Silvio Berlusconi, il Cavaliere, il politico, il presidente (del Consiglio, di Forza Italia, del Milan, della Fininvest) è morto a 86 anni e qualche mese. Lui, il protagonista indiscusso della seconda Repubblica, si è spento questa mattina all’ospedale San Raffaele di Milano, dove era ricoverato dallo scorso venerdì, in seguito all’aggravarsi della leucemia che, in qualche modo, non gli ha dato scampo e che negli ultimi tempi lo aveva costretto a un dentro-fuori dalle stanze della clinica in cui era in cura.
Berlusconi era nato il 29 settembre del 1936 a Milano da una famiglia della piccola borghesia e fin dagli anni Sessanta si era distinto come imprenditore. Nel 1993 decise di scendere direttamente in politica, partecipando alle elezioni del 1994 e fondando Forza Italia. È stato il presidente del Consiglio della storia repubblicana rimasto in carica per più tempo, e due dei suoi quattro governi sono stati i più duraturi dalla fondazione della Repubblica. È stato anche il presidente di una squadra di calcio tra le più vincenti in Italia come il Milan, e il deus ex machina di un impero televisivo e editoriale come quello della Fininvest, che negli anni è riuscita a scalzare, con astuzia, il monopolio della Rai. È stato amato da molti, e odiato da altrettanti. È stato condannato e assolto. È stato un personaggio che ha segnato la nostra seconda Repubblica, e con lui, forse, si è chiusa un’era.
Perché c’è stato davvero di tutto nella vita di Berlusconi, morto oggi a 86 anni nella sua Milano in seguito all’aggravarsi di una leucemia che negli ultimi tempi lo aveva debilitato e costretto più volte a entrare e uscire dal San Raffaele. Ci sono stati i soldi, tanti, ci sono state le donne, croce e delizia, c’è stata l’imprenditoria, la televisione, la stampa, il calcio, ci sono state anche le vicende giudiziarie, i conflitti d’interesse, ma c’è stata soprattutto la politica, quella che, più di tutto, lo ha reso uno dei protagonisti – se non addirittura il protagonista – della seconda Repubblica, quella nata dalle ceneri di Tangentopoli, e che forse con lui, oggi, è morta, dicevamo.
Perché Berlusconi nel suo essere divisivo, irriverente, e persino divertente per alcuni aspetti, è stato anche una novità, nel modo di comunicare specialmente, ma anche nel modo di porsi, di raccontarsi e di farsi raccontare. È stato un personaggio sui generis che, in un modo o nell’altro, tutti abbiamo conosciuto, grandi e piccini, c’è chi lo odiato, e quindi ha provato in tutti i modi a combatterne il potere, e chi lo ha amato a tal punto da celebrarlo come un eroe – qualcuno si è presentato al di fuori della clinica per incitarlo con striscioni la penultima volta in cui era ricoverato.
Se è stata celebre la frase contro il deputato tedesco del Parlamento europeo Martin Schulz, a cui disse: “Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti: la suggerirò per il ruolo di kapò. Lei è perfetto!“, lo è stata anche l’ospitata nel programma di Michele Santoro, nel 2013, quando pulì la sedia in cui era seduto fino a quel momento Marco Travaglio, uno dei giornalisti che più di tutti hanno combattuto il suo potere, appunto.
Perché sì, è stato un leader, Berlusconi, innanzitutto, e lo è stato fin da quando ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro, ovvero quando sulle navi da crociera cantava e intratteneva i passeggeri con Fedele Confalonieri. Lo è stato quando ha vinto la sua battaglia per scalzare il monopolio televisivo della Rai, lo è stato quando ha preso in mano il Milan (e da tifoso dell’Inter, o per lo meno così si diceva) e lo ha portato sul tetto d’Europa per cinque volte. E lo è stato da presidente del Consiglio – specialmente perché il suo periodo da premier è stato il più lungo nella storia della Repubblica italiana (dal 1994 al 2011 è rimasto in carica per 3339 giorni).
Lo è stato anche nel momento in cui è stato interdetto dalle cariche istituzionali per essere stato condannato per falso in bilancio, e in silenzio (ma neanche così tanto) è riuscito a prendere la rincorsa per tornare ancora una volta a essere eletto prima come eurodeputato, poi come senatore. Perché è stato pure indagato diverse volte, alcune delle quali è stato assolto, altre il reato è caduto in prescrizione oppure nel frattempo sono cambiate le leggi che lo regolassero. E sì, perché tra le accuse mosse (fuori dai tribunali) nei confronti di quello che è stato il protagonista degli ultimi quarant’anni dell’Italia, c’erano quelle di usare il Parlamento per approvare delle norme ritagliate su di lui (i vari lodi, come quello Alfano o Schifani, solo per citarne due), ma non solo.
Berlusconi ha avuto in qualche modo contatti con Cosa nostra, quindi con la mafia, ed è stato anche un membro della loggia massonica Propaganda Due, P2, che forse lo ha aiutato nell’ascesa al potere, prima di tutto imprenditoriale.
È stato anche fedele, per lo meno con gli amici. Da Confalonieri a Marcello Dell’Utri, passando anche per Vladimir Putin, a cui anche durante l’invasione dell’Ucraina da parte delle sue forze armate non ha mai fatto mancare i regali e gli auguri per il compleanno, e soprattutto Adriano Galliani, suo braccio destro al Milan prima e poi al Monza, che ha contribuito a riportare in Serie A, il Cavaliere non si è mai dimenticato di chi gli è stato vicino.
Non lo è stato, però, con le donne che, come dicevamo prima, sono state in alcuni casi il suo tallone d’Achille. La prima moglie, da cui ha avuto Marina e Pier Silvio, è stata tradita con Veronica Lario, diventata a sua volta la consorte e madre dei suoi figli e contro cui ha dovuto combattere, in sede legale, per il mantenimento (e ha vinto lui), che lo accusò di dedicarsi troppo alle minorenni.
E minorenne lo era anche Ruby Rubacuori, al secolo Karima El Mahroug, quando si iniziò a indagare sulla cene eleganti di Arcore e per prostituzione minorile, fatto che è stato accertato non esistere pochi mesi fa, nel febbraio del 2023.
La storia pubblica di Berlusconi, però, è iniziata 60 anni fa quando, all’età di 27 anni e dopo essersi laureato in Giurisprudenza con 110 e lode alla Statale di Milano, fondò la società Edilnord, aprendo un cantiere a Brugherio, e facendola diventare una piccola città all’interno della metropoli meneghina che contava 4mila abitanti. Fu il primo mattone, in tutti i sensi, con cui costruì la sua carriera, e il successo che lo portò a essere, per Forbes, tra gli uomini più ricchi in Italia e anche nel mondo.
Fu soprattutto con Edilnord 2, e con l’acquisto di numerosi terreni a Segrate, dove è sorta Milano 2, a consacrarlo come imprenditore, tanto che dopo aver dato alla luce anche Mondadori, e aver iniziato a muovere i primi passi nel mondo delle televisione, viene anche nominato Cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica di allora, Giovanni Leone.
Ecco, la televisione. Ufficialmente la Fininvest, ovvero la holding che coordina tuttora tutte le attività dell’ex premier, nacque nel 1978, con Canale 5, che in realtà fu comprata da Berlusconi due anni prima sotto il nome di Telemilano. L’impero che oggi conosciamo si arricchì solo nel 1982 di Italia 1, comprata da Edilio Rusconi, e nel 1984 da Rete 4, rilevata dal gruppo Arnoldo Mondadori. E da lì iniziò anche il duopolio televisivo con la Rai, accompagnato anche da star strappata alla concorrenza a suon di milioni, e questo nonostante la legge vietasse alle reti privati di trasmettere su scala nazionale. Trovato l’inghippo, però, ci pensò il governo di Bettino Craxi a rendere le cose più facili al Cavaliere, con un decreto legge ad hoc che, nei fatti, legalizzava la situazione della Fininvest, mentre lui, nel frattempo, si espandeva anche in altri business rilevando il gruppo Standa.
Prima di continuare la sua scalata nel mondo dell’informazione, con l’acquisto negli anni ’90 di Mondadori e di Einaudi Editore, Berlusconi mise gli occhi sul Milan, una delle sue creature più vincenti che nell’epoca della sua presidenza, ovvero dal 1986 al 2004, vinse sette scudetti, cinque Champions League, quattro Supercoppe italiane, quattro Supercoppe europee, due Coppe intercontinentali e una Coppa Italia.
Sempre nel mondo del calcio, però, nel 2019 riuscì ad acquistare anche il Monza, la cui presidenza venne affidata al fratello Paolo. Con la squadra brianzola, il Cavaliere è riuscito a ottenere due storiche promozioni: la prima, nel primo anno, dalla Serie C alla Serie B, la seconda, avvenuta due anni più tardi, dalla cadetteria al nostro massimo campionato. Nel primo anno in Serie A, dopo un avvio non troppo semplice di stagione, gli uomini di Raffaele Palladino, subentrato in corsa d’opera a Giovanni Stroppa, arrivano undicesimi, battendo sia i campioni d’Italia, sia la Juventus e l’ex società del presidente.
Poi la politica, arrivata come una folgorazione, ma poi diventata il pane quotidiano dell’imprenditore milanese. Era il 26 gennaio del 1994, quasi trent’anni fa, quando attraverso un videomessaggio di nove minuti trasmesso sulle sue reti televisivi Berlusconi annunciò di volersi candidare alle elezioni con un nuovo partito, Forza Italia. Lasciando tutte le cariche di presidente che ricopriva in Fininvest – ma non quella di numero uno dei rossoneri -, il 27 marzo dello stesso anno, riuscì a vincere grazie anche a due alleanze distinte. Al Nord, infatti, si coalizzò con la Lega Nord di Umberto Bossi nel Popolo delle libertà, al Sud vinse anche grazie al Movimento sociale italiano di Gianfranco Fini con il Polo del buon governo.
La prima avventura a Palazzo Chigi di Berlusconi, tuttavia, durò poco – appena otto mesi -, mettendo insieme, però, Bossi, Fini e anche Pierferdinando Casini, nel 2000, diede vita alla coalizione della Casa delle libertà, che alle elezioni del 2001 riesce ad avere la meglio sul centrosinistra. Questo seconda avventura del Cavaliere a Palazzo Chigi durò arrivò fino alla fine della legislatura, anche se con due esecutivi differenti, ma a fine ciclo, pur pareggiando contro Romano Prodi e L’Ulivo (ma di fatto raggiungendolo nei sondaggi), non riuscì a confermarsi.
Poco male, perché nel 2007, durante un comizio in piazza San Babila, nella sua Milano, annunciò la creazione di un nuovo partito, il Popolo delle libertà, che metteva insieme tutte le anime che avevano composto il suo terzo governo. Alle politiche del 2008, furono ancora loro a spuntarle, e il Cavaliere tornò per la quarta volta a essere il presidente del Consiglio. Non andò a finire, però, come la precedente perché qualcosa si ruppe all’interno del nuovo partito, con Fini che venne quasi cacciato dal leader.
Nel 2011, dopo una pesante sconfitta alle amministrative, lasciò la guida della sua creatura ad Angelino Alfano, che ne diventò il segretario. Ma il peggio arrivò a novembre di quello stesso anno, quando fu costretto dall’Unione europea, a causa dei conti pubblici dell’Italia fuori controllo, a rassegnare le sue dimissioni da premier.
Nel 2013, come già successe nel 2006, non riuscì a tornare alla guida dell’esecutivo, ma riuscì comunque a essere eletto come senatore. Il seggio conquistato a Palazzo Madama durò poco, perché il primo agosto dello stesso anno, la Corte di Cassazione confermò la condanna della Corte d’appello per il processo Mediaset spedendo il Cavaliere in carcere per quattro anni (di cui tre ammortizzati dall’indulto e uno scontato con i servizi sociali, nella clinica “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone. La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, in questo caso, fece il resto, facendolo decadere dalla carica per effetto della legge Severino, tra l’altro approvato dal governo di Mario Monti che seguì al suo.
Potrebbe essere la fine dell’impero politico di Berlusconi, ma in realtà l’ex presidente del Consiglio non si diede per vinto, e con la ritrovata Forza Italia continuò a presentarsi alle consultazioni dei nuovi esecutivi, sia quello di Giuseppe Conte, e nel febbraio del 2021 anche per quello di Mario Draghi in cui il partito da lui fondato è stato fondamentale, soprattutto per la caduta dello stesso nel luglio del 2022.
Alle politiche successive, quelle di settembre, il Cavaliere (ma solo come nome, considerato che da tempo non lo è più), riuscì a tornare, dopo nove anni di assenza, in Parlamento, ancora una volta al Senato, con gli azzurri che riuscirono (e riescono tuttora) a tornare all’esecutivo, anche se a guidarlo stavolta è Giorgia Meloni. Già tre anni prima, in effetti, Berlusconi era tornato protagonista, perché grazie al Tribunale di Sorveglianza di Milano che lo riabilitò dalla pena per frode fiscale nel 2018, il 26 maggio 2019 riuscì a trovare un posto nel Parlamento europeo di Strasburgo.
Di molte luci e di altrettante ombre è stata costellata la vita di Berlusconi, che ci ha lasciato oggi a 86 anni, con un’eredità immensa per i figli, ma anche per il partito che senza di lui mai c’è stato. Difficile pensare che qualcuno possa incarnare i vizi (tantissimi) e le virtù degli italiani meglio di come ha fatto lui, difficile pensare che qualcun altro possa cambiare il modo di fare politica come ha fatto lui, ancora più difficile, però, è credere che un pezzetto grande della nostra storia non ci lasci assieme a lui. E ci saranno persone che piangeranno, e alcune che potrebbero vederlo come un sollievo.
Ci consenta, quindi, ma noi la salutiamo così: addio, Silvio Berlusconi, il presidente del Consiglio più italiano che sia esistito, ma quello che in molti non hanno mai meritato, nel bene e nel male.
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