I media internazionali hanno riportato che il premier cinese Li Qiang parteciperà al summit G20 in programma in India a Nuova Delhi il 9 e 10 settembre.
La decisione di inviare Li Qiang, e non il presidente Xi Jinping, segnala che la Cina ha scelto un profilo più basso per l’evento, nonostante la possibilità, dopo la divergenza più recente, di riprende la disputa durante il vertice, offuscandolo di conseguenza.
Xi Jinping non sarà al G20 in India ma andrà il premier Li Qiang
Li Qiang, precedente segretario del Partito Comunista a Shanghai, ha assunto l’incarico di primo ministro cinese nel 2022. La sua presenza era stata anticipata dalla CNN ma ora è arrivata la conferma della mancanza del presidente Xi Jinping.
ll presidente americano Biden si è detto deluso dalla decisione di Xi Jinping di non partecipare personalmente al G20. Anche il leader russo Putin aveva già annunciato la sua assenza dato il mandato d’arresto
Le relazioni tra Cina e India si sono raffreddate per le dispute di confine, sfociate in scontri nella regione himalayana del Ladakh nel 2020. Pesano anche le tensioni commerciali e l’avvicinamento strategico di New Delhi agli Stati Uniti. La scelta di Pechino di inviare il premier invece del presidente al summit indiano va letta anche alla luce di queste crescenti frizioni geopolitiche tra le due Potenze asiatiche.
La decisione della Cina di inviare il premier Li Qiang, anziché il presidente Xi Jinping, al prossimo summit G20 in India ha una chiara valenza politica e strategica, considerando che normalmente Xi presenzia personalmente ai vertici del G20. L’ultima volta che il leader cinese ha partecipato a questo format è stato nel 2022 in Indonesia.
Inviare il premier, figura istituzionale di minor spicco, consente da un lato a Pechino di lanciare un segnale di distensione nei confronti dell’India, evitando però di alzare troppo il tiro in un momento in cui le relazioni tra le due Potenze asiatiche navigano in acque molto tese.
Sullo sfondo ci sono infatti le dispute territoriali sull’estesa frontiera himalayana contesa, circa 3500 km, dove si sono verificati nel 2020 gravi scontri con decine di morti. Ma le frizioni riguardano anche il piano commerciale, con un passivo di oltre 50 miliardi di dollari dell’India nei confronti della Cina, e le crescenti intese strategiche tra New Delhi e Washington, viste con sospetto da Pechino. Entrambe le nazioni fanno parte con Giappone e Australia del dialogo Quad, un possibile contrappeso alla crescente influenza cinese nell’Indo-Pacifico.
Inviare Xi Jinping al summit G20 in India, alla luce di queste tensioni multiple e complesse, sarebbe stato un gesto politico forte, irritando i padroni di casa alla vigilia di un evento così rilevante. La Cina, secondo alcuni osservatori, ha quindi optato per una presenza più defilata, incarnata dal premier Li Qiang, una mossa che segnala la volontà di non alzare i toni pur marcando la distanza con New Delhi. Sta ora al capo del governo cinese gestire con equilibrio questa situazione delicata nel corso del vertice.
Le dispute territoriali tra Cina e India lungo l’estesa frontiera himalayana, come sopra citato, sono da decenni fonte di attriti tra le due potenze asiatiche. I contenziosi riguardano diverse aree montuose remote, in gran parte disabitate ma strategicamente rilevanti, dove Pechino e New Delhi rivendicano zone di confine.
Uno dei nodi più complessi è l’Aksai Chin, una regione contesa tra Tibet e Kashmir che la Cina occupò dopo la guerra con l’India del 1962. Un’altra area critica è rappresentata dal corridoio di Siliguri, stretta striscia di terra che collega l’India nordorientale al resto del Paese, rivendicata dalla Cina come via di accesso al Tibet.
Ma sono soprattutto le valli a oriente del Nepal, come quella del fiume Galwan, ad essere teatro di frequenti scaramucce tra truppe di confine di Cina e india. Proprio in questa valle si sono verificati scontri violenti con decine di soldati morti, i più gravi negli ultimi anni dopo decenni di lotta. Le dispute territoriali, insieme a rivalità politiche e commerciali, rendono instabili i rapporti tra i due giganti asiatici.
Le polemiche nate tra la popolazione indiana più povera
Mentre Nuova Delhi si appresta ad ospitare il summit G20, sono emerse critiche sulle politiche di “abbellimento” della città che avrebbero penalizzato fasce deboli della popolazione. Secondo diverse associazioni, gli sforzi per rinnovare strade, marciapiedi ed edifici in vista dell’evento avrebbero comportato lo sgombero forzato di venditori ambulanti e residenti delle baraccopoli, acuendo il problema dei senzatetto.
Si stima che nella metropoli indiana vivano almeno 150.000 persone prive di un tetto, nonostante i dati ufficiali riportino numeri di gran lunga inferiori. Dallo scorso gennaio centinaia di abitazioni di fortuna sono state demolite con la forza per far posto a nuove opere di abbellimento urbano. Un’operazione da 120 milioni di dollari che, secondo gli attivisti, non ha tenuto conto delle necessità delle fasce più povere della popolazione, spesso ricevendo avvisi di sfratto solo poche ore prima degli abbattimenti.
Per le associazioni, dietro la retorica dell’abbellimento si celerebbe in realtà la volontà di nascondere il problema della povertà in occasione di eventi globali come il G20, le cui riunioni ministeriali si sono già svolte nelle scorse settimane in altre città indiane. Ne consegue un peggioramento delle condizioni di vita per migliaia di persone, vittime di politiche più attente all’immagine che al bene dei cittadini.