A Roma torna l’allarme per la peste suina, sono stati trovati positivi ai test due cinghiali. Gli animali si trovavano nel parco dell’Insugherata e a Casal del Marmo. Sono attualmente in corso le analisi su un terzo animale.
Intanto parte il piano delle Asl. Il ritrovamento della carcassa del cinghiale morto è stato a seguito della segnalazione di un cittadino. La malattia è letale nel 98% dei casi, si trasmette facilmente tra gli animali e contagia principalmente cinghiali e suini, fino ad ora non si è mai trasmessa all’uomo.
Il primo esemplare contagiato dalla peste suina risale ad un anno fa sempre nella capitale d’Italia dove un altro cinghiale era risultato positivo alla malattia.
Nei giorni scorsi la Guardia del Parco dell’Insugherata, un’area verde che si trova nei pressi di Via Cortina d’Ampezzo, Via cassia e Via Trionfale, ha rinvenuto la carcassa nascosta tra la vegetazione di un cinghiale.
Mentre all’interno dell’area boschiva che circonda Casal de Marmo il ritrovamento di un esemplare morto è avvenuto a seguito della segnalazione di un cittadino.
Sono da subito scattati i controlli su entrambi gli animali, eseguiti dalle esperti, e le analisi fatte in laboratorio all’interno delle Asl hanno appurato che entrambi i cinghiali morti erano risultati positivi alla Psa ossia alla Peste suina africana.
Sono ancora in corso invece gli esami su un terzo esemplare di cinghiale che è stato rinvenuto invece ieri, 12 maggio 2023, all’interno di un parco che si trova in un’altra zona di Roma, Tomba di Nerone.
Questa malattia è particolarmente letale, con un tasso del 98% dei casi, è anche molto infettiva e contagia principalmente i cinghiali e i suini. Fino ad oggi per l’uomo non rappresenta un rischio perché non si è mai trasmessa all’essere umano.
Il Ministero della Salute si è visto costretto a convocare un tavolo di lavoro per intervenire sulla situazione, visto che l’ultimo caso positivo alla Peste suina africana era stato accertato lo scorso settembre 2022.
A causa di questi nuovi due casi si è dovuta riattivare l’Unità di crisi che collabora con la Regione Lazio e con i responsabili incaricati all’interno delle Asl.
Ora sarà necessario procedere con le verifiche necessarie per verificare lo stato della situazione, si procederà perciò al raccoglimento di campionature e all’analisi delle zone che sono ritenute più a rischio a Roma.
Le zone ritenute a rischio si estendono su un territorio di 125 chilometri e rientrano in quella che è chiamata Zona Rossa. La Zona Rossa si estende dalla riserva dell’Insugherata fino al Parco di Veio.
Entro il 15 maggio 2023 saranno comunicate le nuove misure da adottare per il contenimento e per impedire la diffusione della malattia.
Ad annunciarlo sono stati i responsabili regionali alla fine dell’incontro che si è tenuto ieri con il nuovo commissario straordinario alla Peste suina africa, Vincenzo Caputo.
Vincenzo Caputo ha ottenuto questo ruolo lo scorso febbraio e ha il compito di coordinare le azioni e le misure per il contenimento della malattia.
L’epidemia di Peste suina è costata alle aziende laziali circa 10 milioni di euro, nella primavera del 2022 diverse tonnellate di fieno e grano sono rimaste bloccate per più di un mese all’interno dei magazzini. Mentre gli allevatori si sono visti costretti ad attuare macellazioni di emergenza.
Il piano di depopolamento che era stato attuato fin dall’inizio dell’emergenza non ha avuto i risultati sperati. Sono infatti stati abbattuti solamente 300 esemplari su 75mla che ne sono stati stimati.
La giunta regionale aveva firmato un’ordinanza che prevedeva l’abbattimento di circa 50mila cinghiali, cosa che però effettivamente non è avvenuta.
La misura era stata decisa perché necessaria e per impedire che la peste suina potesse passare dai cinghiali ai suini. Il provvedimento destò le critiche e le proteste degli animalisti, che il 23 febbraio distrussero alcune delle gabbie posizionate vicino alla Pineta Sacchetti.
Riccardo Milozzi, imprenditore agricolo della Cia ha parlato apertamente della situazione drastica che stanno vivendo nel settore da un anno, dove gli imprenditori si vedono costretti a seguire le restrizioni della Zona Rossa senza però avere il sostegno di nessuno.
Alcuni degli allevatori si sono visti costretti a dover abbattere i loro capi e sono stati risarciti solo del 30% del loro valore.
Ora si attendono perciò le risposte alle analisi sul terzo esemplare, e si aspettano le nuove misure da seguire per evitare la diffusione della malattia.
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