Due associazioni ambientaliste e dodici cittadini italiani hanno intentato una class action contro l’Eni e contro il ministero dell’Economia per i danni associati al cambiamento climatico.
Greenpeace Italia, ReCommon e dodici cittadini italiani hanno intentato una class action contro la grande azienda petrolifera Eni. Inoltre, in quanto suoi azionisti, anche contro il ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti.
Questo a causa dei danni generati dall’azienda nei confronti dell’ambiente, derivanti dai cambiamenti climatici.
Il cambiamento climatico è ormai un problema reale e concreto, che non può più essere ignorato, né a livello nazionale, né tanto meno a livello internazionale.
Per questo motivo Greenpeace Italia, ReCommon e dodici cittadini italiani hanno dato vita ad una causa per danni contro l’Eni.
Non solo, la class action, oltre alla grande compagnia petrolifera, ha citato in giudizio anche il ministero dell’Economia e la Cassa Depositi e Prestiti, in quanto finanziatori di Eni.
Il grande colosso energetico infatti, è una delle principali aziende produttori di gas naturale, petrolio ed energia elettrica. Questi sono tutti combustibili fossili che determinano il verificarsi del cambiamento climatico, producendo effetti negativi sull’ambiente.
Infatti, la causa è stata intentata proprio perché a detta delle due associazioni ambientaliste e dei cittadini, “Eni ha significativamente contribuito al cambiamento climatico con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone consapevole”.
La loro tesi sarebbe basata su un rapporto risalente al 1978 della Tecneco, una società associata di Eni. All’interno di quest’ultimo sarebbe stato riportato che la concentrazione di anidride carbonica sarebbe aumentata vertiginosamente verso la fine del secolo.
Inoltre, alcuni scienziati avrebbero, a tal proposito, espresso preoccupazione nei confronti di tali dati. Questo perché avevano previsto che questi elementi avrebbero potuto causare effetti negativi del cambiamento climatico a lungo termine.
Greenpeace Italia, ReCommon e i dodici cittadini, attraverso la causa, hanno accusato l’Eni di violazione del diritto alla vita, alla salute e a una vita familiare indisturbata. Inoltre, i soggetti hanno richiesto che Eni diminuisca del 40% le emissioni rispetto al 2020 entro il 2030.
In effetti il cambiamento climatico impatta su questi ambiti fondamentali della vita umana, il problema però è che la disciplina giuridica in tal senso, è ancora ampiamente in evoluzione.
Uno dei cittadini che ha contribuito ad intentare la causa è un residente del Polesine. In quella zona, in effetti, vi è un alto rischio di innalzamento delle acque del Po. Questo potrebbe causare seri danni alla popolazione.
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