La dottoressa stuprata mentre lavorava al turno di notte in Guardia Medica a Trecastagni (Catania) è tornata a parlare della terribile vicenda che l’ha vista tristemente vittima di un 26enne che poche ore dopo il delitto ha confessato la violenza. Se a pochi giorni dai fatti, la dottoressa si era detta ”profondamente sconvolta come donna, ma anche tanto come professionista. Direi quasi umiliata, perché noi medici che ci prestiamo a lavorare la notte all’interno delle guardie mediche non possiamo essere più alla mercè del primo malintenzionato che decide di farci del male”, ora è tornata sull’argomento spiegando di sentirsi violentata anche dalle istituzioni, che di fatto hanno derubricato il crimine subito ad infortunio sul lavoro.
VIOLENTATA ANCHE DALLE ISTITUZIONI, PARLA LA DOTTORESSA TRECASTAGNI
“Ho intrapreso questa strada per passione”, racconta la professoressa vittima dello stupratore tra le mura della Guardia Medica dove ogni giorno si reca a lavorare: “Anche la scelta di fare la guardia medica non è stata un ripiego, ma una decisione consapevole proprio perché volevo essere in prima linea, vicina alle persone che soffrono”. Ma stavolta soffrire è toccato a lei, che sente addosso anche il peso dell’umiliazione e della solitudine. Colpa delle istituzioni che hanno valutato come ‘infortunio sul lavoro’ quell’odiosa violenza sessuale che ha dovuto subire.
Per la dottoressa, “le istituzioni non hanno semplicemente lasciato sola me, mettendomi in pericolo e poi umiliandomi quando la mia aggressione è stata derubricata a infortunio sul lavoro. Il sistema rischia di travolgere la nostra intera professione. Siamo tutti vittime: a questo gli Ordini devono opporsi”.
LA SOLIDARIETA’ DEI COLLEGHI
“La solidarietà espressa dai colleghi è la più sincera che ci possa essere, perché siete consapevoli che tutti sareste potuti essere al mio posto. Nessuno sconto, invece, per le Istituzioni, a cui solo una cosa posso dire: io sono stata violentata anche da voi”. Sono parole forti quelle della dottoressa aggredita in guardia medica a Trecastagni, pronunciate questa mattina di fronte ai 106 presidenti degli Ordini dei Medici, riuniti nel Consiglio della Fnomceo, e ai 106 presidenti delle Commissioni Albo odontoiatri, in assemblea plenaria a Giardini Naxos (Messina).
IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA PER I MEDICI
“Quella della sicurezza è solo la punta dell’iceberg – sottolinea – Noi medici abbiamo perso la dignità. La nostra professione si è snaturata, è diventata una cosa che non è più essere medico, è soffocata dall’affanno di evitare le denunce, di seguire pedissequamente i protocolli. Sfugge un concetto fondamentale: noi dobbiamo curare le persone”. “Gli Ordini devono essere la casa, ma anche la famiglia di noi medici – ha concluso la dottoressa – E come in una famiglia i genitori non devono essere troppo permissivi con i figli, così è un errore assumere un atteggiamento paternalistico verso quei colleghi che sbagliano”.
“Va recuperata l’autorevolezza del nostro ruolo – ha risposto la presidente della Fnomceo, Roberta Chersevani, che alla dottoressa violentata ha detto – Grazie per le tue parole, è un onore averti conosciuto”. Dopo l’appello della dottoressa sono emerse dal Consiglio nazionale diverse proposte, che verranno raccolte e riassunte in una mozione.
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