Come era prevedibile e preannunciato, l’avvicinarsi delle elezioni politiche nazionali (marzo 2023) e la situazione di tensione internazionale causano la vitalità per fini elettorali dei partiti, che pongono così a rischio la tenuta del governo Draghi.
Il Presidente del Consiglio deve fare i conti con varie questioni poste dalla policroma sua maggioranza: dalle fibrillazioni dell’M5S di Conte, alle richieste di accelerazione nel campo dei diritti sociali da parte del PD e la relativa barricata su posizioni opposte delle destre.
Lo scontro Draghi – Conte
Oggi, 4 luglio, avrebbe dovuto tenersi l’atteso incontro chiarificatore tra il premier Mario Draghi ed il capo politico del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Questo è stato però rinviato a mercoledì a causa della recente tragedia sul gruppo montuoso della Marmolada che costringe il primo ministro italiano ad un sopralluogo sui territori colpiti dalla calamità.
La diatriba tra i due recenti capi di governo era cominciata la settimana scorsa, quando l’amico personale di Beppe Grillo, Domenico De Masi, aveva riferito di contatti tra il fondatore e garante 5S da parte dell’ex banchiere BCE al fine di rimuovere Conte dal suo incarico.
L’indiscrezione aveva provocato l’ira del predecessore di palazzo Chigi, il quale, pur affermando di non voler uscire dall’esecutivo, aveva lanciato chiari segnali di disapprovazione ed insofferenza per l’operato di governo e suo leader, arrivando ad ottenere un colloquio con il capo di Stato Sergio Mattarella.
Da parte sua, Draghi ha sempre sminuito faccenda ed impatto sul proprio Consiglio dei Ministri, indicando nel confronto diretto con il rappresentante supremo dei 5 Stelle la via maestra alla risoluzione dello sfilacciamento.
Intanto, in preparazione al faccia a faccia, l’ex “avvocato del popolo” rilancia i paletti dell’M5S affinché la navigazione di palazzo Chigi proceda tranquilla, almeno per la sponda grillina, fino al termine dell’incarico quirinalizio assegnato al premier Draghi.
Innanzitutto una revisione che tenga in maggior rilievo le posizioni del Movimento sull’imminente Decreto Aiuti, in particolare per ciò che concerne Superbonus 110% e inceneritore di Roma (impianto voluto dal sindaco PD Gualtieri ed osteggiato dal primo partito nelle ultime votazioni nazionali).
In secondo luogo l’agognata presa in considerazione delle posizioni contiane, e non solo (vedi Lega di Salvini), sulla fornitura di armi all’Ucraina da parte di Roma e sulla necessità di giungere al più presto alla pace con Mosca.
Se ciò non andasse a verificarsi e le richieste venissero disattese, come accaduto finora, Conte non esclude la possibilità di un’uscita dall’esecutivo del Movimento 5 Stelle in favore di un appoggio esterno al governo.
Non solo M5S per il governo Draghi
Le fibrillazioni e l’instabilità interna dell’M5S creano gravi incertezze anche nel Partito Democratico.
Il PD è sempre meno convinto dell’alleanza col gruppo di Grillo e uno dei suoi massimi esponenti, Dario Franceschini, tuona riguardo la necessità di recidere il filo con i contiani in caso questi decidessero l’avventura extra-governativa.
Non è questa l’unica asperità per il gruppo di Enrico Letta: la programmazione della discussione parlamentare di due provvedimenti Dem, lo “Ius Scholae” e la depenalizzazione della coltivazione domestica di cannabis, hanno fatto adirare i due partiti di destra Lega e Fratelli d’Italia.
Come sempre il leader leghista è il più alacre nel riversare sull’uditorio la propria posizione: per Salvini le priorità del governo sono altre in questo momento, no di certo droga ed immigrati. Il segretario del Carroccio sminuisce quindi le iniziative del Nazareno e, applicando una tattica tipica dell’ex partito del Nord Italia, fa ritardare i lavori parlamentari con una pioggia di emendamenti.
Controbatte il segretario PD Enrico Letta, il quale afferma di non voler arretrare sulle proposte che non solo offrono diritti e tutele ai più deboli ed emarginati, ma rispondono (soprattutto lo “Ius Scholae”) ad una precisa necessità nazionale, data la demografia letargica del Bel Paese.
In definitiva Draghi, che non ha intenzione di immischiarsi in proposte politicamente caratterizzanti come quelle Dem, vede sempre più fili intorno a sé consumarsi o spezzarsi facendo traballare la ragnatela di interessi e compromessi sulla quale è posto. Riuscire a tessere nuovi legami affinché la coalizione regga fino al marzo prossimo è qualcosa che avrebbe messo in difficoltà la stessa Aracne.