È morta oggi Gloria, malata oncologica di 78 anni che ha avuto il cosiddetto suicidio assistito. Si tratta del secondo caso in Italia.
L’annuncio è stato fatto dall’Associazione Luca Coscioni, che ha assistito la famiglia durante tutta la pratica, sia dal punto di vista burocratico che umano, stando vicino a coloro che devono accettare la morte per preservare la dignità di una persona che vuole smettere di soffrire. Il suicidio assistito di cui parliamo oggi è avvenuto in Veneto, il primo è stato quello di Federico Carboni, 44enne di Senigallia che ottenne l’accesso alla pratica resa legale dalla sentenza della Corte costituzionale sul caso Cappato-Antoniani. Si tratta di una procedura che avviene sotto il controllo medico, regolarizzata, legale e molto delicata, tuttavia ancora ci sono molti tabù in merito e l’opinione pubblica è nettamente divisa sul fatto se sia giusto interrompere la vita di una persona in condizioni di particolare sofferenza oppure sia meglio continuare a lottare.
Secondo caso di suicidio assistito, è morta Gloria
Si chiama Gloria la seconda donna morta in Italia per suicidio assistito. Aveva 78 anni e a novembre aveva fatto richiesta per il farmaco di fine vita, seguita dall’Associazione Luca Coscioni. La storia arriva dal Veneto e la donna aveva ottenuto l’ok dalla regione a inizio giugno.
Nonostante fosse una paziente oncologica da anni e versasse in uno stato di grave sofferenza fisica e psicologica, ha comunque dovuto attraversare un lungo iter in cui l’Azienda Sanitaria Regionale del Veneto e il Comitato etico, hanno verificato i requisiti previsti dalla sentenza della Consulta che ha approvato il trattamento in casi particolari.
Ha chiesto lei stessa di poter morire perché la condizione da cui è affetta è irreversibile e le produce un dolore che lei stessa ha detto di non riuscire più a sopportare. È stato anche accertato che i trattamenti con i farmaci antitumorali che le sono stati prescritti dal medico, costituivano per lei un sostegno vitale e quindi non poteva rinunciarvi ed era costretta a una vita allettata.
A fine marzo era arrivata la comunicazione dell’approvazione dei requisiti, poi ad aprile sono state date indicazioni sulla tipologia di farmaco da usare per la pratica e la modalità di assunzione. L’Azienda Sanitaria ha poi informato che avrebbe fornito la strumentazione necessaria per poter subito procedere come da volere di Gloria.
Oggi la 78enne ha potuto mettere finalmente fine alle sue sofferenze anche se eticamente sembra brutto metterla in questo modo. Il diritto id morire è difeso da tantissime associazioni, in primis quella intitolata a Luca Coscioni, che ha seguito il caso della paziente veneta e anche il primo, quello di Federico, conosciuto con il nome di fantasia Mario.
Anche Gloria è un nome di fantasia, come invece non lo è il dolore con cui ogni giorno era costretta a combattere, sapendo che il suo quadro clinico non sarebbe mai potuto migliorare, solo andare in peggio.
Una condizione stremante non solo psicologicamente ma anche dal punto di vista fisico perché il suo organismo e il suo corpo erano fortemente debilitati dai potenti farmaci. Ha deciso in maniera lucida la paziente quando ha fatto richiesta l’anno scorso e in tanti l’hanno appoggiata, anche se c’è ancora una parte dell’opinione pubblica che non è d’accordo con il suicidio assistito, reso legale alcuni anni fa.
L’ultimo messaggio prima di morire è stato diffuso dall’associazione e in poche righe, Gloria ha detto: “La vita è bella ma solo se siamo liberi, io lo sono stata fin quando ho potuto”. Poi si è spenta nella sua abitazione dopo essersi somministrata da sola il farmaco, sotto la supervisione del dottor Mario Riccio, consigliere generale dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2022 aveva assistito l’anestesista Piergiorgio Welby nella medesima pratica per Federico Carboni.
Il caso precedente
Quasi un anno fa nelle Marche la stessa procedura è stata applicata per Federico Carboni, il primo italiano ad aver accesso al suicidio medicalmente assistito in Italia, anche se ha dovuto farsi carico delle spese per i macchinari necessari (5.000 euro), aiutato da una raccolta fondi.
La paziente di oggi è la seconda in Italia a ricevere il via libera per morire ma anche la seconda in Veneto dopo Stefano Gheller, costretto dalla distrofia muscolare a stare su una sedia a rotelle da quando aveva 15 anni e oggi è un 50enne felice di poter scegliere.
Ha ottenuto un anno fa la verifica delle condizioni per poter accedere al suicidio assistito ma ancora non intende farlo, è comunque felice che il suo problema e le sue difficoltà giornaliere – vive da solo nella sua casa di Cassola – siano stati riconosciuti legalmente.
In merito alla sua morte, Gloria ha detto di aver vissuto periodi pesanti che è riuscita ad affrontare solo con grande forza di volontà. Sapeva che si prospettavano periodi sempre più difficili e per questo ha preso una scelta altrettanto difficoltosa per preservare la sua dignità e smettere di combattere contro qualcosa con cui già aveva perso in partenza.
Situazione complicata anche per Federico Carboni, che tutti hanno conosciuto come Mario, 44enne di Senigallia che scrisse all’alba della morte medicalmente assistita, un messaggio simile a quello della 78enne, dicendo che la vita è bella ma la sofferenza è troppa.
Fu proprio lui a decidere di rivelare la sua vera identità dopo il decesso, avvenuto il 16 giugno del 2022 nella sua abitazione dopo essersi somministrato il farmaco letale attraverso un apposito macchinario. La procedura avvenne sotto il controllo medico del dottor Riccio e alla presenza di amici e familiari.
Il via libera arrivò dopo due anni dalla richiesta e dopo una lunga battaglia legale. Federico era tetraplegico da 12 anni, dopo un incidente stradale e più volte affermò di aver provato ad essere felice anche in quella condizione terribile ma poi la sofferenza ha pesato più della vita stessa.
Ci uniamo al dolore di queste persone e di tante che come loro ogni giorno lottano contro malattie e disabilità, sperando con il nostro piccolo contributo di diffusione delle notizie, di poter sensibilizzare coloro che ancora non riescono a capire l’importanza della morte che in questo caso è un gesto di liberazione e amore.