Ci ha lasciato oggi all’età di 97 anni Arnaldo Forlani, esponente di punta della Dc, di cui fu segretario per diversi anni.
È stato anche presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, della Difesa e delle Partecipazioni. Per 36 anni ha ricoperto la carica di deputato ma ci sono anche capitoli poco felici nella sua vita, infatti fu condannato per finanziamento illecito.
Classe 1925, Arnaldo Forlani è stato un esponente di spicco della Dc, partito di maggioranza che per più di 40 anni ha governato l’Italia. Nella sua carriera ha ricoperto diversi ruoli importanti nel panorama politico italiano, sicuramente però quello per cui è più conosciuto è come segretario per due diversi mandati, ovvero dal 1969 al 1973 e dal 1989 al 1992.
Per 36 anni ha ricoperto il ruolo di deputato, ma oltre a questo è stato più volte ministro (della Difesa, delle Partecipazioni e degli Esteri) e presidente del Consiglio anche se per meno di un anno, fra il 1980 e il 1981. Tuttavia è stato quello più longevo di sempre.
Forlani ha attraversato una fetta importante della politica italiana del Novecento, quella della Prima Repubblica, poi venne travolto dallo scandalo di Mani Pulite senza riuscire ad arrivare alla nuova fase repubblicana.
Dopo una vita travagliata che ripercorreremo nel prossimo paragrafo un po’ più nel dettaglio, Forlani, che avrebbe compiuto 98 anni a dicembre, si è spento serenamente nella sua casa di Roma e non sono state rese note ulteriori notizie sul decesso.
Fra i primi commenti ad arrivare dal mondo della politica, quello di Casini, che si è detto commosso per la scomparsa di un grande uomo, con cui ha avuto l’onore di collaborare.
“Ha servito la politica e non se ne è mai servito. Ha avuto soddisfazioni ma anche amarezze. Credo sia l’ultimo dei grandi protagonisti della Dc della Prima Repubblica, a cui dobbiamo dire grazie” ha detto con commozione.
Tanti i soprannomi che nel corso del tempo gli sono stati assegnati dalla stampa, come “coniglio mannaro”, “la tigre che dorme” e “manager tranquillo”. Vedovo dal 2015, aveva 3 figli: Alessandro che ha seguito per alcuni anni la carriera politica come il padre, Marco che ricopre il ruolo di amministratore delegato della BFC Media e Luigi.
Le nuove generazioni forse non conoscono il suo nome ma Arnaldo Forlani è stato un volto storico della politica italiana, associato alla Democrazia Cristiana perché è il ruolo che maggiormente lo ha definito nel corso della carriera.
Nel 1980 è stato presidente del Consiglio ma ha anche sfiorato la presidenza della Repubblica nel 1992, dove mancarono pochi voti per la sua elezione al Quirinale.
Ma facciamo qualche passo indietro. Forlani si laureò in Giurisprudenza all’Università di Urbino, poi giocò brevemente come calciatore professionista in serie C.
Era il lontano 1954 quando Forlani entrò a far parte della prima volta della direzione nazionale della Democrazia Cristiana, poi l’anno dopo arrivò il primo importante incarico, infatti divenne direttore dell’importante sezione “Studi, Propaganda e Stampa”. Prima però aveva avuto una breve esperienza nello stesso partito ma a livello provinciale, nella sezione di Pesaro, nel 1948.
All’inizio degli anni Sessanta diventa vicesegretario ma la svolta arriva nel 1968 quando diventa ministro, occupandosi delle Partecipazioni statali nell’esecutivo sotto la guida di Mariano Rumor. Anche nel governo successivo guidato dallo stesso uomo, è ministro ma poi dopo un breve periodo si dimette per diventare segretario della Dc fino al 1973. La stessa carica poi la ricoprirà dal 1989 al 1992.
Nel frattempo le esperienze come ministro non mancano: della Difesa dal 1974 al 1976, degli esteri dal 1976 al 1979 e poi vicepresidente del Consiglio nel governo Craxi fra il 1983 e il 1987.
Fra i suoi allievi c’è stato proprio Casini, che oggi lo ha ricordato con tanta commozione e che è uno degli eredi più importanti della Dc della Seconda Repubblica.
Nel 1992 avvengono due cose molto importanti, in primis viene sconfitto come presidente della Repubblica e poi finisce la sua carica di segretario del partito. Ma la vera uscita dal mondo della politica sarà decretata da Tangentopoli, infatti era fra gli imputati nel maxi processo Enimont. Si tratta del principale processo giudiziario della stagione Mani Pulite, ovvero una serie di inchieste che rilevarono un sistema fraudolento che coinvolgeva i politici e gli imprenditori italiani nella prima metà degli anni Novanta.
Nel processo Enimont le accuse parlavano di tangenti utilizzate per finanziare i partiti in maniera illegale e spacciati per titoli di Stato. La sentenza condannò Forlani a 2 anni e 4 mesi di reclusione per finanziamento illecito, pena che poi venne commutata in un periodo di affidamento in prova ai servizi sociali.
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