Comparirà generico “genitore” sulla carta d’identità della figlia della coppia omogenitoriale. Vinto il ricorso al Tribunale ordinario.
Era il 2019 quando Matteo Salvini allora al Viminale aveva imposto le diciture “madre” e “padre”. Un “eccesso di potere” secondo il giudice che ha accolto l’appello delle due madri a Roma. Dopo il ricorso sulla carta d’identità della figlia comparirà la scritta “genitore”.
Un decreto mai modificato, quello di Matteo Salvini del 31 gennaio 2019 durante il suo incarico di ministro dell’Interno, nonostante le varie sollecitazioni da parte del Parlamento, nemmeno dai successivi governi e che adesso – con l’esecutivo meloniano – potrebbe diventare intoccabile.
Eppure secondo il Tribunale ordinario di Roma tale decreto viola le norme internazionali e rappresenta un eccesso di potere. E’ la sentenza del giudice, che ha accolto il ricorso da parte delle due madri con un’ordinanza civile, dopo che le due donne si erano in un primo momento rivolte al Tar.
Il Tribunale amministrativo regionale però non si era espresso, ritenendo il caso non di sua competenza. Adesso sulla carta d’identità della figlia compariranno i nomi della madre legale e di quella adottiva sotto la dicitura genitore, generico, al posto di “padre e madre” come avrebbe voluto l’attuale ministro delle Infrastrutture.
I fatti risalgono a qualche mese fa, e a darne notizia era stata La Stampa. Il procedimento era iniziato subito dopo l’avvenuta adozione da parte della bambina. L’avvocato della coppia, Federica Tampori, ha affermato che unavolta effettuata l’adozione le donne si erano recate presso il comune per richiedere la carta d’identità, ma che allo sportello le avevano informate che si sarebbe dovuto procedere con la dicitura “madre e padre”, piuttosto che con quella neutra.
Il legale racconta dunque il rifiuto della coppia e il primo ricorso al Tar, descrivendo la decisione del Tribunale di Roma “Una sentenza bellissima che ci ha dato ragione”.
Secondo il giudice il procedimento dell’allora ministro Salvini andrebbe oltre le sue competenze, visto che il documento certificato di una relata preesistente nell’atto di nascita, stabilisce madre partoriente e una adottiva. In questo non poteva esserci discrasia, ossia tra documento e atto di nascita.
La vicenda è stata commentata anche da Monica Cirinnà, responsabile del Partito Democratico per i diritti civili. La politica ha affermato che in tale ordinanza, in contrasto con il decreto del 2019, finalmente si riconosce alle famiglie italiane la loro pluralità, “Plurali e diverse tra loro”.
La Cirinnà inoltre afferma di essere dispiaciuta che questo decreto non sia mai stato modificato, e che è illegittimo e non dovrebbe essere più applicato.
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