La situazione in Palestina è da tempo oggetto di discussione e dibattito a livello internazionale, e il lavoro del relatore speciale delle Nazioni Unite sul territorio palestinese occupato, è estremamente importante per portare l’attenzione sulla situazione dei diritti umani nella regione. Negli ultimi mesi la violenza è cresciuta in maniera esponenziale e con essa anche il lavoro di chi combatte per i diritti dei più deboli ma, come sempre, insieme al sostegno arrivano anche le critiche di chi non è d’accordo con l’operato e questo è ciò che è capitato a Francesca Albanese alla quale è stato assegnato il ruolo di relatore speciale per la Palestina.
La funzionaria delle Nazioni Unite è stata oggetto di critiche ed è stata accusata di non svolgere nel modo giusto il suo lavoro e più volte le è stato chiesto di dimettersi. Proprio per questo è nato una sorta di movimento a sostegno di Albanese e chi prima di lei ha ricoperto il delicato ruolo ha voluto rivolgere il sostegno all’avvocatessa.
La campagna a sostegno di Francesca Albanese è ritenuta di fondamentale importanza per difendere la sua integrità e indipendenza all’interno del ruolo di relatore speciale.
È importante, soprattutto, che le Nazioni Unite si esprimano pubblicamente a sostegno di Albanese, contro gli attacchi calunniosi e personali che ha subito a seguito delle sue osservazioni riguardo al territorio palestinese.
Le azioni messe in atto potrebbero comprendere l’organizzazione di petizioni online, la diffusione di informazioni sul lavoro svolto dalla funzionaria Onu e sulle ragioni alla base degli attacchi che ha subito, l’invio di lettere e messaggi di sostegno alle Nazioni Unite e ai governi dei paesi membri dell’organizzazione.
Inoltre, sarebbe importante coinvolgere organizzazioni e attivisti per i diritti umani, al fine di mostrare ampio sostegno e cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione in Palestina e sul ruolo cruciale del relatore speciale delle Nazioni Unite.
Anche promuovere la diffusione di informazioni accurate e obiettive sulla situazione dei diritti umani nella regione, con lo scopo di contrastare la disinformazione e le notizie false che spesso circolano su questo delicato tema è un’azione utile e spesso sottovalutata.
Albanese in qualità di relatore speciale delle Nazioni Unite sul territorio palestinese occupato, ha recentemente esternato la sua preoccupazione per il repentino aumento del numero di morti tra i palestinesi ma anche per il continuo clima di arbitrarietà nella regione.
In un post sui social, pubblicato mercoledì 3 maggio, la funzionaria Onu ha evidenziato la mancanza di responsabilità per le violazioni dei diritti umani nella regione.
La sua affermazione, che ha attirato numerose accuse, ha sostanzialmente rivelato che potrebbero esserci forze che cercano di ostacolare il suo lavoro di monitoraggio e indagine della situazione dei diritti umani in Palestina.
Albanese ha definito le accuse mosse a suo carico come “parole orribili” che descrivono una “realtà ancora più orribile“.
È importante che la comunità internazionale sostenga e protegga Albanese per consentirle di continuare a svolgere il suo lavoro senza ostacoli o minacce. Inoltre, è fondamentale che le autorità internazionali, comprese le Nazioni Unite, agiscano per garantire che le violazioni dei diritti umani in Palestina vengano portate alla luce e che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni.
La situazione dei diritti umani nella regione palestinese occupata richiede una soluzione politica sostenibile ed è necessario lavorare per trovare una risposta che garantisca la pace e la sicurezza per tutti i popoli della regione.
Albanese è stata nominata relatore speciale delle Nazioni Unite sul territorio palestinese occupato il 1 maggio 2022, diventando la prima donna a ricoprire questo importante incarico. Il ruolo è stato istituito nel 1993 per monitorare la situazione dei diritti umani in Palestina.
In una lettera indirizzata alla leadership delle Nazioni Unite, i tre ex relatori John Dugard, Richard Falk e Michael Lynk hanno espresso la loro solidarietà nei confronti di Albanese, sottolineando che, anche loro, hanno subito attacchi simili durante i loro mandati, ma che le calunnie contro di lei sono di “maggiore ferocia e meschinità”.
Questi attacchi costituiscono una minaccia per l’indipendenza e l’integrità del lavoro di Albanese, e la comunità internazionale deve fare tutto il possibile per ridurre al minimo i rischi.
Ma nonostante le critiche ha ricevuto anche un sostegno incredibile da parte di chi sa benissimo quanto sia difficile il ruolo di relatore per la Palestina.
La situazione attuale nella regione è preoccupante e il deterioramento causato dalle azioni intraprese dalle forze di sicurezza di Israele hanno ulteriormente dettato benzina sul fuoco in un contrasto presente da moltissimi anni, che subendo pressioni è riscoppiato ed ho sollevato timori nella comunità globale soprattutto dopo gli attacchi reciproci nei quali sono stati presi di mira campi profughi, come per esempio quello di Jenin e Nablus, ma è essenziale ricordare anche gli ultimi avvenimenti che hanno scatenato non solo l’ira dei palestinesi colpiti direttamente ma di tutta la comunità islamica, ovvero i raid effettuati all’interno della moschea di Al-Aqsa messi a segno dalle autorità di polizia israeliana.
Soltanto continuando a mettere pressione alle autorità governative regionali e cercando di mediare all’interno di malcontento e risentimento reciproco, è possibile riuscire a trovare un reale punto d’incontro che fino a questo momento, nonostante i numerosi incontri effettuati, non è emerso.
Il gruppo di ex relatori speciali delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, composto da Dugard, Falk e Lynk hanno deciso di scrivere una lettera per dimostrare solidarietà alla relatrice speciale Albanese.
All’interno della lettera gli ex funzionari hanno criticato la leadership delle Nazioni Unite che, a loro avviso, non ha fatto abbastanza per proteggere i relatori speciali dai continui attacchi subiti durante i loro mandati. Il gruppo ha espresso timore per la meschinità degli attacchi contro la relatrice.
Un ruolo delicato e spesso sottovalutato che oltre a dover gestire ambiti delicati ed è spesso oggetto di critiche, offese e messa in discussione è necessario quindi che l’Onu e i governi dei paesi membri dell’Organizzazione si esprimano pubblicamente a sostegno di Albanese contro gli attacchi subiti dalla funzionaria.
Questo perché Albanese ha ricevuto numerose richieste di dimissioni da diversi esponenti, i quali l’accusano, sostanzialmente, di essere razzista nei confronti di Israele.
Undici rappresentanti del Congresso Usa, a gennaio, hanno scritto una lettera bipartisan in cui hanno accusato Albanese di utilizzare “vecchi tropi antisemiti” e hanno chiesto al segretario generale delle Nazioni Unite Guterres e all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Turk di rimuoverla dal suo incarico.
Sono pervenute anche altre richieste di dimissioni nei confronti di Albanese da parte, per esempio, ad aprile il ministro israeliano per l’uguaglianza sociale e per gli affari della diaspora Chikli ha sostenuto che la relatrice a suo avviso ha un’evidente “pregiudizio contro Israele“.
Anche l’International Legal Forum e il Monitor delle ONG israeliane hanno richiesto di licenziamento, sostenendo che non sia adatta al ruolo, unendosi anche alle critiche mosse in precedenza.
Il consiglio di amministrazione di Monitor, sopra citato, include Elliot Abrams, ex consigliere per la politica estera dei presidenti degli Stati Uniti Reagan, Bush e Trump, ed è noto per il suo sostegno a Israele.
Secondo quanto riportato dalla CNN, il consiglio dell’International Legal Forum comprende Michael Mukasey, ex procuratore generale degli Stati Uniti durante l’amministrazione Bush.
Nel 2014 Mukasey ha difeso l’uso del waterboarding come tattica di interrogatorio durante la “guerra al terrore” degli Stati Uniti. La scelta di includerlo nel consiglio dell’International Legal Forum ha sollevato all’epoca preoccupazioni riguardo alla posizione del gruppo sui diritti umani ma anche sulle questioni legali.
Centinaia di organizzazioni composte da accademici, giuristi e politici si sono esposti a sostegno di Albanese, difendendo la sua integrità e l’indipendenza del suo ruolo come Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati.
Il 26 aprile Amnesty International Italia ha condiviso una lettera di sostegno a Albanese, che ha ricevuto numerose di firme da gruppi italiani per i diritti umani.
Nel gennaio 2023 un’altra dichiarazione a sostegno di Albanese è stata rilasciata da 116 gruppi per i diritti umani, organizzazioni umanitarie e istituzioni accademiche di tutto il mondo, in risposta alla dichiarazione della missione israeliana alle Nazioni Unite a Ginevra che aveva accusato il relatore di “commenti antisemiti”.
La solidarietà espressa nei confronti di Albanese dimostra l’importanza del suo lavoro e della sua libertà di espressione nell’affrontare le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati.
Albanese è una avvocatessa italiana, forte sostenitrice dei diritti umani che attualmente ricopre il ruolo di relatore speciale delle nazioni Unite sui diritti umani nei territori palestinesi occupati. È stata nominata per questo ruolo il 1 maggio 2022, diventando la prima donna in assoluto a ricoprire questo incarico.
L’avvocatessa ha intrapreso un percorso accademico in Giurisprudenza e ha lavorato a sostegno per i diritti umani in Italia e all’estero per oltre 20 anni, con particolare attenzione ai diritti delle donne e dei minori. Ha anche svolta il ruolo di consulente per l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Albanese, come relatore speciale dell’Onu per la Palestina, ha il compito di indagare e monitorare la situazione dei diritti umani nei palestinesi, compresi i diritti delle donne, dei bambini e dei rifugiati.
Il suo compito è di grande importanza e mira ad evidenziare le violazioni dei diritti umani nella regione e fare pressione sui governi e le parti interessate per porre fine al nervosismo e al malcontento e garantire il rispetto dei diritti umani dei palestinesi.
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