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Donald Trump contro Hillary Clinton: ‘Riconoscerò il voto solo se vinco io’

Donald Trump non ha intenzione di fare marcia indietro e conferma che non riconoscerà l’esito del voto a meno che non sia lui a vincere. L’ennesimo attacco a Hillary Clinton arriva nel corso di un evento elettorale in Ohio, uno degli Stati in cui ha ancora margine di vantaggio, e prosegue all’evento di beneficenza organizzato dall’associazione cattolica Alfred Smith Foundation al Waldorf Astoria di New York. Il tycoon non ha risparmiato attacchi anche molto pesanti, definendola “corrotta” e ritornando su quanto già detto nell’ultimo dibattito tv: è in politica da 30 anni e non ha fatto nulla. La reazione della Clinton non si è fatta attendere. “Così denigra la democrazia americana, che funziona da 240 anni. Abbiamo sempre avuto elezioni libere, accettiamo sempre i risultati anche se non ci piacciono“, ha dichiarato. Anche alcuni esponenti di peso del partito repubblicano hanno preso le distanze, a iniziare da John McCain, ex sfidante di Barack Obama nel 2008. “Io ho accettato la sconfitta senza indugi. Non è un modo democratico o repubblicano di fare: è il modo americano“, ha detto l’ex senatore. Allo stesso tempo è arrivato anche l’affondo dell’attuale inquilino alla Casa Bianca per cui Trump è così pericoloso che non dovrebbe avere accesso ai codici nucleari.

Le parole di Trump, ripetute in occasione dell’evento, sono state traumatiche per il paese: mai nella loro storia qualcuno aveva messo in discussione non tanto la vittoria o la sconfitta alle elezioni ma il sistema in generale. La strategia del tycoon però non è mai cambiata fin dall’inizio: c’è sempre stato qualcuno a cui dare la colpa di quello che non va per poi presentarsi come il salvatore. Prima erano gli immigrati, i messicani “ladri e stupratori”, ora sono le regole del gioco che rischiano di fargli perdere l’occasione della vita.

I media e i commentatori americani hanno capito il gioco al rialzo di Trump ma sottolineano un aspetto fondamentale della sua strategia: ripetendole come un mantra, mette un tarlo nella testa degli americani, mina la fiducia nell’istituzione più alta e si prepara non solo una via di fuga in caso di sconfitta ma il terreno per ritornare alla carica tra quattro anni, magari con una sua tv, come in molti stanno ipotizzando.

Prometto a tutti gli americani di essere assolutamente pronto ad accettare i risultati di questo grande e storico appuntamento, le elezioni presidenziali. Se vinco io“, dice intervenendo alla festa elettorale. “Non mi impegno a onorare il risultato perché voglio riservarmi il diritto di presentare una denuncia legale“, ribadisce per poi spiegare che accetterà ma solo “se i risultati saranno chiari e inequivocabili“. Parla ancora di brogli e si dice certo che “il risultato non sarà di certo netto e chiaro“, mentre affonda attacchi personali alla Clinton.

Il duello è andato in scena tra tavole imbandite e ospiti in abito di gala all’hotel della Grande Mela in uno degli eventi ormai storici per chi corre alla Casa Bianca. Quello che dagli anni Sessanta, dal primo incontro tra Richard Nixon e John Kennedy, è stato un modo per stemperare i toni duri delle campagne elettorali, con Trump è diventato un incontro di boxe.

Hillary Clinton è corrotta, non conosco una persona più corrotta di lei“, dice nel suo intervento alla cena. È allo stesso tavolo con lei, al loro fianco c’è il cardinale di NY Timothy Dolan e il tycoon lancia un’accusa pesantissima. “Non credo che abbia ricevuto l’invito via mail visto che le cancella tutte“, ha continuato. “Forse ne è venuta a conoscenza da Wikileaks“, ha scherzato. “Questa è la prima volta che Hillary parla davanti ad importanti donatori corporate senza essere pagata“, ha poi concluso.

La reazione piccata della Clinton è arrivata con toni altrettanto duri. “Non sempre si capisce quello che dice perché è difficile seguire il gobbo elettronico quando si deve tradurre dal russo“, dice e rimanda al mittente ogni accusa, compresa quella di aver assunto “droghe o doping” in vista delle sfide tv. “Ho preso una una sorta di sostanza per migliorare la performance: si chiama preparazione“.

Alla fine ci sarà la stretta di mano tra i due, qualche battuta andrà a segno e strapperà risate piuttosto nervose, in sala e al tavolo centrale, ma la tensione rimane: non un bel biglietto da visita per gli ultimi giorni di campagna elettorale.

Lorena Cacace

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