Europa anche perché l’Italia è pronta a rispettare il parametro del 3%, ma in cambio di maggiore flessibilità.
Le riforme contrastate
A far discutere la minoranza interna al PD e i cosiddetti “detrattori di Renzi” sono varie tematiche. Se D’Alema ritiene che Renzi non sia stato chiaro sulla composizione del Governo o sulla nomina europea dell’Alto rappresentante, c’è anche chi propone di prendere in considerazione seriamente ciò che sta facendo il Presidente del Consiglio sull’articolo 18, approfittando anche della protesta dei sindacati. E poi c’è ancora la riforma elettorale: in particolare i dissidenti del PD vorrebbero le preferenze e un abbassamento delle soglie.
Pippo Civati e Fioroni sembrano avere delle intese sulla scuola, che si potrebbero tradurre anche in iniziative comuni. I dissidenti vogliono anche giocare d’anticipo sul Presidente del Consiglio, discutendo anche di un’eventuale successione a Giorgio Napolitano. Forse temono che Renzi possa spiazzare tutti puntando su una donna e a questo proposito viene fatto il nome di Paola Severino, che è stata ministro della Giustizia nel Governo Monti. Il timore è che la Severino non dispiaccia nemmeno al Centro-Destra.