Si procede spediti alla formazione del nuovo governo. Dopo l’incontro del disgelo tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi a via della Scrofa, nella sede di Fratelli d’Italia, oggi deputati e senatori eleggeranno i capigruppo, passaggio burocratico utile per l’inizio delle consultazioni, che porteranno poi la premier in pectore a ricevere l’incarico dal capo dello Stato, Sergio Mattarella.
C’è, però, un ulteriore nodo che prima dovrà essere sciolto, ed è quello che riguarda i vicepresidenti di Camera e Senato, che sono quattro sia a Montecitorio, sia a Palazzo Madama. Carlo Calenda, frontman del terzo polo e fondatore di Azione, ha detto che i suoi non parteciperanno al voto, poi Ettore Rosato ha attaccato Partito democratico e MoVimento 5 stelle perché, secondo lui, si sono spartiti le cariche che andranno all’opposizione.
La squadra di governo del centrodestra è quasi pronta, mancano solo alcuni dettagli ma in linea di massima Giorgia Meloni sarà pronta (presumibilmente) venerdì, quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, le affiderà l’incarico per formare l’esecutivo che lei accetterà con riserva, come da prassi.
Ecco, al di là delle idee su chi debba sedere nei vari ministeri, manca solo un ultimo passaggio burocratico: quello delle elezione dei capigruppo alla Camera e al Senato dei vari schieramenti. Non un passaggio di poco conto perché saranno loro che accompagneranno i leader dei partiti dal capo dello Stato per il giro di consultazioni, anche queste previste dalla Costituzione.
Fratelli d’Italia ha deciso di confermare i capigruppo uscenti, quindi saranno Francesco Lollobrigida a Montecitorio e Luca Ciriani a Palazzo Madama a guidare l’esercito dei 185 parlamentari che sono stati eletti il 25 settembre dagli italiani (119 sono deputati e 66 sono senatori). Per quanto riguarda, invece, la Lega di Matteo Salvini, anche qui nessuna novità: Riccardo Molinari, che per qualche giorno ha assaporato l’idea di essere il presidente della Camera, guiderà ancora i 66 deputati del Carroccio, mentre al Senato il compito sarà affidato ancora a Massimiliano Romeo, che dovrà guidare 29 senatori.
In un comunicato, poi, Forza Italia ha reso noto chi saranno i suoi. A Licia Ronzulli, il seme della discordia (anche se lei ha negato) tra Silvio Berlusconi e la premier in pectore, verranno affidati i 18 senatori (compresa lei), e alla Camera, anziché Paolo Barelli, ci sarà Alessandro Cattaneo alla testa dei 44 eletti. Per il senatore di Noi Moderati e Coraggio Italia (uno ciascuno) e i sette deputati del partito di Maurizio Lupi si prevede l’ingresso al gruppo misto, di cui ancora non si sa chi dovrebbero essere i capigruppo.
Se le cose nella maggioranza sono delineate, nei gruppi dell’opposizione ci sono ancora qualche perplessità, anche perché i vari capigruppo avranno un ruolo fondamentale nell’elezione degli Uffici di Presidenza del Parlamento, e quindi soprattutto dei vicepresidenti di Camera e Senato, che saranno quattro per ramo.
In linea di massima, il Partito democratico di Enrico Letta metterà due donne, ci potrebbero essere le conferme di Debora Serracchiani a Montecitorio per guidare i 69 deputati e di Simona Malpezzi a Palazzo Madama per i 29 senatori, ma tutto dipenderà, appunto, dagli equilibri per le vicepresidenze. In lizza, dunque, ci sarebbero anche Anna Ascani alla Camera e Valeria Valente o Anna Rossomando al Senato.
Nel MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte, l’ultima parola spetterà proprio all’ex presidente del Consiglio ma è quasi certo che, anche qua, la scelta ricadrà sugli stessi capigruppo della passata legislatura. Francesco Silvestri guiderà i 52 deputati e Mariolina Castellone sarà alla testa dei 28 senatori. Ultimo il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi che aveva già fatto le proprie scelte all’indomani del voto: alla Camera, ci sarà Matteo Richetti come capogruppo dei 21 deputati, mentre Raffaella Paita guiderà i nove senatori.
Gli Uffici della Presidenza, dicevamo. A comporre il quadro per il funzionamento dei due rami del Parlamento, infatti, serve ancora l’elezione di quattro vicepresidenti, tre questori, otto segretari e un segretario generale senza diritto di voto, sia alla Camera, sia al Senato. La scelta arriverà probabilmente domani.
Berlusconi, fatto fuori dal gioco (quasi al massacro) sulle due presidenze – che sono andate a Ignazio La Russa a Palazzo Madama e Lorenzo Fontana a Montecitorio -, ora reclama per i suoi un ruolo da vicepresidente, ma la stessa cosa vale per Pd e M5s, che vorrebbero anche un questore per parte. Ed è proprio qui che si sta consumando uno scontro tra i due schieramenti e il terzo polo.
In un’intervista al Tg1 Mattina, oggi Calenda ha lanciato delle accuse ben precise ai leader dem e pentastellato: “Chi se ne importa delle vicepresidenze, non condizionano più di tanto“, ha iniziato il fondatore di Azione salvo poi rimarcare come il segnale sia politico, perché gli altri due partiti dell’opposizione “si mettono d’accordo per prendere tutte le cariche“.
Per l’ex europarlamentare e candidato sindaco di Roma, il Partito democratico “ha scelto, la discussione era Conte o Calenda e ha scelto Conte, legittimamente“. Non solo: “È confermato anche nei colloqui che abbiamo avuto, si è rinsaldato il legame che si era rotto. Me lo aspettavo“. Quanto ai voti che potrebbero arrivare dalla maggioranza per un candidato del terzo polo, ha escluso che si possa arrivare a questa soluzione. “A quest’ora non parteciperemo al voto“, ha detto ancora.
Il frontman del terzo polo ha poi concluso dicendo che alle consultazioni con Mattarella, in cui non ci sarà Renzi perché impegnato all’estero – e il suo posto lo prenderà la presidentessa Teresa Bellanova, “metteremo sul piatto che c’è un tema, una opposizione che ha preso quasi l’8%, che è crescita, sopra Forza Italia e Lega, non ha alcuna figura di garanzia“.
Sulla questione è intervenuto anche Ettore Rosato, padre della legge elettorale Rosatellum e coordinatore nazionale di Italia Viva. Entrando alla Camera, il deputato renziano ha rimarcato come “Pd e Cinque stelle hanno deciso di prendere tutto, senza tener conto che le opposizioni sono plurali, che c’è un terzo polo e va rispettato il principio per cui tutte le opposizioni hanno una rappresentanza nei vertici delle vicepresidenze“.
“La decisione di non concordare uno spazio anche a noi sarà difficile da recuperare nel futuro e si assumono una grandissima responsabilità“, ha sottolineato ancora. Il problema non è tanto “la sedia o la poltrona” ma, appunto, la rappresentanza. L’ex vicepresidente di Montecitorio (anche presidente reggente all’inizio della legislatura) ha concluso spiegando come “laddove ci saranno dei momenti per unire le opposizioni ci uniremo, ma per principio ogni opposizione farà la sua strada e noi saremo intransigenti con la maggioranza, e non nei decibel degli urli ma nella sostanza dei provvedimenti“.
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