In fuga dall’Italia per diventare medico in Inghilterra, alla ricerca di formazione adeguata, crescita professionale ed economica. Anche il settore della sanità subisce i contraccolpi della crisi economica, ma soprattutto paga il dazio di un mondo dove contano più i nomi e le raccomandazioni che il merito. Specializzandi e medici italiani emigrano oltremanica, si costruiscono carriere anche a livello internazionale grazie alle loro capacità, e aiutano lo stesso Regno Unito, alle prese con un’emorragia di medici locali. Sì, perché l’erba del vicino è sempre più verde anche in quei Paesi che ci sembrano il paradiso: aumentano così i medici britannici che lasciano l’Inghilterra per la Nuova Zelanda e l’Australia, lasciando un vuoto preoccupante nel sistema sanitario nazionale.
L’Inghilterra è diventata la nuova Mecca per i dottori italiani in particolare negli ultimi vent’anni. È però dal 2008 che i numeri sono raddoppiati. Gli italiani sono sempre stati un popolo di migranti, cosa che spesso tendiamo a dimenticare. L’ultimo Rapporto Italiani nel Mondo 2014 della fondazione Migrantes, lo certifica: nel 2013 quasi 95mila connazionali hanno lasciato il Paese, superando la cifra di ingressi di stranieri.
La fascia d’età più rappresenta è quella dei 18-34 anni (36,2%), a seguire quella dei 35-49 anni (26,8%); un’intera generazione ha abbandonato l’Italia. L’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero, conta 12.933 nuovi iscritti in Regno Unito solo nei primi mesi del 2014, +71,5% rispetto all’anno passato; seguono la Germania (11.731, +11,5%), la Svizzera (10.300, +15,7%) e la Francia (8.402, +19,0%). Rispetto al passato però è cambiato il volto dell’immigrato italiano: oggi sono per lo più uomini (non sposati nel 60% dei casi) giovani e di mezza età, con alto tasso di istruzione, che partono soprattutto dal Nord (la Lombardia è la regione da cui si sono registrate 16.418 partenze, seguita dal Veneto 8.743 e dal Lazio 8.211). Tra loro, troviamo anche i medici italiani che sempre più scelgono di volare oltremanica: l’ennesima fuga di cervelli che l’Italia prima o poi pagherà.
Perché l’Inghilterra?
La meta preferita da specializzandi e dottori italiani rimane l’Inghilterra. Sono molti i fattori che hanno trasformato il Regno Unito in una sorta di Mecca per i medici nostrani: il trattamento economico, la possibilità di fare carriera solo per merito e non per gli agganci giusti, un sistema che unisce formazione pratica alla teoria e che porta i giovani a lavorare con contratti fin dai primi anni di specialità. Il numero dei medici italiani in Inghilterra è tale che fin dal 1997 esiste la Italian Medical Society of Great Britain, che aiuta chi vuole partire dall’Italia o chi, dopo anni, vuole ritornare in patria.
Gli specializzandi scelgono di continuare il loro percorso formativo sulle sponde del Tamigi perché in Italia mancano posti di lavoro, mentre in Inghilterra gli stipendi sono più alti e la formazione è più adeguata, come ha spiegato in più occasioni il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri Luigi Conte.
In Inghilterra lo stipendio di un medico di base può superare i 100mila euro all’anno, i medici specializzati anche solo con un anno di contratto in ospedale possono arrivare a 125mila euro con 37 ore lavorative, a cui si aggiungono i turni di guardia, conteggiati a parte.
Basterebbe il fattore soldi a spiegare la fuga dei medici verso altri lidi, ma c’è dell’altro, a partire da un sistema meritocratico che in Italia non esiste. I giovani medici qui non riescono a fare carriera perché la burocrazia è lentissima e i concorsi sono spesso manipolati da baroni e professori che pensano prima a sistemare gli amici e parenti.
“In Italia non torno più”
La storia di Simone Speggiorin, cardiochirurgo pediatrico diventato il più giovane “strutturato” (l’equivalente del nostro primario) in Inghilterra a soli 32 anni, è emblematica. Dopo gli studi e la specializzazione in Italia, per lui la scelta di continuare la formazione all’estero è stata quasi obbligata per “non ristagnare come precario in un sistema molto ma molto indietro”, come ha spiegato in un’intervista al Messaggero. Esperienze in India, a Londra, a contatto con i bambini e con professori e medici che hanno compreso le sue qualità e lo hanno aiutato ad emergere. Oggi dirige un’unità all’ospedale di Leicester, si occupa di una charity per operare i bambini più poveri in India, e ha davanti a sé grandi aspettative per il futuro. Per questo non tornerà mai indietro. “Tre anni fa feci domanda per un concorso in Italia, mi hanno risposto la settimana scorsa. Assurdo. Ora sono in una curva ascendente, tornare significherebbe rimettersi in coda”, ammette.
Anche gli inglesi emigrano
A tutto ciò, si aggiunge il fatto che i medici italiani stanno aiutando tutta la sanità inglese. Secondo l’ultimo studio pubblicato di recente dal General Medical Council, dal 2008 a oggi in Inghilterra sono raddoppiati i medici provenienti da Italia, Grecia e Romania, arrivando a essere il 14% del totale: nel Regno Unito un medico su sette è straniero. Il flusso dall’estero è fondamentale per la tenuta del sistema sanitario nazionale ed è stato lo stesso National Health Service a lanciare l’allarme.
Gli ultimi dati riportati dai media inglesi, parlano di un aumento pari a un quinto di medici inglesi che hanno lasciato il loro Paese dal 2008 a oggi, arrivando a quasi 3mila all’anno. Il 51% ha scelto la Nuova Zelanda o l’Australia, paesi che permettono un rapporto più equilibrato tra lavoro e vita privata: a parità di guadagni, si lavora meno e meglio. Sono soprattutto i giovani medici, compresi tra i 25 e i 27 anni, a scegliere di emigrare dall’altra parte del mondo, lasciando un vuoto pericoloso nel sistema sanitario nazionale.
La stampa britannica ha dato eco a questa preoccupazione: il Paese rischia di non avere più medici a sufficienza. “L’esodo di massa dei medici è un pericolo per la sicurezza del paziente”, ha dichiarato il dottor Maureen Baker, presidente del Royal College of GPs, al Daily Mail. Stando agli attuali numeri, circa 550 le unità di chirurgia sono a rischio chiusura per mancanza di medici e chirurghi. C’è poi da considerare che il 44% dei medici inglesi sono donne e molte di loro preferiscono il part time dopo la maternità: calcolando che le donne medico supereranno gli uomini nel 2017, ci saranno sempre meno medici inglesi a disposizione. Tutto questo a fronte di un costo medio statale di 610mila sterline, circa 775mila euro, per la formazione di ogni medico.
I medici italiani stanno salvando il sistema sanitario inglese, portando oltremanica la loro competenza e bravura. La libera circolazione delle persone di scienza è fondamentale per lo stesso progredire della medicina: il problema è che i nostri cervelli più validi non tornano più in un Paese dove la meritocrazia è solo un’illusione. Sbloccare le maglie della burocrazia, sciogliere i nodi delle baronie e delle raccomandazioni: solo così si potrà cambiare davvero qualcosa.
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