La decisione di fare la casalinga, ma ecco che, poi, arriva il divorzio. E’ stato il giudice a stabilire, con una sentenza definitiva a non impugnabile, cosa il marito dovrà pagare. Ecco nel dettaglio.
La moglie aveva deciso di rinunciare al suo lavoro per potersi dedicare alla casa ed alla famiglia. Ma qualcosa non è andato nel verso giusto e i due coniugi si sono separati.
Sembrava esser un matrimonio perfetto, tanto che lei, pur di accudire suo marito, la casa ed i figli, aveva deciso addirittura di lasciare il suo lavoro. Ma, poi, qualcosa non è andato come i due coniugi si aspettavano e, per questo, sono finiti davanti al giudice per il divorzio. Un divorzio che è costato molto caso all’ormai ex marito. Andiamo con ordine.
La donna aveva deciso di rinunciare al suo lavoro e di dedicarsi completamente alla cura della casa e all’accudire marito e figli. Il divorzio poi e la sicurezza (quasi) del marito di non dover risarcire la moglie, perché in fondo, lei non lavorava ma faceva la casalinga.
Così non è stato e il giudice ha deciso: l’uomo dovrà risarcire sua moglie con 200mila euro proprio per il suo lavoro domestico ed il suo prendersi cura delle due figlie. Tutto lavoro svolto durante il loro matrimonio. La donna ha visto, così, monetizzati e riconosciuti i suoi anni di lavoro, anche se in casa, da un Tribunale di primo grado nella sua sentenza di divorzio. Il caso è avvenuto in Spagna.
Il Tribunale di Malaga ha riconosciuto il diritto alla donna di essere risarcita dall’ex marito con l’importo di 204.624,86€ con la motivazione che lei svolgeva “in esclusiva tutte le faccende domestiche e si prendeva cura delle due figlie”. Stando, anche, ai documenti presentati dagli avvocati della donna in sede di divorzio, alla stessa donna fu privato di avere qualsiasi altro percorso professionale. Lei doveva occuparsi solo della casa e delle sue figlie.
Il marito, invece, “nel corso degli anni di matrimonio accumulava e accresceva in modo esponenziale il suo patrimonio privato” – scrivono gli avvocati della donna. Un risarcimento di questo importo che è partito dal presupposto anche di un salario minimo in tutto il periodo di matrimonio trascorso fra i due, dal giugno del 1995 fino al 2020, anno della separazione.
La sentenza, definitiva e non impugnabile, è arrivata. Alla 48enne, che si è dedicata solo ed esclusivamente alla casa ed alla cura delle sue figlie, “contribuendo puntualmente alle imprese familiari e svolgere compiti di pulizia specifici” – come scrive la sentenza, ora spetta questo risarcimento.
Inoltre, nella delibera della sentenza, viene fissata anche una sorta di pensione compensativa di due anni, che servirà alla donna nel tempo ritenuto “congruo” perché possa inserirsi nel mondo del lavoro.
Una sentenza storica che apre a nuovi scenari.
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