E se al posto del reddito di cittadinanza ci fosse il reddito di salute? La proposta c’è, l’ha fatta la Fondazione Farefuturo nel corso di un convegno alla Camera dei deputati con esperti, politici e addetti ai lavori. Si tratta di un sostegno economico mirato per le spese sanitarie che attualmente sono pagate di tasca propria dagli italiani. Per avere un’idea della spesa, nel 2017 sono state 150 milioni le prestazioni sanitarie pagate dagli italiani, per una spesa complessiva di circa 40 miliardi di euro.
“Il reddito di salute potrebbe essere realizzato da subito e senza alcuna controindicazione, eventualmente anche attraverso un voucher di scopo con il quale finanziare un’assicurazione sociale integrativa, così come ad esempio già avviene da anni in Francia per tutti coloro che ancora non dispongono di una polizza o di un fondo sanitario”, spiega la Fondazione.
“Secondo diverse ricerche di settore l’accesso alle cure private mediante una polizza o un fondo sanitario garantirebbe al cittadino un risparmio medio di quasi 245 euro”. “Questa è una proposta che riguarda un articolo della Carta costituzionale, un diritto dei cittadini e i nuovi bisogni di cura: un parte significativa della popolazione si sta già curando fuori dal Ssn. Con il ‘reddito di salute’ si ridurrebbero le disuguaglianze tra aree ricche e povere. E’ una necessità e non un interesse”, ha affermato Adolfo Urso, presidente di Farefuturo.
“La spesa sanitaria di tasca propria (‘out of pocket’) è la più grande forma di disuguaglianza in sanità poiché mette i cittadini nella condizione di poter accedere alle cure solo in ragione della propria capacità reddituale. Tale fenomeno, che ormai rappresenta comunque un elemento strutturale del sistema sanitario complessivo del nostro Paese, può essere normalizzato garantendo ‘una dimensione sociale’ alla spesa sanitaria privata attraverso l’avvio anche in sanità di un ‘secondo pilastro’ su base istituzionale, ovvero per tutti i cittadini”, sostengono gli esperti.
Lo spiegano i promotori: “Attraverso la disponibilità per tutti i cittadini di una polizza sanitaria o di un fondo sanitario integrativo, si potrebbe realizzare un effettivo affidamento in gestione della spesa sanitaria privata a un sistema ‘collettivo’ a governance pubblica e gestione privatain grado di assicurare una ‘congiunzione’ tra le strutture sanitarie private (erogatori) e i cosiddetti ‘terzi paganti professionali’ (le forme sanitarie integrative appunto) con una funzionalizzazione della spesa sanitaria privata alla tutela complessiva della salute”.
Per quanto riguarda i costi ci sono diverse ipotesi. Una prima fonte di finanziamento “Potrebbe arrivare dalla riconversione del rimborso che lo Stato eroga per le detrazioni delle spese sanitarie – si suggerisce – queste somme potrebbero avere un impiego più proficuo per finanziare l’avvio di un secondo pilastro anche in sanità. Con risultati indiretti, peraltro, anche sul fronte delle entrate”.
“Poi si potrebbe puntare sui Fondi sociali europei dove si potrebbe recuperare una dotazione aggiuntiva compresa tra 7 e 10 mld. Quindi aderire a una forma sanitaria integrativa, grazie al reddito di salute o al voucher per l’associazione sociale integrativa, potrebbe costare al cittadino poco più di 50 centesimi al giorno, con una contestuale riduzione dei costi sostenuti per le cure pagate di tasca propria di oltre il 50%”.
In collaborazione con AdnKronos
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