Le multe per violazioni al Codice della strada sono uno degli argomenti a maggior tasso polemico, soprattutto quelle legate all’uso degli apparecchi come autovelox e compagnia per punire l’eccesso di velocità. Che fine fanno i soldi delle multe stradali? Vediamo cosa dicono le leggi e invece dietro quale realtà prospera questa attività perversa.
Infatti questo è uno dei tanti esempi di scostamento fra teoria e pratica, fra le parole della legge e il tradimento della legge da parte degli stessi soggetti che l’hanno creata e di quelli che per primi hanno il dovere di applicarla.
Perché queste multe hanno la capacità di urtare il nostro sistema nervoso? Perché non si tratta solo di misure atte a reprimere comportamenti pericolosi, quindi legate a migliorare la sicurezza della circolazione. Questo aspetto è molto spesso marginale. Ciò che non va è l’uso che di questa montagna di denaro viene fatto, soprattutto da parte dei comuni, i maggiori beneficiari di questo anomalo business.
Partiamo ovviamente dal Codice della strada. In generale, l’articolo 208 prescrive che i proventi delle contravvenzioni previste dal Codice stesso vengono devoluti allo Stato quando l’accertamento è compiuto da funzionari e agenti dello Stato, e agli enti locali quando i funzionari e gli agenti accertatori appartengono a tali enti. In parole povere, chi eleva la contravvenzione si tiene il denaro.
SE I SOLDI VANNO ALLO STATO
Se si tratta di Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, funzionari delle Ferrovie dello Stato e agenti degli altri corpi statali, le somme raccolte vanno quasi tutte al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Questo dovrà utilizzarle per finanziare gli studi e la comunicazione sulla sicurezza stradale, oltre che per l’assistenza e previdenza del personale delle forze dell’ordine. Il 7,5% del totale invece va al ministero dell’Istruzione per l’insegnamento dell’educazione stradale nelle scuole.
Inoltre, sempre in caso di accertamento da parte di funzionari statali, quella parte di somme provenienti dagli aumenti delle multe quando le violazioni vengono compiute in ore notturne viene accantonata in un’apposita voce di bilancio dello Stato; questa verrà diretta al fondo contro l’incidentalità notturna.
SE I SOLDI VANNO A COMUNI E PROVINCE
Se le multe vengono invece elevate da agenti di Polizia municipale, i soldi vanno ai comuni; se gli agenti sono di Polizia provinciale, il denaro va nelle casse delle province o delle città metropolitane.
Sempre l’articolo 208 del Codice della strada, al comma 4, specifica l’uso che gli enti locali devono fare del 50% di questo denaro. Devono destinarne almeno un quarto alla manutenzione e al miglioramento della segnaletica stradale; almeno un altro quarto all’accertamento delle violazioni, compreso l’acquisto di automezzi e attrezzature per gli agenti (veicoli, autovelox, eccetera).
La metà che rimane di questo 50% va destinata ad un lungo elenco di attività, tutte legate alla sicurezza stradale. Fra queste: la manutenzione delle strade; la sistemazione del manto stradale; interventi a tutela degli utenti deboli (bambini, anziani e disabili, pedoni e ciclisti); l’organizzazione di corsi sulla sicurezza stradale da tenere nelle scuole da parte degli agenti di polizia locale.
L’altro 50% dei proventi delle multe degli enti locali è il vero bottino a cui mirano i sindaci e i dirigenti comunali più avidi e spregiudicati. Infatti il Codice li lascia liberi di usare questi fondi come desiderano; nella maggior parte dei casi quindi li sprecano.
IL BOTTINO DEGLI AUTOVELOX
Un caso particolare riguarda le contravvenzioni per eccesso di velocità elevate tramite apparecchiature di rilevamento a distanza, cioè la famiglia degli autovelox.
Qui entra in gioco l’articolo 142 del Codice della strada, modificato il 29 luglio 2010 nella parte che ci interessa ora. Esso dice (al comma 12-bis) che le somme raccolte con questo metodo vanno divise al 50% tra l’ente proprietario della strada e l’ente da cui dipende l’organo accertatore. Nel caso più diffuso, significa che se la multa viene elevata da un autovelox della Polizia di Stato o dei Carabinieri in un centro urbano, metà va allo Stato e metà al Comune. Se accade su una strada provinciale, metà a Stato e metà a Provincia.
La cosa più importante è data dal comma 12-ter, che specifica come vanno usate le somme raccolte dalle multe con apparecchi tipo autovelox. Lo riportiamo pari pari: “realizzazione di interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, ivi comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, ivi comprese le spese relative al personale“.
Quindi i soldi raccolti con l’autovelox devono essere usati dai comuni non solo per comprare o noleggiare altri autovelox, ma anche per sistemare le buche stradali. E’ sotto gli occhi di tutti quanto questa legge venga violata nella realtà quotidiana.
Non finisce qui. Lo stesso articolo del Codice, al comma successivo, dice che gli enti locali devono inviare ogni anno entro il 31 maggio al ministero dei Trasporti una relazione in cui spiegano in dettaglio quanti soldi hanno raccolto l’anno precedente dalle multe con autovelox e come li hanno usati. Se non inviano la relazione o se l’uso di quelle somme non è conforme agli obblighi sopra descritti, la somma è ridotta del 30%.
COMUNI RAPACI PROTETTI DA UN DECRETO FANTASMA
Qui arriva l’esempio della perversità e del tradimento della legge di cui parlavamo all’inizio. La legge del 2010 di cui abbiamo appena parlato affidava ad un decreto dei ministeri di Trasporti e Interno le modalità di trasmissione di quelle relazioni e di versamento di quei fondi; rinviava quindi l’applicazione di quella norma fino a quando tale decreto non sarebbe stato emanato.
Quel decreto non è mai arrivato. Il 26 aprile 2012 venne approvata la legge numero 44; qui venivano aumentate le punizioni per i comuni inadempienti: la riduzione della somma passava dal 30% al 90%. Però anche qui l’applicazione veniva rinviata ad un uguale decreto degli stessi ministeri. Questa volta però, vista l’esperienza passata, fu messa una scadenza: se il decreto non fosse stato emanato entro 90 giorni, le disposizioni approvate nel 2010 sarebbero ugualmente entrate in vigore. Quindi con le punizioni al 30% invece che del 90%.
Invece di 90 giorni sono passati più di 4 anni. Del decreto non c’è traccia. Quindi i comuni devono usare le multe degli autovelox secondo modalità descritte da un decreto che non esiste, previsto da una legge che è sì in vigore, ma è inapplicabile senza quel decreto.
Di conseguenza, nella pratica, i comuni continuano ad usare quei soldi come gli pare. L’Anci (l’associazione dei comuni) “raccomanda” in una nota del 2016 di accantonare quelle somme in una gestione separata. Tuttavia, se anche il decreto arrivasse oggi (ma non arriva), i comuni dovrebbero rispondere solo delle somme incassate dal prossimo anno in poi. Per cui la pacchia continua.
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