Carlo Azeglio Ciampi, presidente emerito della Repubblica, è morto oggi, a Roma, all’età di 95 anni. Nato a Livorno, il 20 dicembre del 1920, si era laureato in Lettere all’Università Normale di Pisa. Successivamente aveva conseguito anche una laurea in Giurisprudenza. Nel 1946 entrò come funzionario ‘novello’ nella Banca d’Italia: sua prima mansione fu quella di protocollare la posta in entrata e ricopiare tutta quella in uscita.
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Nell’istituto di via Nazionale compì una vera e propria scalata gerarchica, arrivò infatti a essere direttore generale e infine governatore, carica che ha rivestito per quattordici anni consecutivi, fino al 1993, anno in cui divenne Presidente del Consiglio. Solo un anno prima, nel ’92 dovette affrontare un grave attacco alla lira, che in quel frangente perse il 20% del suo valore.
Ciampi divenne Presidente del Consiglio in un momento estremamente delicato per il Paese, sia dal punto di vista politico (dopo Tangentopoli), che finanziario (appunto dopo la maxi-svalutazione della lira).
(Discorso di Ciampi ai giornalisti: ‘Mi raccomando: la schiena sempre dritta’)
Fu fortemente voluto dal presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, che nel pieno del caos tangentopoli, era in cerca di un personaggio forte, che potesse riportare un po’ di equilibrio nei conti pubblici e si occupasse di varare una nuova legge elettorale, prima del ritorno alle urne.
Ciampi restò in carica per soli 377 giorni e il suo fu il primo governo tecnico dell’Italia.
Sul piano economico Ciampi diede anche il via alla privatizzazione di diverse imprese pubbliche.
Alla fine del suo mandato tecnico, Ciampi divenne ministro del Tesoro nel governo di Romano Prodi nel 1996 e in quello di Massimo D’Alema.
Il 13 maggio del 1999 fu eletto Presidente della Repubblica: in questa carica si guadagnò un vastissimo consenso tra gli italiani, tanto da diventare uno dei presidenti più amati.
Indimenticabile il suo ultimo messaggio di capodanno, nel 2005, prima della fine del suo mandato.
Negli anni del berlusconismo rampante, Ciampi si distinse per avere rifiutato di firmare alcune leggi ad personam o di manifesta incostituzionalità, come ad esempio la legge Gasparri per le frequenze televisive e la riforma Castelli dell’ordinamento giudiziario.
Il suo successore Giorgio Napolitano fu attaccato dalla stampa avversa a Silvio Berlusconi, e dallo stesso Ciampi, che lo accusavano di lasciar passare leggi ad personam. Nel 2009 Ciampi rilasciò a questo proposito un’intervista al quotidiano la Repubblica e senza mai nominare Napolitano affermò “Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l’unica regola da rispettare sia quella del “quantum potes”: fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti”.
E poi, nel corso della stessa intervista, una stoccata proprio a Berlusconi: “Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar, uscito un paio d’anni fa, nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come gli estremi di un pendolo: da una parte Ciampi, l’uomo che difende le istituzioni, e dall’altra parte Berlusconi, l’uomo che delegittima le istituzioni. Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla perfezione quello che penso. Io ho vissuto tutta la mia vita nelle istituzioni e per le istituzioni, che sono il cuore della democrazia. E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini, le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni. Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro passioni civili, i loro ideali di democrazia. Ed io, oggi, è proprio questo che vedo mancare in chi ci governa…”
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