Dopo l’esclusione dell’anno scorso a causa della non vaccinazione per il Covid, Novak Djokovic, tennista numero 5 al mondo, è tornato a Melbourne Park, dove si stavano giocando gli Australian Open, il primo Grande Slam stagionale, e ha trionfato, come sempre. Per il campione serbo è la decima vittoria sul cemento australiano, e con questo ulteriore titolo ha raggiunto Rafael Nadal in cima alla classifica dei tennisti più vincenti di sempre per quanto riguarda i tornei del Grande Slam, tornando anche primo nel ranking Atp.
Djokovic, in finale, ha battuto con un secco 3-0 (6-3, 7-6, 7-6) Stefanos Tsitsipas, quarto nel ranking Atp e terza testa di serie del torneo, in tre ore precise di match. E per lui, tra l’altro, non sono mancate neanche le polemiche, perché, se l’anno scorso, era mancato a diversi appuntamenti perché non aveva provveduto a vaccinarsi contro il Covid, quest’anno, invece, il padre ha deciso di scendere in piazza accanto a qualche sostenitore di Vladimir Putin, il presidente della Russia.
Sono bastate tre ore a Novak Djokovic a eguagliare il record di tornei del Grande Slam vinti da Rafael Nadal – sono a 22 tutti e due -, a portare a casa il suo decimo titolo agli Australian Open, nessuno meglio di lui nel cemento di Melbourne Park, e tornare primo tennista al mondo, e lo fa per 374esima settimana superando Steffi Graf che si era fermata a 373.
Un’impresa o forse no, sicuramente l’ennesimo trionfo del tennista serbo, che al torneo australiano arrivava da quinto al mondo e da quarta testa di serie, a un anno esatto dalla sua esclusione nella terra dei canguri perché non aveva provveduto, per credenze personali, alla vaccinazione contro il Covid-19. Una rivincita, quindi, che lo proietta, qualora non fosse abbastanza chiaro da prima, nell’Olimpo dei più grandi di sempre.
E nulla ha potuto Stefanos Tsitsipas, che gli stava davanti nel ranking e anche nel torneo, che ha dovuto cedere in tutti e tre i set: 6-3, 7-6 (4), 7-6 (5), concedendo però davvero poco – sono stati appena due i break vinti da Djokovic, e il greco gli ha rubato anche un servizio nella terza frazione. Nulla ha potuto per rubargli lo scettro, e arrivarci lui in testa alla classifica degli Atp.
Ma quello di Nole non è solo un trionfo, una rivincita, è anche una liberazione, è uno schiaffo ai problemi muscolari che lo avevano attanagliato nella prima parte del torneo, e alle polemiche che lo accompagnano ovunque vada. Quest’anno, infatti, ci si era messo il padre a creare hype negativo per il serbo: Srdjan Djokovic è stato pizzicato dai fotografi insieme a dei sostenitori di Vladimir Putin, il presidente della Russia che a febbraio ha deciso di invadere l’Ucraina generando una guerra che, pare, non finirà a breve, e il figlio lo ha spedito ai box per semifinale e finale.
E quindi l’abbraccio con la sua famiglia, le lacrime, che dimostrano che è umano, che lo riportano laddove si era fermato, agli Us Open – anche se di mezzo c’è stata la vittoria di Wimbledon del 2022 -, quando Daniil Medvedev gli aveva strappato il sogno del Grande Slam, che ora potrà ricominciare a costruire, racchettata dopo racchettata, punto dopo punto.
Ma come ha costruito la sua vittoria Djokovic agli Australian Open, al di là dei numeri? Il percorso del serbo a Melbourne Park è iniziato con un secco 3-0 al primo turno contro Roberto Carballes Baena, 75esimo nel ranking, poi è stato il turno del francese Enzo Couacaud, 191esimo tennista al mondo, con cui ha perso anche un set, il secondo, al die break. Ai sedicesimi il cammino si è un po’ complicato, non per Nole, che ha schiantato con un altro 3-0 anche il bulgaro Grigor Dimitrov, 28esimo nel ranking, agli ottavi, ancora, ha avuto la meglio sul padrone di casa Alex De Minaur. Ma la prima vera insidia è arrivata ai quarti, quando ha incontrato Andrey Rublev, il russo che stava dietro di lui di una posizione, battuto anche lui, esattamente come Tommy Paul in semifinale, per 3-0.
E dicevamo, non è cambiato nulla neanche con Tsitsipas, in finale. Una finale in cui l’attuale numero uno al mondo è partito subito forte, aiutato anche da un avversario troppo falloso ma anche molto incline allo sbaglio, specie sul rovescio di Djokovic. Il primo break vinto è arrivato nel quarto game, quando il greco ha sbagliato il servizio due volte di fila regalandoglielo di fatto, così come il set.
Il secondo, però, sembrava dovesse avere un copione diverso, anche perché Nole ha dimostrato i primi segni di cedimento, eppure no, perché nonostante le risposte di Tsitsi, e soprattutto qualche errore di troppo del numero 4 del ranking Atp, Djoko è rimasto in partita e se l’è giocata al tie break, vincendo ancora grazie ai regali dello sfidante.
Il set che ha chiuso la partita, e che ha fatto compiere un altro passo importante verso la gloria a Djokovic, è iniziato male, perché ha subito perso il servizio, recuperato però in men che non si dica, tanto da arrivare ancora una volta al die break, che ha ipotecato subito, ma poi ha quasi buttato via. Quasi perché, poi, la storia ci ha regalato decisamente altro.
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