È questo il risultato della perizia psichiatrica effettuata sul 39enne che lo scorso febbraio, a bordo della sua auto, travolse quella su cui viaggiavano Laura Amato, 54 anni, e Claudia Turconi, 59 anni, morte sul colpo.
Le vittime erano ferme in auto al casello dell’A4, quando la vettura guidata dall’indagato piombò sulla loro vettura. Per le due amiche, che rientravano dalla festa di compleanno di Laura, non ci fu nulla da fare, i soccorritori non poterono fare altro che constatarne il decesso.
La perizia sul conducente che travolse e uccise due donne al casello
“Incapace di intendere e di volere”: è questo l’esito di una perizia psichiatrica effettuata sul 39enne che – la notte del 18 febbraio scorso – a bordo della sua auto, travolse un’altra vettura ferma al casello dell’A4, Torino-Milano. Sull’auto viaggiavano due amiche: Laura Amato, 54 anni, e Claudia Turconi, 59 anni, entrambe morte nello schianto.
La perizia psichiatrica sarà discussa in aula il 22 maggio prossimo al cospetto del giudice per le indagini preliminari e dei legali delle due vittime. Lo scorso mese di marzo – come riferisce Tgcom24 – il giudice ha applicato per l’indagato, su cui pende l’accusa di omicidio colposo plurimo, una misura di sicurezza per pericolosità sociale, con obbligo di ricovero nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Piacenza e libertà vigilata per un anno.
La ricostruzione di quella drammatica notte
Per quanto riguarda il sinistro costato la vita alle due donne, che tornavano dalla festa di compleanno di Laura Amato, stando a quanto ricostruito dalla polizia stradale di Novara, sull’asfalto non era presente alcun segno di frenata e l’auto del 39enne viaggiava a quasi 150 km/h. L’uomo era risultato positivo a cannabis e benzodiazepine ed era in cura da diversi anni con una diagnosi di “disturbi psicotici”.
Il 16 febbraio – quindi due giorni prima del drammatico incidente – l’automobilista avrebbe avuto una crisi, a seguito della quale era arrivato all’ospedale di Piacenza, da cui però si era volontariamente allontanato. Era riapparso il giorno dopo all’aeroporto di Milano Malpensa. Viste le sue condizioni, era stato condotto in ospedale, dove gli erano state somministrate delle gocce di un farmaco contenente benzodiazepine. Era stato poi portato all’ospedale di Gallarate, ma anche da lì si era allontanato. Aveva quindi contattato un cugino e si era fatto accompagnare all’aeroporto di Milano Malpensa per riprendere la sua macchina.
Stando a quanto ricostruito, il cugino avrebbe anche tentato di farlo desistere dal guidare, ma il 39enne si era rimesso alla guida, dall’aeroporto fino al casello, in cui si sarebbe poi registrato il drammatico schianto costato la vita alle due amiche.