Dopo Luciana Littizzetto, a finire nel mirino dei social di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, vicepremier e leader della Lega, è stata Elly Schlein, la deputata del Partito democratico che è anche candidata alla corsa per la segreteria dei dem. Ecco, nel suo programma, da sottoporre prima al partito, poi agli elettori (del partito), l’ex vice governatrice dell’Emilia Romagna ha messo anche due temi molto divisivi: la tassa di successione progressiva e la legalizzazione della cannabis.
Per il Capitano, sempre prontissimo ad aizzare la folla di destra contro i cosiddetti “sinistroidi”, “più tasse e più canne” (modo piuttosto sbrigativo di liquidare la questione) sarebbero il modo in cui il Pd vuole aiutare gli italiani, tanto che si è chiesto (lui o chi per lui): “Si ride o si piange?“.
Al di là del modo – che è sempre lo stesso – di screditare l’avversario, politicamente parlando, nei fatti ha davvero ragione Salvini o, forse, la proposta della candidata alle primarie ha un senso, specialmente per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis? La risposta di Schlein al ministro del governo di Giorgia Meloni sarebbe già sufficiente di per sé, perché loro, ha scritto sempre su Twitter, “intanto ci preoccupiamo di non far ridere le mafie“.
E dello stesso avviso è anche Marco Furfaro, portavoce della mozione nazionale della leader di OccupyPd, che ha sviscerato anche i numeri. Il solo fatto che, infatti, le canne, come ha scritto il vicepremier, non siano legali non significa che nessuno se le faccia, anzi. “Se il proibizionismo fosse la soluzione, non esisterebbero 6 milioni di consumatori di cannabis e le mafie non guadagnerebbero 6 miliardi di euro. Il proibizionismo, caro Salvini, consegna milioni di persone alla criminalità organizzata. Legalizzare, invece, significa liberarle“, ha spiegato.
Il tema non è la prima volta che arriva all’attenzione del “pubblico”, meglio: dell’elettorato. Effettivamente il Carroccio è il partito che più si è speso affinché il disegno di legge per cambiare le cose presentato dal deputato di +Europa Riccardo Magi e Caterina Licantini, all’epoca nel partito di Luigi Di Maio, non venisse approvato dal Parlamento, dopo l’okay della commissione Giustizia, per altro.
Anche in occasione della proposta del referendum, poi bocciato dalla Corte costituzionale, Salvini e i suoi alleati si erano detti contrari alla legalizzazione della cannabis nonostante i segnali da parte degli italiani suggerissero il contrario: all’epoca le 500mila firme necessarie per la proposta furono raccolte in meno di una settimana.
In campagna elettorale, poi, la Lega era stato l’unico partito che si era detto esplicitamente contro la legalizzazione perché, per loro, la droga è morte, e facendo un calderone di sostanze stupefacenti che ha ragion di esistere, sempre per loro, perché dalla cannabis si passa poi all’utilizzo di droghe più pesanti.
Ma tornando ai numeri, quanto c’è di vero nelle parole di Furfaro? Stando alle stime dell’Istat, sono effettivamente sei i milioni di italiani che consumano abitualmente o no marijuana o simili illegale. Un mercato che, se regolamentato, dice uno studio di Marco Rossi dell’università La Sapienza di Roma, porterebbe nelle casse dello Stato 7 miliardi di euro, creando persino 35mila posti di lavoro.
E in effetti, le proiezioni combaciano perfettamente con quelle presenti nella relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze, che spiegano che le sostanze stupefacenti, compresa la cocaina, muovono attività per 16,2 miliardi di euro, in cui il 39% arriva proprio dalla cannabis.
In Italia, secondo la Relazione Europea sulla Droga (EDR), il 20,9% delle persone in età tra i 15 e i 34 anni ha consumato erba nell’ultimo anno, e si colloca anche sul podio in Europa, preceduta solo da Repubblica Ceca e Francia.
Ma ci sono anche dei rischi derivanti dal proibizionismo, non solo vantaggi derivanti dalla legalizzazione. Quelle che Schlein chiama mafie, infatti, sempre stando a quanto dicono dalla relazione, pare stiano utilizzando fiori di canapa industriale, meno costosi e anche legali da produrre, alterandoli con cannabinoidi sintetici e ingannando così i consumatori per il proprio profitto, ma anche esponendoli a prodotti contaminati che in alcuni casi possono essere letali.
Per quanto riguarda, poi, il solo aspetto della criminalità organizzata, anche la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNA) si era espressa a favore di una legge per la legalizzazione, e per un problema collaterale: il sovraffollamento delle carceri. Solo nel 2021, le operazioni di polizia finalizzate al contrasto del mercato illegale di cannabis e hashish sono state 10.851, che ha portato a 12.371 denunce, la metà finite in arresti.
Quasi un terzo della degli ingressi in carcere (e su un totale di oltre 36mila persone) sono stati causati da imputazioni o condanne relative al traffico di stupefacenti, ma non si sa di che tipo. Sicuramente, quasi il 35% dei detenuti (nel 2021) era detenuto per reati relativi alla droga, e non è difficile credere che tra questi c’era anche chi spacciava quelle cosiddette leggere.
Bisogna fare un discorso diverso se si parla di cannabis per motivi medici. È impossibile, infatti, non considerare i suoi scopi terapeutici che poi sono i più rilevanti se si parla di legalizzazione e, quindi, di una più facile reperibilità del prodotto. Infatti, anche se in molti non ne sanno così tanto a riguardo – un po’ per tabù sociale, un po’ perché l’ipotesi sembra strampalata ancora a un gran numero di pazienti – il suo utilizzo come un vero e proprio medicinale è utilizzato in Italia già da alcuni anni. Innanzitutto, il preparato usato per lenire le sofferenze da malattie è composto da THC al 5-8% e da CBD 7,5-12%.
Inoltre, deve essere prodotta in conformità alle direttive europee in materia di medicinali e soprattutto mediante un processo produttivo controllato, quindi attraverso un’officina farmaceutica autorizzata dall’Aifa. Tutti questi passaggi fanno già intendere come la cannabis non possa essere intesa solo come droga per sviare o, per alcuni, deviare i ragazzi, ma come una risorsa fondamentale per chi soffre. Alcuni farmaci contenenti THC fino al 19% vengono anche messi regolarmente sul commercio come un normale galenico, ma questa è un’altra storia.
Ci sono, inoltre, diverse modalità di assunzione, tutte regolate in maniera specifica a livello medico. Si può optare per un decotto, per degli oli o anche per via inalatoria, ma in quel caso bisogna utilizzare dei vaporizzatori specifici. Anche per le vie di somministrazione, è tutto molto controllato, da quanta acqua bisogna utilizzare, ai tempi di assunzione fino al metodo con cui preparare il decotto.
La principale funzione che ha la cannabis per la coorte di persone scelte è sicuramente quella di alleviare il dolore. Probabilmente è superfluo sottolineare che per i pazienti oncologici, in alcuni casi, è estremamente utile, ma anche per tutti colori che patiscono dolori o patologie croniche come nel caso di lesioni del midollo spinale o sclerosi multipla. Un altro aspetto molto interessante è il fatto che la cannabis possa contrastare diversi affetti avversi della chemioterapia o della radioterapia, ma anche delle terapie che solitamente vengono somministrate per l’HIV.
Già capite quanto comunemente si sappia poco dell’utilizzo a scopo terapeutico. Anche perché i decotti si effettuano anche per altre patologie che ormai non hanno affatto una bassa incidenza nella popolazione italiana: si pensi alla fibromialgia che causa molto dolore a chi ne soffre e spesso fin dalla giovane età, ma anche per le malattie reumatiche in generale, dall’artrosi alle varie forme di artriti. Ricordiamo anche che la cannabis è utile per stimolare l’appetito per chi patisce disturbi alimentari, come cachessia, anoressia o ancora per i pazienti oncologici. La cannabis favorisce anche il calo della pressione arteriosa per chi ha un glaucoma resistente alle terapie convenzionali. Può essere utile, infatti, addirittura per la sindrome di Tourette.
Proprio per questa ragione, la possono utilizzare medici con indirizzi diversi, visto che può essere di spettanza degli anestesisti, di chi si occupa di terapia del dolore ed è anche un’opzione per reumatologi, anestesisti, oncologi, oculisti e specialisti nelle cure palliative. La prescrizione, in molti casi, viene effettuata direttamente in ospedale e le cure possono andare avanti per sei mesi. Tutto perfetto, allora? Non proprio, perché molti pazienti hanno bisogno di dosi decisamente più elevate e a questo punto sorge un problema di reperibilità notevole, ma anche di costi. C’è chi si affida all’estero, chi si avventura in viaggi spesso costosi e poco proficui, chi spende migliaia di euro pur di constatare miglioramenti nel dolore che prova.
Ovviamente non stiamo scrivendo che l’utilizzo della cannabis sia la panacea di tutti i mali. In alcuni casi può rivelarsi una terapia inefficace, in altri può dare un’ampia gamma di effetti collaterali. La sua somministrazione, inoltre, deve essere attentamente monitorata perché, se si ha di fronte pazienti con una storia psicologica difficile e con una tendenza alla compulsività, la sua prescrizione può rivelarsi un boomerang. Ma se, invece, per molte persone il suo utilizzo è così decisivo per trascorrere una vita migliore, perché privarli di una risorsa terapeutica ingabbiata da retaggi sociali e tradizionalismi?
A dimostrazione del sempre più frequente uso a scopo terapeutico, riportiamo i dati degli ultimi anni. L’esportazione olandese di fiori di cannabis medicinale sta crescendo in maniera esponenziale. Un punto fondamentale nella catena del centro-Europa è quello dei coffeeshop che contano vendite di quantità enormi di prodotto a turisti e visitatori ogni anno. Ovviamente mantenendosi in un’area grigia della legge, se così si può definire. In questo caso, però, parliamo di cannabis medicinale e stavolta è direttamente l’Olanda che si preoccupa di produrne ed esportarne moltissima. A conti fatti, vista la richiesta crescente, dal 2018 la suddetta produzione è praticamente raddoppiata. Andando a ritroso, nel 2010 si parlava di solo 19 kg. Già tra il 2016 e il 2017, però, si è verificato un aumento impressionante (da 481 kg a 1045 kg). Da lì in poi i numeri sono cresciuti a dismisura e a salti da mille kg l’anno: se nel 2018 si parlava di 2051 kg, nel 2021 si è arrivati addirittura a 3700 kg.
Una tendenza che non pare affatto destinata a invertirsi e che rappresenta il bisogno di tantissime persone. Un bisogno che uno Stato come l’Italia, uno Stato che ha uno dei sistemi sanitari migliori al mondo, ha il dovere di ascoltare e bisogna puntare il dito verso la politica se si vogliono delle risposte in tal senso. Ben vengano gli scontri ideologici e identitari, ben venga il dibattito, le risate immotivate e la raccolta dei dati. Se ne parli, com’è giusto che sia in uno Stato democratico, ma poi si decida di stare dalla parte dei più deboli. Si scelga il totem a dispetto del tabù. Senza preconcetti di sorta che di fronte alla sofferenza e alla scienza dovrebbero crollare e spalancare le porte della ragione disperata e cosciente.
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