La morte di Gianluca Vialli non ha scatenato solo dolore e cordoglio tra migliaia di tifosi che l’hanno amato e seguito nella sua battaglia contro il tumore, ma ha anche fatto scattare l’allarme per l’utilizzo di farmaci nel mondo del calcio, soprattutto per migliorare la performance sportiva degli atleti. Si tratta di sostanze che all’epoca potevano essere somministrate, ma dopo qualche anno sono state vietate. Le testimonianze e la preoccupazione aumentano nelle ultime ore, tanto che, dopo l’allarme di Dino Baggio, si è esposto sulla questione anche il Ct della Nazionale, Roberto Mancini.
Vialli se n’è andato e ha lasciato nel mondo del calcio un vuoto incolmabile, per l’uomo che era, per il destino che gli è capitato e soprattutto perché di persone cos’è ce n’è sempre bisogno, forse ancora di più dopo che smettono di giocare. La sua è una morte triste, dolorosa e difficile da assimilare, ancora di più per quando è arrivata e per come l’ex attaccante aveva raccontato la sua malattia. Il caso, in realtà, si sta estendendo a macchia d’olio, perché molti ex calciatori di quell’epoca si stanno preoccupando degli effetti che i farmaci che gli venivano somministrati potrebbero aver avuto sul loro corpo nel lungo periodo. Per questo, nelle ultime ore, sta facendo particolare scalpore l’intervento a tal proposito di Dino Baggio, seguito a ruota da Massimo Brambati. Cerchiamo di capire come stanno le cose e cosa sta realmente succedendo.
Il livello atletico dei calciatori e, in generale, degli sportivi è un argomento che ha trafitto per decenni – o più probabilmente dalla sua genesi – la carriera di chiunque affrontasse una disciplina in maniera agonistica. Il calcio non ne è assolutamente immune, anzi a cavallo degli anni ’80 e probabilmente anche molto prima, l’utilizzo costante di farmaci per migliorare la prestazione dei protagonisti in campo resta tutt’ora un capitolo spinoso e una matassa difficile da sbrogliare.
Se ne sta parla tanto, tantissimo anche negli ultimi giorni, dominati dal dolore per la morte di Vialli. Molti hanno associato tristezza e cordoglio alla paura costante che qualcosa di brutto possa succedere anche a loro e il motivo è che la somministrazione di determinate sostanze era prassi comune, anche per atleti di altissimo livello. Forse anche un po’ di più. Non è una novità nell’ambiente e anche al di fuori, anzi c’è chi ne parla da tempo. Ad esempio, un colosso dello sport italiano e dell’Inter come Giuseppe Bergomi, uno che di campo ne ha masticato tanto e di coppe ne ha alzate. In un convegno svoltosi all’Expo l’ex difensore ha fatto un intervento, invitando i giovani a evitare qualsiasi tipo di scorciatoia farmacologica per raggiungere un livello di performance superiore. Ha detto senza troppi peli sulla lingua anche di essere stato incitato in più occasioni all’utilizzo del Micoren.
Entrando di più nei dettagli, si tratta di una sostanza che permette di iniziare la partita già al massimo della propria capacità polmonare, a spezzare fin da subito il fiato, in modo da affrontare l’evento senza dover aver quei minuti fisiologici per permettere al proprio corpo di abituarsi. Successivamente il farmaco è stato assolutamente bandito, ma i danni che potrebbe aver fatto su intere generazioni di atleti sono tutti da accertare.
Si tratta di un analettico respiratorio che veniva utilizzato per combattere l’asma o la pressione bassa, quindi per migliorare la respirazione. Presenta, però, una serie di effetti collaterali che non è possibile ignorare, soprattutto a livello del cuore, di cui i più importanti sono la tachicardia, la vasocostrizione e danni cardiocircolatori. Insomma, non proprio un bilancio costo/benefici favorevole, soprattutto considerando che stiamo parlando di soggetti sani e nel pieno della propria carriera. Il farmaco, infatti, è stato bandito dalla legge antidoping del 1985, ma non ha smesso di far parlare di sé. Basti pensare allo scandalo Fiorentina degli anni ’70 con la morte prematura di diversi protagonisti di quel lustro viola.
Non solo, perché la situazione è ancora più grave se si pensa che prima della metà degli anni ’80 le società ne utilizzavano dosi altissime sui propri tesserati, pratica che potrebbe ulteriormente aver aggravato il quadro, a prescindere dalle questioni etiche e relative il doping nello sport. Oggi – e siamo nel 2023 – l’argomento resta di estrema attualità ed è stato cavalcato nel recentissimo passato da grandi protagonisti del calcio italiano e della Nazionale.
Uno dei primi a esporsi e a non nascondere la propria preoccupazione è stato Dino Baggio. Non parliamo dell’ultimo arrivato, ma di un calciatore che è arrivato ai massimi livelli del calcio italiano e che ha vestito da protagonista in campo la maglia della Nazionale italiana. Le sue dichiarazioni hanno fatto intendere fino a che punto sia arrivato il caso: “Non ho mai fatto uso di doping in carriera. Ma, dopo la morte di un amico come Gianluca Vialli e di tanti altri calciatori della mia generazione, vorrei sapere se nel tempo le sostanze che ho assunto e gli erbicidi sparsi sui campi dove ho giocato possano aver causato le loro malattie“.
Un interrogativo che si sono posti tanti ex calciatori in via pubblica. Stanno facendo discutere molto, infatti, anche le parole di Massimo Brambati a riguardo. L’ex difensore ha vestito le maglie di Empoli, Torino e Bari, per ricordare alcune delle squadre più importanti, e si è sbilanciato durante la trasmissione Processo 7 Gold: “Ho paura anche io, ma vent’anni fa, quando parlai, mi arrivò una lettera della Figc che mi minacciava. Io, in una società di cui non faccio il nome, prendevo prima della partita il Micoren come fossero caramelle. All’epoca non era proibito, dopo qualche anno è diventato proibitissimo. Prendevo anche l’Anemina, una sostanza non dopante, ma ne avvertivo l’effetto. Non sentivo la fatica, avevo i battiti accelerati e una maggiore prontezza di riflessi”.
Insomma, il problema non era solo il Micoren, ma un cocktail di farmaci che potevano variare di società in società e che venivano regolarmente assunti e per periodo medio-lunghi dai calciatori. Proprio le modalità in cui operavano i club, vengono spiegate in maniera chiara e purtroppo allarmante da Brambati: “Avevo 20 anni e mi dicevano che facendo una flebo avrei avuto una performance migliore. C’erano allenatori che se non facevi la flebo, si arrabbiavano. Davano sostanze che all’epoca non erano però ritenute doping. Oggi quando sento determinate situazioni che accadono ai calciatori del mio periodo, mi affido a Dio“.
L’urlo di Brambati sta facendo il giro dell’Italia, scatenando le reazioni di colleghi e tifosi, ma non è l’unico che si è sollevato nelle ultime ore. Ne ha parlato, infatti, anche Florin Raducioiu, che ha vestito la maglia di diversi club italiani, anche di Milan e Verona. Durante la trasmissione Sport Report in onda su Orange Sport, anche lui ha lasciato poco margine all’immaginazione: “Ho preso anche delle medicine – ha ammesso – e ora chiamerò il medico che ci seguiva a Brescia per capire di più, per sapere che medicine ho preso lì, ma anche a Milano e a Verona”. E prosegue con parole ancor più pesanti: “Non sapevamo cosa stavamo prendendo. Ci è sempre stato detto che si trattava di vitamine, di glucosio. Facevamo flebo con questo liquido rosa alla vigilia delle partite. Lo ricordo perfettamente. A Milano prendevamo delle pillole. L’ho detto prima e dopo la morte di Gianluca Vialli, bisogna indagare sui motivi di queste morti premature tra i calciatori”.
La via dell’indagine, quindi, sembra quella preferita dagli ex atleti che vorrebbero vederci chiaro su cosa hanno assunto e su ciò che che gli potrebbe succedere, ma anche su ciò che è capitato a colleghi più sfortunati. Proprio in questa direzione è andato Beppe Dossena, campione del mondo nel 1982 con l’Italia. Ai microfoni dell’AdnKronos si è subito scagliato in difesa di Baggio, le cui dichiarazioni hanno sollevato un prevedibile polverone: “Ho letto le dichiarazioni di Dino Baggio, mi sembra un ragazzo equilibrato e credo che ponga una questione importante. Con tutti i soldi che girano non mondo del calcio si potrebbero anzi dovrebbero fare studi più approfonditi sul fatto che ci possa essere una maggiore incidenza di alcune malattie tra gli ex calciatori”.
Anche Dossena, in ogni caso, non nasconde una certa ansia sulla questione: “Sono preoccupato, lo ammetto. C’è sempre stato il doping, comunque sia robe strane non sono mai state prese perché c’è sempre una percentuale che tu devi tenere. Però col tempo bisogna vedere se certi integratori fanno bene oppure no”.
Dossena ammette anche di aver preso il Micoren così come tanti colleghi: “Quando ho iniziato da ragazzo negli anni ’70 mi è capitato di prendere il Micoren come tanti, poi negli anni sono stato molto più attento a quello che mettevo nel mio corpo. All’epoca soprattutto tra i giovani calciatori c’era un po’ di ignoranza e leggerezza. Dagli anni ’90 in poi c’è stata una sempre maggiore attenzione e penso che adesso nessuno prenda più roba di cui non si conosca e non sia sicura”. Ignoranza e leggerezza, ma che potrebbero aver avuto danni enormi sulla vita di persone, prima ancora che di atleti.
Un approccio più cauto, invece, è stato adottato da Roberto Mancini che sulla questione ha detto: “Non ho idea, bisogna andarci con i piedi di piombo con queste dichiarazioni”. E ricordiamo che sia Brambati che soprattutto Mancini sono stati amici e compagnia di squadra di Vialli ai tempi della Sampdoria.
Sicuramente se ne parlerà ancora per diverso tempo, anche perché si tratta di una questione annosa e che non può essere snobbata con valutazioni frettolose, ma potrà essere chiarita solo da ulteriori esami e da studi scientifici scrupolosi. Intanto, i tifosi ne stanno parlando, schierandosi da una parte e dall’altra, tra chi condanna le parole di Baggio e chi, invece, gli dà ragione senza se e senza ma. Vi proponiamo diversi tweet a riguardo per fare il quadro del sentiment dei social.
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