Due ambientalisti hanno versato della vernice sul dipinto di Monet a Stoccolma. A essere colpito, più che il quadro, è stato il vetro posto a protezione del dipinto.
Un’altra operazione ambientalista in un museo, stavolta quello di Stoccolma. Ad essere colpita è stata un’opera di Monet, presa di mira da due donne che hanno poi lanciato un messaggio. Il quadro non è stato danneggiato, ad essere colpita dalla vernice è stata la vetrina messa a protezione del dipinto. A rivendicare l’azione il movimento per il clima “Restore Wetlands“. Intanto il Museo Nazionale svedese prende le distanze: le azioni degli ambientalisti rischiano di passare inosservate?
Le due attiviste sono state arrestate, per avere sporcato con della vernice rossa il quadro di Claude Monet, e per essersi incollate alla cornice.
Il quadro era stato esposto in occasione della mostra “Il giardino” organizzata dal museo di Stoccolma, dopo l’azione delle attiviste è intervenuta la polizia svedese a fermare le due. Le donne che dopo aver posto della vernice sul vetro del quadro si sono lasciate andare a un appello con temi ovviamente ambientalisti, sono state denunciate per vandalismo aggravato, con il dipinto che adesso verrà esaminato dagli esperti del museo per verificare la presenza eventuale di danni.
Il gruppo Restore Wetlands ha parlato all’emittente svedese STV, con Roxy Farhat portavoce del movimento che ha parlato di attenzione sulla crisi climatica: “Noi vogliamo attirare l’attenzione sulla crisi climatica, che è anche una crisi sanitaria perché le malattie legate al caldo diventa un problema sempre più grave. La gente è sconvolta, ma noi chi chiediamo perché ai politici non venga domandato: ‘Come mai state perseguendo una politica che è destinata a portare più morti, una politica che porterà meno acqua e raccolti scarsi?”.
Farhat, durante il suo intervento, ha inoltre posto l’accento sul fatto che il movimento ha svolto delle analisi approfondite in modo da non recare alcun danno al dipinto.
Dopo l’episodio il museo è rimasto regolarmente aperto al pubblico, mentre la sala in cui si trovava l’opera di Monet è stata chiusa momentaneamente. Il vicedirettore del museo ci ha tenuto a prendere le distante da quanto accaduto. Hedström ha dichiarato: “Prendiamo naturalmente le distanze da azioni in cui l’arte rischia di essere danneggiata. Il patrimonio culturale ha un grande valore simbolico ed è inaccettabile attaccarlo o distruggerlo, indipendentemente dallo scopo”.
Due donne, di 25 e 30 anni, si sono rese protagoniste dell’ennesimo atto di “vandalismo” nei confronti di un’opera d’arte. O almeno così è stato largamente percepito. Lo scopo degli attivisti infatti, ormai da mesi impegnati in tale pratica, è sempre stato quello dell’attirare l’attenzione ma senza recare – possibilmente – alcun danno ai loro “bersagli”. Intento talmente ovvio ormai, e talmente sbandierato, che sembrerebbe superflua ogni tipo di polemica.
Le polemiche e le denunce da parte dei verti però continuano ad arrivare forti, soprattuto da parte della politica – la maggioranza al governo per fare un esempio – che ha sempre preso le distanze da gesti di questo tipo. Ma non solo, anche l’opinione pubblica è divisa. Il video delle azioni delle due donne di oggi, al museo di Stoccolma, ha fatto il giro dei social e tantissimi utenti si sono scagliati contro le ambientaliste con commenti del tipo: “Museo nazionale di Stoccolma, quadro di Monet. Meno male che c’era il vetro di protezione. Prima in manicomio e subito dopo ai lavori forzati”.
E’ anche vero, ironia della sorte, che la scelta di “imbrattare” i quadri e le statue, le piazze e le opere d’arte è essa stessa la scossa che dovrebbe attirare l’attenzione tramite l’indignazione e lo stupore. E se nessuno si indignasse più, tali gesti potrebbero perdere la sostanza della loro natura, ossia quella di creare scalpore?
Il fine e la reazione, spropositata o errata che sia, rimangono legati anche quindi in maniera piuttosto paradossale. Lo scopo è quello di raggiungere le masse, per dare voce alla lotta e al movimento ambientalista, ma i messaggi spesso non sono nemmeno ascoltati vista la grande attenzione data al gesto in se. Insomma, se da un lato si critica chi guarda il dito di chi indica la luna, dall’altro lato senza polemiche le operazioni degli ambientalisti rischierebbero di finire ben presto nel dimenticatoio. Ma le contesa sovrasta il messaggio, e denunciare gli atti serve per girare la faccia più comodamente dall’altro lato rispetto al reale problema (quello ambientale). Rimane il fatto che le nuove generazioni ancora una volta sono portate a compiere gesti estremi per attirare l’attenzione di una comunità che spessa è stata colpevole di miopia su tematiche che ormai non si possono più ignorare.
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