L’ultimo Dpcm ha dato un taglio alle sagre e alle fiere di paese: consentite solo quelle di interesse nazionale e internazionale. Questo provvedimento, secondo i dati di Coldiretti/Ixè, colpirà tre italiani su quattro. Il 73% della popolazione, appunto, ogni anno partecipa a fiere ed eventi enogastronomici e folkloristici: ciò significa che le conseguenze dello stop alle sagre locali ricadrà su circa 34mila operatori ambulanti del settore, con una perdita economica valutata intorno a 900 milioni di euro.
Le fiere sparse su tutto il territorio nazionale ogni anno muovono un mercato incredibilmente ramificato: non solo bancarelle e ambulanti, ma coinvolge anche trasporti, ristorazione e albergatori. Maurizio Danese, presidente di Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane), ha spiegato che dal primo settembre al 19 ottobre, quando è stato firmato il nuovo Dpcm dal premier Conte, i suoi associati hanno organizzato oltre 47 manifestazioni “in totale sicurezza” e “dando un’iniezione di fiducia al business delle imprese italiane esportatrici”.
“Non possiamo fermare nuovamente le fiere, siamo preoccupati per le voci relative alle ulteriori restrizioni del prossimo Dpcm”, ha aggiunto Danese. Il Comitato tecnico scientifico del Governo Conte aveva infatti caldeggiato l’annullamento di qualsiasi evento di questo tipo, per evitare assembramenti. Un rischio che Aefi sembra negare: le fiere “sono una fonte di business, sono fatte da professionisti e hanno protocolli molto rigidi in materia di salute e sicurezza, che vengono rispettati in tutte le fasi delle manifestazioni e degli allestimenti e tengono conto delle dimensioni di ciascun quartiere”, ha spiegato il presidente Danese.
Con l’avvicinarsi delle festività natalizie, poi, il mercato fieristico era proprio ai blocchi di partenza: si tratta “soprattutto di prodotti tipici dell’enogastronomia locale che sono molto spesso al centro dei festeggiamenti che si concentrano proprio in autunno, dalle castagne, ai funghi fino ai tartufi”, spiega Coldiretti. Gli italiani che ogni anno partecipano al mercato sono circa 43 milioni. Ogni cittadino spendeva una media di 20 euro all’anno, con una perdita complessiva di quasi 1 miliardo.
Il 92% delle produzioni tipiche nazionali nasce nei piccoli borghi con meno di 5mila abitanti. Secondo Coldiretti quindi a preoccupare non sono solo le aree densamente turistiche, ma soprattutto quelle interne meno frequentate “dove si va a guardare, curiosare fra le bancarelle e magari anche acquistare qualcosa, spesso prodotti del territorio con lo street food che ha fatto segnare una vera e propria esplosione negli ultimi anni”.
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