Continua senza sosta la guerriglia in Sudan. Oggi si è completata l’evacuazione del personale dell’ambasciata degli Stati Uniti. Diversi Paesi stanno tentando di far uscire dallo Stato i loro cittadini, tra loro anche la Francia sta tentando di mettere in salvo dagli aspri combattimenti i loro connazionali.
I media americani hanno fatto sapere, grazie ad alcune fonti, che gli Stati Uniti sono riusciti a completare l’operazione di evacuazione del personale della loro ambasciata e delle relative famiglie dal Sudan. L’operazione è riuscita grazie all’uso di un aereo militare, ma non è stato reso noto dove sia ora diretto. Diversi Paesi in questi giorni stanno portando in salvo i loro cittadini dal Paese in guerra.
Non sono solo gli Stati Uniti a voler mettere in salvo i loro dipendenti delle ambasciate. La stampa americana ha oggi reso noto come sia terminata con successo l’evacuazione di centinaia di loro dipendenti e connazionali dall’ambasciata in Sudan. Il personale con le rispettive famiglie ha lasciato il Paese grazie all’ausilio di un aereo militare. Per ora non è noto dove siano diretti.
Anche la Francia è impegnata in queste ore per trasferire i suoi cittadini, e come fa sapere il Ministero degli Esteri, è iniziata un'”evacuazione rapida” per portarli lontano dal Paese africano dove da ormai due settimane sono in corso combattimenti anche per le strade delle città.
Sebbene il principale aeroporto del Sudan rimanga al momento chiuso, molti Stati stanno organizzando la fuga di migliaia di connazionali, inclusa l’Italia. La situazione è drammatica, poiché la guerriglia non accenna a placarsi e le strade sono diventate un campo minato.
Pochi minuti fa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha voluto rincuorare tutti, intervenendo sulla questione dal Salone del Mobile di Milano: “I nostri connazionali sono stati tutti contattati, anche durante la nottata, dall’unità di crisi del ministero, sono stati chiamati uno per uno, stanno tutti bene e raggiungeranno la nostra ambasciata. Di più non posso dire per ragioni di sicurezza e perché si tratta di un’operazione militare e non voglio metterla a repentaglio”.
L’Rsf, una delle due fazioni in lotta, ha tuttavia promesso “piena cooperazione con tutte le missioni diplomatiche, fornendo tutti i mezzi di protezione necessari e garantendo il loro ritorno sicuro nei loro Paesi”.
Da due settimane a questa parte il Sudan brucia, letteralmente. Motivo di tanta violenza, lo scontro tra l’esercito nazionale guidato dal generale Abdel-Fattah Al-Burhan e quelle delle Fsr, ovvero le Forze di sostegno rapido capitanate da Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemedti.
Motivo scatenante della guerra, l’integrazione delle forze capitanate da Dagalo nell’esercito regolare, quest’ultimo titolare di un notevole potere non solo governativo ma anche economico. Tuttavia, Burhan ha mostrato di essere poco propenso a dare tale forza alle truppe del generale, e ciò ha scatenato forti attriti e tensioni.
Proprio Burhan e Dagalo, nel 2021, hanno organizzato assieme un colpo di Stato che ha portato alla caduta di un governo composto da civili, e il primo ha preso il posto di presidente dello Stato, il terzo più grande dell’Africa. Dugalo, a capo di quelli noti come i Janjaweed, ovvero i “diavoli a cavallo“, autori di massacri durante la guerra civile in Darfur, è diventato il suo vice, in una sorta tuttavia di “tregua di facciata“.
Quest’ultimo ha addirittura detto e ribadito più volte come il colpo di Stato sia stato un errore, ed ora da Burhan e l’esercito è considerato un criminale. Ciò ha portato a considerare le Fsr un’organizzazione ribelle da sciogliere da parte del generale militare, mentre in risposta Dugalo ha messo una taglia sulla testa del suo, ormai, ex capo.
Naturalmente questa situazione ormai degenerata ha dato luogo alla reazione indignata e preoccupata di molti Paesi, che hanno chiesto a più riprese il “cessate il fuoco” da parte dei due generali, che tuttavia per ora non mostrano di avere nessuna intenzione di chiudere le ostilità. “Siamo già davanti allo scenario peggiore, e da qui gli scenari diventano sempre più cupi” ha dichiarato Alan Boswell, dell’International Crisis Group.
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