Più di 7 milioni di ragazze e ragazzi tornano sui banchi di scuola per il nuovo anno scolastico eppure, se la pandemia sembra un problema ormai superato per la didattica, ora la crisi del caro bollette rischia di imporre nuove misure emergenziali sulle attività scolastiche.
Gli studenti dell’Alto Adige hanno fatto da apripista, da questa settimana, scaglionati a seconda delle regioni, faranno rientro gli alunni del resto d’Italia; ultimi a sedersi nuovamente tra i banchi gli scolari di Sicilia e Valle d’Aosta, il 19 settembre.
Crisi energetica: settimana corta per la scuola?
Dopo le chiusure, la didattica a distanza, i periodi di isolamento e tutto ciò che la scuola ha dovuto organizzare per permettere la prosecuzione delle lezioni nel rispetto delle disposizioni governative per impedire il diffondersi del virus del Covid-19, ora sembra che sia la crisi energetica la nuova minaccia al ritorno ad un anno di didattica sostanzialmente “normale”.
In molti, per sopperire alle spese energetiche particolarmente gravose in questi mesi, hanno ventilato l’idea di riproporre dei periodi di DaD per gli studenti, magari formalizzando una settimana corta a scuola, da integrare per l’appunto con dei giorni di lezioni da casa da remoto.
L’ipotesi ha scatenato polemiche e sembrerebbe essere tramontata, vista anche la contrarietà di governo e sindacati.
Il primo, attraverso la figura del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, nega qualsiasi progetto in merito: l’esecutivo non ne avrebbe la minima intenzione e si vorrebbe andare a limitare la scuola solo come extrema ratio, qualora la situazione energetica dovesse minacciare un collasso dell’economia italiana.
Sulla stessa linea del ministro i sindacati, per i quali la scuola è già stata sufficientemente penalizzata durante gli anni del Covid-19 per cui, specificano, qualora si dovesse proporre l’introduzione di una settimana didattica corta, questo progetto dovrebbe essere fondato su motivazioni organizzative e di insegnamento, non certo per andare a risparmiare sui termosifoni.
Il problema insegnanti
Altro tema legato alla ripresa dell’anno scolastico, ed in verità tormentone ormai di ogni settembre, riguarda il sufficiente numero di insegnati per coprire adeguatamente i bisogni delle classi.
Anche in questo caso il ministro Bianchi rassicura il comparto scuola indicando come gli insegnati assunti e disponibili siano numericamente gli stessi del periodo pre-pandemia, mentre gli alunni a cui insegnare siano calati sensibilmente (Bianchi riporta un -200 mila studenti).
Attualmente alle dipendenze del MIUR lavorerebbero 801 mila docenti, di cui 650 mila a tempo indeterminato; a questi vanno aggiunti i 90 mila insegnati di sostegno ed i 25 mila che stanno ultimando il percorso concorsuale.
Solo il 5% degli impiegati nella formazione sarebbero a tempo determinato (circa 45 mila persone) e si troverebbero in tale condizione perché preposti a sostituire i docenti in aspettativa.
Quindi la scuola riparte, nella speranza di non doversi rifermare, non prima dell’epilogo naturale delle lezioni in giugno.