[didascalia fornitore=”ansa”]Manifestazione di Casapound[/didascalia]
Lo scorso 20 maggio, a Roma, un gruppo di donne antifasciste ha manifestato intonando la famosa canzone legata alla Resistenza, ‘Bella ciao’ per protestare contro un banchetto dei fascisti del terzo millennio di Casapound. La contestazione al femminile, del tutto pacifica, contro il banchetto dell’estrema destra ha però scatenato l’interessamento della Questura che in seguito ha convocato tre donne. Alle quali è stato notificato un provvedimento previsto dal Codice Antimafia, ossia un ‘avviso orale’, in altre parole un monito ”a fare le brave, in futuro”.
L’avviso orale, usato in pratica per bacchettare le persone socialmente pericolose e che si sono dimostrate ‘dedite alla commissione di reati’, è previsto dall’articolo 3 del “Codice antimafia”.
Nel comunicato di denuncia pubblicato dalla Rete antifascisti e antifasciste di Roma Sud si legge anche che il provvedimento in sostanza serve da ammonizione e viene usato per invitare le persone a non commettere più reati.
Il dato di fatto è che, in questo caso, a nessuna delle donne convocate in Questura è stato spiegato o specificato ”quali sarebbero questi reati”. La verità è emersa solo quando le donne si sono presentate nell’ufficio delle forze dell’ordine, dove a quel punto è stato contestata loro la partecipazione alla protesta musicale al banchetto di Casapound del 20 maggio.
A una è stata notificata anche l’apertura di un’indagine in quanto “esistono indizi” ma non sono stati spiegati i motivi che giustificherebbero le indagini. “Al momento non sappiamo se la contestazione è scattata d’ufficio o perché è stata presentata denuncia”, spiega una delle tre attiviste che nelle prossime settimane sono intenzionate a procedere con un accesso agli atti per chiedere poi la revoca del provvedimento del questore.
“Se così fosse più che di donne ‘socialmente pericolose’, dovremmo preoccuparci della nostra società, che è realmente in pericolo – si legge nel comunicato – E dovremmo farlo tutti/e visto che sono anni che chi difende i principi dell’antifascismo e lotta sui propri territori viene costantemente colpito da meccanismi repressivi simili o peggiori di questi”.
“Per quanto ci riguarda – concludono le antifasciste e antifascisti di Roma Sud – noi continueremo a farlo, perché crediamo nella giustizia sociale, nei diritti per tutte e tutti e nella legittimità di lottare per conquistarli e difenderli. Perché crediamo che in un Paese che sta identificando i più deboli come i nemici numeri uno ci sia ancor più bisogno di questo”.
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