Nella giornata di ieri, l’agenzia di stampa Xinhua ha comunicato che la navetta cinese del mistero ha fatto rientro sulla terra ferma dopo 276 giorni in orbita. Si apre, quindi, un nuovo capitolo, dopo che lo scorso 4 agosto lo spazioplano era partito dal deserto dei Gobi.
Secondo alcune fonti non ufficiali, il veicolo si chiamerebbe Shenlong e nel corso di questi 9 mesi di viaggio nello spazio avrebbe cambiato continuamente posizione, avvicinandosi e al tempo stesso allontanandosi dall’atmosfera.
Dopo essere partita lo scorso 4 agosto spinta da un razzo da un poligono dal deserto dei Gobi, la navicella, il cui presunto nome si vocifera possa essere Shenlong è ritornata sulla terra ferma, atterrando come un aereo nella base Lop Nur dello Xinjiang.
In questi 9 mesi di missione spaziale, secondo le informazioni delle osservazioni astronomiche, lo spazioplano avrebbe posizionato un piccolo satellite contenuto nella sua stiva ma soprattutto ha cambiato continuamente posizione, avvicinandosi e allontanandosi dall’atmosfera.
Secondo alcune indiscrezioni la gestione del progetto è affidata alla compagnia statale Casc, China Aerospace Science and Technology Corp. La navicella pare si tratti di uno strumento militare in grado di neutralizzare i mezzi di spionaggio e comunicazione.
Nelle ultime ora sta facendo discutere la navicella atterrata ieri nella base Lop Nur dello Xinjiang, dopo 276 giorni di orbita. Secondo alcune fonti, l’ipotesi più accreditata è che si possa trattare di un prototipo in attesa di progettare un mezzo dalle dimensioni più grandi.
Si apre così una nuova sfida tra la Cina e gli Stati Uniti: per i primi questo si tratterebbe del secondo lancio, il primo è avvenuto nel 2020 ma si limitò a soli quattro giorni di missione; al momento altre compagnie orientali sono a lavoro per la progettazione di navicelle riutilizzabili.
Per gli americani, invece, hanno sviluppato questa tecnologia avanzata a partire dagli anni ‘70 realizzando lo storico Space Shuttle che ha compiuto il primo lancio nel 1981. Per tre decenni ha permesso di far volare i suoi satelliti in orbita con un peso fino a 27 tonnellate.
Nel 2011, colpa del mancato aggiornamento dei dispositivi e del collasso dei finanziamenti vi è stata l’interruzione dei lanci dopo 135 missioni, seguiti anche da due disastri aerei: il primo nel 1986 con la distruzione del Challenger e il secondo nel 2003 con la tragedia del Columbia dove si sono registrati 14 decessi.
Ad oggi, gli Stati Uniti, hanno un solo satellite, una navetta-drone, chiamato X-37. Quest’ultimo è riuscito a compiere diversi voli, l’ultimo in ordine cronologico risale allo scorso novembre dopo 908 giorni di missione.
Le attività compiute in questo lasso di tempo rimangono top secret, l’unica certezza è che da Washington hanno comunicato che non sono state messe a punto armi spaziali, ma la finalità del suo lancio è servita per testare 5 modelli di tecnologia, tra cui un innovativo sistema di propulsione elettromagnetica.
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