Secondo quanto riportato da un’analisi di un funzionario della Banca inglese la perdita che è stata stimata sugli investimenti ammonta al 2,8% del PIL britannico. Il lasso di tempo considerato arriva al 2026.
La Brexit, secondo diversi studi, non ha perciò portato benefici, anzi sono molti i settori in difficoltà soprattutto dopo la pandemia Covid-19, che ha portato ad un’inflazione elevata da cui la nazione fatica a riprendersi.
Per il Regno Unito l’uscita da l’Unione Europea non si sta dimostrando un affare proficuo e redditizio, secondo uno studio emerso nelle ultime ore, la nazione sta registrando importanti perdite.
Perdite che interessano diversi settori e campi, solamente per quanto riguarda gli investimenti che sono mancati il danno ammonta a 32 miliardi di euro, ossia 29 miliardi di sterline, un ammontare di mille sterline a famiglia.
A rendere nota questa analisi è stato il giornale Guardian, dopo uno studio effettuato da Jonathan Haskel, un alto funzionario della Banca d’Inghilterra che è anche un membro esterno al comitato della politica monetaria.
All’interno della sua analisi sostiene che gli investimenti all’interno del settore privato hanno subito un importate arresto, che si è manifestato nel momento in cui l’Inghilterra ha scelto di uscire dall’Unione Europea con la Brexit.
L’economia inglese avrebbe subito un importate calo subito dopo il referendum, regredendo rispetto agli anni precedenti. Secondo lo studio la nazione è una di quelle che ha sofferto di più a livello economico rispetto alle altre economie, ciò ha causato un importante divario.
Questa analisi arriva in un momento molto particolare per la nazione inglese, e rinforza sicuramente le polemiche intorno alla Brexit. In questi mesi l’economia britannica sta soffrendo particolarmente e non riesce a riprendersi subendo la pesante inflazione nata dopo il Covid 19.
Secondo alcune indiscrezioni nella scorsa settimana i leader britannici di alcuni partiti e i dirigenti delle più importanti aziende e multinazionali del Paese, insieme alle istituzioni sovrannazionali si sarebbero incontrati con estrema riservatezza per discutere sulle azioni da compiere per fermare questo declino dell’economia inglese.
Quasi tutti gli studi fatti recentemente riportano che il settore maggiormente colpito è quello del commercio.
Secondo le stime della Banca inglese, che ha voluto analizzare gli scambi commerciali, ha determinato che il divario ammonta a circa 3,2% del Pil che si raggiungerà entro il 2026.
Invece l’Office for Budget Responsibility che lavora al servizio della Corana inglese, ha invece stimato un calo pari al 4% del Pil sul lungo termine, in confronto a quello che invece avrebbe ottenuto e raggiunto se fosse rimasta nell’Unione Europea.
Secondo Hanskel invece a essere colpita è la produttività, queste le sue parole: “L’attuale penalizzazione è di circa l’1,3% del Pil”, questa percentuale equivale a 29 miliardi di sterline che hanno un impatto di mille sterline a famiglia. La perdita stimata totale al 2026 è di circa il 2,8% del Pil.
Le perdite economiche non sono le uniche difficoltà che la nazione si trova ad affrontare. Sono numerose le questioni che non hanno ancora ottenuto un riscontro positivo negli ultimi anni.
Ad esempio come poter controllare i confini tra l’Irlanda che uno Stato membro dell’Ue, e l’Irlanda del Nord che invece è ancora parte del Regno Unito.
Si è cercato di non stabilire un confine netto e fisico tra il territorio irlandese, spostando i controlli al passaggio tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord. Dalle notizie riportate sul Telegraph, quotidiano britannico, si sarebbe raggiunto un accordo che dovrebbe essere annunciato nelle prossime settimane.
Secondo le indiscrezioni i beni che si trovano a transitare e viaggiare tra la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord non dovranno più essere sottoposti ai classici controlli doganali fisici ma usufruiranno di un sistema a semaforo.
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