Rudy Ruzza, il bassista degli Statuto, è morto a 61 anni: era malato da tempo, ma nessuno si aspettava che sarebbe scomparso proprio adesso. Fino a un paio di mesi fa era in sala prove e stava programmando, insieme alla sua band, un lungo tour che avrebbe dovuto avere inizio ad aprile.
Rudy Ruzza è morto a 61. La sua band è più che addolorata (comprensibilmente) per la sua scomparsa, soprattutto alla luce del fatto che nessuno si aspettava che sarebbe successo tutto così velocemente. Il bassista era malato, sì, ma fino a pochissimi mesi fa sembrava essere pronto a partire per un lungo tour con i suoi colleghi. Poi la scomparsa improvvisa. Di lui restano – resteranno sempre – i suoi lavori, la sua musica, il suo talento.
Rudy Ruzza, la sua carriera con gli Statuto
“Nella notte è venuto a mancare Rudy. Non abbiamo parole, solo dolore“. Questo messaggio è comparso sulla pagina Facebook degli Statuto. Rudy, ovviamente, è Ruzza, lo storico bassista della band, che ha accompagnato gli altri componenti – Oscar Giammarinaro (oSKAr), cantante, Giovanni Deidda (Naska), batteria, Enrico Bontempi, chitarra, Gigi Rivetti, tastiere, Marco Milano, Tromba, Tiziano di Sansa, Saxofono – lungo ogni tappa del loro percorso, ricco di successi, soddisfazioni, amore da parte del pubblico.
A dire la sua sulla scomparsa di Rudy è stato anche Francesco Venuto. manager della band, che ha scritto: “Rudy Ruzza è sempre stato fatalista, e sull’argomento ci abbiamo sempre riso su. Appena avremo aggiornamenti su luogo e orari (dei funerali, ndr), li scriveremo sulla pagina degli Statuto”.
Ma esattamente quando il bassista subentrò nella band? Non tutti ricordano l’esatto momento, arrivato dopo una serie di vicissitudini, di cambi di line-up, di eventi, in cui tornò, questa volta per restarci. Tutto partì nel 2010. Circa sei anni prima – nel 2004 precisamente – gli Statuto avevano deciso di non suonare più nella città di Torino: partì allora quello che in molti ricordano come autoesilio, arrivato in seguito alla sua idea che i cosiddetti poteri forti stessero boicottando la cultura e la musica. L’ultimo evento live che aveva visto, quell’anno, la band esibirsi erano stati i Traffic Festival. Il primo evento del 2010 – dopo anni trascorsi comunque a suonare e a incidere singoli e album – in cui tornarono a esibirsi nel capoluogo piemontese quale fu? Il Traffic – Torino Free Festival presso la Reggia di Venaria.
Quell’anno però c’era una differenza: non erano soli sul palco, perché accanto a loro vi erano anche i The Specials e Paul Weller. L’autoesilio era finito ormai, ma per la band qualcosa era cambiato. Dove si riflettono i cambiamenti per i musicisti? Sulle canzoni, certo, ma anche sulla formazione.
E infatti fu proprio quello l’anno in cui gli Statuto decisero di dire addio – almeno dal vivo – a fiati e tastiere – rivisitando così tutti i pezzi sia vecchi che nuovi – e di ridurre quindi il line up a soli quattro membri: rimasero così solo Giammarinaro alla voce, Deidda alla batteria, Piovesani al basso e Giambelli alla chitarra.
I cambiamenti, però, non erano finiti. L’anno dopo, infatti, complice il progetto parallelo Piper Club, che vedeva Oskar, Naska, Rudy Ruzza ed Alex Loggia reinterpretare alcuni successi degli anni ’60, la band decise di allargarsi nuovamente e di fare spazio ai suoi colleghi: da quattro, così, i componenti passarono a otto e da allora – parliamo di circa dodici anni fa – quasi nulla è cambiato più.
Da quel momento, se volessimo riassumere brevemente quello che è successo nella carriera degli Statuto, dovremmo parlare del tredicesimo album degli Statuto, Un giorno di festa, pubblicato il 30 aprile del 2013, del tour Sempre in trasferta organizzato tra il 2014 e il 2015 in giro per l’Italia, ma anche per la Svizzera e la Germania, dell’inedito Ci pensa Fonzie (etichetta 2toni) – presentato con scarso successo alle selezioni per il festival di Sanremo l’anno precedente – del primo maggio a Roma lo stesso anno, di Amore di classe, il primo e unico concept album che ruota intorno a una storia d’amore travagliata e di Zighidà, pubblicato nel 2017.
Arriviamo al 2023. Sono circa sei anni che la band non pubblica nuovi lavori, ma questo non significa affatto che sia stata inattiva, anzi. In questi anni, però, Rudy Ruzza si è ammalato, ha tentato con tutte le sue forze di sconfiggere la malattia e, sia chiaro, non ha perso assolutamente: ha solo dovuto mollare la presa e lasciar andare la vita, divenuta ormai segnata dal dolore.
Ma c’è una parte della sua carriera troppo poco discussa: il suo lavoro senza gli Statuto, altrettanto importante.
La sua carriera con altre band
Rudy Ruzza aveva 61 anni e di anni di carriera alle spalle ne aveva più di 30. Di quello che ha fatto insieme agli Statuto abbiamo parlato abbondantemente, ma non tutti sanno – e devono sapere però – che di musica ne ha suonata anche con altre band.
Era il 1999: un giovane – neanche quarantenne – Ruzza aveva creato i Beat Power, una formazione musicale nata con la chiara voglia di rievocare le atmosfere del beat italiano degli anni 60-70, contaminandole con il rock. Il bassista in precedenza aveva già suonato con gli Statuto – nel ’92 avevano partecipato anche al Festival di Sanremo – e da loro è sempre tornato.
Quello che lascia davvero tanta amarezza, però, è che il 28 gennaio – quindi solo un paio di mesi fa – Rudy aveva registrato, al Cap10100, un album dal vivo per i 40 anni di carriera della sua band. E non solo, perché era pronto a partire per un tour – che avrebbe toccato praticamente tutta la penisola – e aveva voglia di suonare dal vivo il più possibile. La prima data era già stata fissata: 25 aprile. Il palco sarebbe stato Correggio, in provincia di Reggio Emilia, e la line-up, per l’occasione, sarebbe ritornata a comprendere anche fiati e tastiere, come i vecchi tempi. Mancava meno di un mese al (primo) attesissimo evento, la band era contentissima di quello che sarebbe accaduto quest’anno. E invece tutto è cambiato.
Nel frattempo sulle pagine social degli Statuto sono arrivati centinaia di messaggi da parte di tantissimi fan provenienti da tutta l’Italia, a indicare quanto fosse amato Rudy. Non resta che attendere, quindi, per avere qualche notizia in più riguardo i funerali.