Un duomo sottomarino di gas nelle profondità del Golfo di Napoli, ad appena 5 chilometri dal porto e a 2,5 dalla suggestiva area di Posillipo: così gli scienziati hanno definito le 35 emissioni attive scoperte durante Safe 2014, una campagna oceanografica svolta al largo della città partenopea, per uno studio coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e l’Università di Firenze, pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Non bastassero il Vesuvio e il supervulcano dei Campi Flegrei dunque, Napoli scova tra le pieghe del suo territorio una nuova formazione geologica, ma al contrario delle altre due sopracitate non vi è nessun pericolo per l’uomo in questo caso, poiché non si registra alcuna risalita di magma.
Il rigonfiamento osservato dagli studiosi potrebbe precedere la formazione di vulcani, e rappresenta un importante punto di partenza per cercare di capire di più riguardo i fenomeni vulcanici sottomarini di tutte le zone costiere: gli scienziati lo hanno scovato tra i 100 e i 170 metri di profondità, e tale rigonfiamento è alto circa 15 metri e con un’estensione di 25 chilometri quadrati. Come spiega Salvatore Passaro dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Cnr, primo autore dello studio, questa ricerca conferma quanto osservato in anni precedenti, ma a cui la scienza aveva fornito ipotesi completamente diverse, sostenendo che il rigonfiamento potesse essere frutto di frane e smottamenti sottomarini: ‘Durante i rilievi sono state scoperte 35 emissioni di gas attive e più di 650 piccoli crateri collegati a emissioni di gas avvenute negli ultimi 12mila anni. Oggi sappiamo che una tale conformazione è collegabile a emissioni di gas‘. Secondo i ricercatori, a provocare questo rigonfiamento che deforma il fondale marino è la risalita di gas, con tutta probabilità anidride carbonica, che giunge da una profondità compresa fra 10 e 20 chilometri, ma non è ravvisabile la presenza di magma.
Tuttavia gli scienziati non escludono che queste strutture geologiche possano anticipare la formazione di vulcani sottomarini o campi di sorgenti idrotermali, come già accaduto in Giappone o alle isole Canarie ad esempio, mentre altrove invece, tipo Brasile o Svezia, non è avvenuto. Come mai? A questa domanda proveranno a rispondere i ricercatori nel prosieguo degli studi sul duomo sottomarino a largo di Napoli, sfruttando i modelli digitali più all’avanguardia a disposizione. Guido Ventura dell’Ingv, altro autore della ricerca, spiega che ‘il meccanismo che innesca il fenomeno che avviene nel Golfo di Napoli non coinvolge direttamente il magma, i gas del ‘duomo’ sono freddi, mentre quelli dei due vulcani sono caldi, in quanto vengono riscaldati dal magma‘: sarà fondamentale proseguire la ricerca per comprendere finalmente come avvenga il passaggio che porta successivamente alla nascita dei vulcani sottomarini. Proprio qui a Napoli, terra di mare e sole nella vulgata comune, che si conferma invece aaltrettanto terra vulcanica, di gas e fumarole, ora anche sotto i fondali marini.