Israele, dopo aver attuato uno dei raid più feroci degli ultimi decenni all’interno del campo profughi di Jenin, ha deciso, nonostante le ammonizioni internazionali e le condanne pervenute dalla comunità araba dopo l’uccisione di 13 palestinesi di cui tre bambini, ha deciso di compiere un’operazione militare nella città di Ramallah in Cisgiordania, focalizzata a neutralizzare due cittadini ritenuti parte della Jihad Islamica palestinese.
Tutto questo non fa che alimentare ulteriormente pressione e tensione tra israeliani e palestinesi già radicata e presente in Medio Oriente e che ha riportato, oltretutto, alla memoria giorni bui della dolorosa lotta tra israeliani e palestinesi. La situazione non sembra tuttora in via di risoluzione.
Il governo israeliano, dal momento in cui e tornato sotto la guida del premier Netanyahu, ha cominciato con provocazioni mirate alla Palestina e alla comunità islamica, che hanno trasformato il malcontento in nervosismo, che successivamente è diventato botta e risposta armato, che ha preso di mira, ovviamente, anche civili innocenti che si trovano in mezzo al fuoco vivo e moltissime persone, che vivono in situazioni già molto precarie, si trovano a dover combattere per sopravvivere quasi quotidianamente data la frequenza dei raid israeliani.
Secondo fonti ufficiali, le forze israeliane hanno causato la morte di due giovani palestinesi durante un’incursione nella città occupata di Nablus, in Cisgiordania. L’operazione è avvenuta all’alba di venerdì e alcuni testimoni locali l’hanno descritta come un’invasione. Hamza Maqbool e Khairi Shaheen sono le vittime di questo raid, come riportato dal corrispondente di Al Jazeera, Alan Fisher. La situazione in Cisgiordania è molto tesa, a causa dell’occupazione israeliana e dei ripetuti conflitti tra le due parti. La comunità internazionale continua a monitorare gli sviluppi nella regione, nella speranza di prevenire ulteriori violenze e promuovere una soluzione pacifica al conflitto israelo-palestinese. Ma nelle ultime settimane la situazione è diventata altamente pericolosa e una scintilla può bastare a generare una guerra.
Le autorità israeliane hanno portato a termine l’operazione nella città di Ramallah, situata nella Cisgiordania, al fine di individuare i due uomini sopra citati. Uno dei due individui è stato identificato come un membro delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa, secondo quanto riportato dal giornalista Fisher, che ha fornito la notizia direttamente dal luogo dell’operazione.
Secondo quanto riferito dal giornalista Fisher, gli uomini sono stati individuati all’interno di una casa situata nella vecchia parte della città di Nablus. Le forze israeliane hanno cercato di far arrendere gli individui utilizzando gli altoparlanti, ma sono stati accolti con l’utilizzo di ordigni esplosivi improvvisati. Questo ha portato l’esercito israeliano a richiedere rinforzi sul posto. Fisher ha aggiunto che sembra ci sia stato uno scontro tra gli uomini e l’esercito israeliano, che ha portato alla morte dei due individui all’interno della casa.
L’esercito israeliano ha dichiarato che gli uomini erano sospettati di essere responsabili di un attacco a colpi di arma da fuoco contro la polizia avvenuto questa settimana.
La Società della Mezzaluna Rossa Palestinese ha comunicato di aver trasferito i corpi dei due individui dalla Città Vecchia di Nablus. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese Wafa, le forze israeliane hanno circondato la casa prima di uccidere gli uomini. L’incidente ha causato anche il ferimento di altre tre persone, come riferito da Al Jazeera TV.
L’incidente avvenuto nella città di Nablus, si è verificato meno di due giorni dopo un raid dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin, che ha causato la morte di tredici palestinesi e il ferimento di altri 140, di cui 30 in gravi condizioni. Questo raid è stato il più grande attacco israeliano in Cisgiordania degli ultimi 20 anni, e ha costretto migliaia di persone a fuggire dal campo, lasciandolo in macerie.
Israele ha condotto raid quasi quotidiani e ha ucciso palestinesi nella Cisgiordania a partire da giugno 2021, cercando di reprimere la crescente resistenza armata.
Le operazioni militari israeliane sono state indirizzate su obiettivi predefiniti e prestabiliti, che nel corso di questi ultimi mesi hanno preso di mira i vertici della Jihad palestinese, anche chiamata PIJ. Il governo israeliano punta a sradicare completamente la cellula terroristica dai territori palestinesi e della Cisgiordania, ma gli esperti si stanno interrogando su quale potrebbe essere il reale epilogo di questa escalation di tensione costante.
Questo perché, sebbene il gruppo terroristico con base in Palestina ha subito perdite importanti dei propri vertici e risulta indebolito profondamente, non va tralasciato il fatto che è comunque spalleggiato dall’iran, che potrebbe attuare azioni imprevedibili per continuare a fomentare la resistenza islamica Contro Israele anche mettendo in campo più sostegno per contrapporsi al suo storico rivale in Medio Oriente.
Come sopracitato, l’uccisione dei membri del PIJ è stato possibile per diverse ragioni. In primo luogo, le misure di sicurezza adottate dal PIJ non sono state sufficienti a proteggere adeguatamente i loro leader, che si trovavano in edifici non protetti. In secondo luogo, alcuni dei membri uccisi utilizzavano strumenti di comunicazione aperti e non crittografati, il che ha permesso all’intelligence israeliana di intercettare le loro comunicazioni. Questo è stato confermato dal leader del PIJ, Ziyad al-Nakhalah.
Un terzo motivo per cui Israele è stato in grado di condurre con successo l’attacco contro i membri della Jihad Islamica palestinese è stato il fatto che il governo aveva previsto correttamente che gli altri gruppi armati presenti sul territorio non si sarebbero uniti alla Jihad islamica in risposta alla violenza.
Durante i 5 giorni di bombardamenti recenti, Israele ha precisato di aver bombardato la Striscia di Gaza colpendo soltanto obiettivi riconducibili alla jihad islamica palestinese e non obiettivi collegati al gruppo terroristico di Hamas. Questo probabilmente per evitare di fomentare anche la sua milizia che si sarebbe unita alla disputa tra Jihad e forze israeliane.
Effettivamente i vertici di Hamas hanno deciso di restare in disparte e di non farsi coinvolgere in questa escalation di violenza dato che hanno subito un duro colpo nel conflitto Con Israele nel 2021.
Hamas ha sottolineato che qualsiasi azione avrebbe generato una risposta che di conseguenza si sarebbe abbattuta anche sui cittadini già in grave difficoltà per gli avvenimenti del passato.
I botta e risposta armati con le forze israeliane fanno si che vengano applicate, successivamente, restrizioni che coinvolgono direttamente la popolazione come per esempio interruzioni dell’energia elettrica ulteriori chiusure dei valichi di accesso, ma anche bombardamenti che potrebbero raggiungere le abitazioni dei civili.
Anche la milizia di Hezbollah ha deciso di non prendere parte alla disputa tra Israele e Jihad Islamica palestinese, così come già fatto nel 2021 date le consistenti problematiche interne al Libano hanno generato una crisi preoccupante e pertanto l’attenzione maggiore è verso il proprio paese.
La PIJ ha perso membri anziani di grande esperienza e autorità a causa degli omicidi israeliani, i quali saranno difficili da sostituire non solo come quadri militari, ma anche come persone con esperienza organizzativa. Alcuni di loro erano membri fondatori del movimento e da anni erano ricercati da Israele.
Tra questi c’erano Jihad Ghannam, il quale aveva addestrato i membri del PIJ dagli anni ’80, e Tariq Ezzedine, che aveva organizzato operazioni contro Israele nella Cisgiordania occupata. La sostituzione di questi membri anziani sarà una sfida per il gruppo della jihad islamica, e soprattutto chi andrà a sostituirli, cosa che accadrà e sicuramente il gruppo verrà ripristinato, potrebbe non avere le abilità e le capacità di gestire i soldati come i predecessori.
La Jihad Islamica palestinese potrebbe risentire della situazione e ciò potrebbe renderla meno abile nell’attaccare le zone limitrofe ai confini come Gaza e le zone occupate in Cisgiordania.
Va precisato però che la PIJ è abbastanza resistente per recuperare dalle perdite subite a seguito degli omicidi israeliani e che potrebbe attrarre nuovi membri per ricostruire i suoi ranghi. Inoltre, ha stretti legami con Hamas, Hezbollah e Iran che potrebbero fornirgli supporto finanziario e logistico ora che si tratta di sostenere il gruppo senza contrapporsi ad altre nazioni.
Emerge anche la possibilità che, data la situazione attuale, la Jihad Islamica palestinese decida di cambiare approccio e di placare la resistenza armata cercando di mantenere un equilibrio con Israele.
Nonostante questa ipotesi, va comunque sottolineato che potrebbe essere Israele a non essere interessato a ridurre l’escalation. L’esercito israeliano considera la campagna contro il PIJ un successo e potrebbe continuare a cercare di assassinare i leader militari palestinesi lanciando attacchi a Gaza. In queste situazioni, sarebbe difficile per il PIJ, ma anche per Hamas, non rispondere, il che potrebbe portare a un ulteriore aumento della tensione nella regione.
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