Mario Draghi, ex presidente del Consiglio (e anche della Banca centrale europea), ha concesso oggi un’intervista al Corriere della Sera, la prima dopo aver lasciato Palazzo Chigi, in cui ha parlato del fatto che a guidare l’Italia sarebbe rimasto “volentieri” se glielo avessero permesso. Tuttavia, ha detto l’economista romano, non ha nessuna intenzione di scendere direttamente in politica, né di avere incarichi istituzionali nel nostro Paese o all’estero.
Tra i momenti più difficili del suo mandato da capo del governo, Draghi ha indicato quello in cui ha dovuto introdurre il green pass, ma anche il momento in cui ha scelto di riaprire le scuole, in cui è stato accusato di essere il nuovo Jair Bolsonaro. L’ex premier ha parlato anche della caduta del suo esecutivo o degli obiettivi del Pnrr.
“Sarei rimasto volentieri per completare il lavoro, se mi fosse stato consentito“, ha detto Mario Draghi, l’ex presidente del Consiglio, nella sua prima intervista dopo la caduta del suo governo, oggi, al Corriere della Sera. Certo, questo non significa che l’ex banchiere centrale non si stia godendo “un po’ di tempo libero. Faccio il nonno, ho quattro nipoti. E mi godo il diritto dei nonni di poter scegliere che cosa fare“. “Anche per questo ho chiarito che non sono interessato a incarichi politici o istituzionali, né in Italia né all’estero“, ha detto ancora.
Non voleva andare via, insomma, perché “se guardo alle sfide raccolte e vinte in soli venti mesi di governo, c’è da sorridere a chi ha detto che me ne volessi andare, spaventato dall’ipotetico abisso di una recessione che fino a oggi non ha trovato riscontro nei dati. Ero stato chiamato a fare, dopo una vita, un mestiere per me nuovo e l’ho fatto al meglio delle mie capacità“. Ma sulla caduta in sé e per sé, Draghi non ha dato le colpe a nessuno, perché “il governo si poggiava sul consenso di una vasta coalizione, che aveva deciso di mettere da parte le proprie differenze per permettere all’Italia di superare un periodo di emergenza. Non avevo dunque un mio partito o una mia base parlamentare. A un certo punto, la volontà dei partiti di trovare compromessi è venuta meno, anche per l’avvicinarsi della scadenza naturale della legislatura“, ha spiegato.
La maggioranza, di cui non faceva parte solo Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, si stava sfaldando, ha ricordato ancora l’ex premier, “e diversi partiti si andavano dissociando da decisioni già prese in Parlamento o in Consiglio dei ministri. Il Movimento 5 Stelle era sempre più contrario al sostegno militare all’Ucraina, nonostante avesse inizialmente appoggiato questa posizione in Parlamento insieme a tutte le altre forze politiche, e nonostante questa fosse la linea concordata con i nostri alleati in sede europea, G7 e Nato. Forza Italia e Lega erano contrarie ad aspetti di alcune importanti riforme, fisco e concorrenza, a cui era stato dato il via libera in Consiglio dei ministri“. Poi il Carroccio e i pentastellati, ha detto, “chiedevano inoltre a gran voce uno scostamento di bilancio nonostante, come stiamo vedendo, l’economia e l’occupazione andassero bene“.
Nel merito delle scelte difficili che sono state prese dal suo governo, Draghi ha ricordato quella “di attuare tra i primi in Europa il green pass e l’obbligo vaccinale. Sapevo che erano limitazioni delle libertà individuali, ma erano necessarie per garantire a tutti il diritto alla salute, soprattutto ai più fragili“. L’ex presidente della Bce, a tal proposito, ha detto che gli fa piacere che “la Corte costituzionale concordi in pieno con l’impostazione del governo“.
Ma tra scelte che non sono state prese a cuor leggero, anche quella di aprile del 2021 di riaprire le scuole: “Mi hanno paragonato a Bolsonaro – ha raccontato -, hanno detto che avremmo causato una catastrofe sanitaria. Ma l’epidemia è rimasta sotto controllo e i ragazzi sono tornati a scuola in modo continuativo“. Per non parlare, poi, della decisione di sostenere convintamente e da subito l’Ucraina, nonostante “i rischi di una ritorsione russa erano evidenti, ma non potevamo girarci dall’altra parte davanti a chi aveva riportato la guerra in Europa“, ha spiegato Draghi.
L’ex premier non si è sbilanciato su chi l’ha sostituito a Palazzo Chigi: “Non spetta a me giudicare il governo, soprattutto non dopo così poco tempo. Giorgia Meloni ha dimostrato di essere una leader abile e ha avuto un forte mandato elettorale“.
Draghi, però, ha precisato che “occorre stare attenti a che non si crei di nuovo un clima internazionale negativo nei confronti dell’Italia. Mantenere saldo l’ancoraggio all’Europa è il modo migliore per moltiplicare il nostro peso internazionale“. Non solo, perché secondo l’economista romano si deve anche mantenere il confronto con le parti sociali, con gli enti territoriali, con il terzo settore: “Un confronto – ha detto – ispirato al dialogo, all’ascolto, alla disponibilità“.
Sul Pnrr, su cui Meloni lo aveva accusato di aver lasciato tante cose da fare, ha ribattuto che loro hanno “rispettato tutti gli obiettivi dei primi due semestri, come ha certificato la Commissione europea. Questo è l’unico indicatore da cui dipende l’erogazione dei fondi, che infatti è avvenuta in modo puntuale“. E di nuovo, Draghi ha concluso dicendo che gli avrebbe “fatto piacere completare il lavoro che avevamo portato avanti, e qui mi riferisco in particolare agli obiettivi del secondo semestre di quest’anno: ne abbiamo raggiunti circa metà nel tempo che ci è stato dato. I rimanenti obiettivi sarebbero certamente stati raggiunti prima della fine di questo semestre, come è avvenuto nei due semestri precedenti. Credo che il governo attuale sia altrettanto impegnato, e non ho motivo di dubitare che raggiungerà tutti gli obiettivi previsti e necessari per la riscossione della terza rata“.
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