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Cronaca

È stato arrestato il quinto scafista del naufragio di Cutro

A due mesi dalla strage di Cutro è stato arrestato il quinto presunto scafista, l’ultimo che mancava all’appello.

Le autorità sulla spiaggia di Steccato di Cutro – Nanopress.it

Si tratta di un 27enne di origini turche che subito dopo quella che viene considerata la tragedia peggiore che ha riguardato i migranti negli ultimi anni, è fuggito in Austria facendo perdere le sue tracce. Oggi, dopo assidue ricerche in collaborazione con le autorità austriache, è stato individuato e consegnato al nostro Paese per il processo che lo vede indagato insieme ad altre 4 persone.

Arrestato il quinto scafista del naufragio di Cutro

Poco fa i giudici austriaci hanno deciso che Gun Ufuck, il 27enne turco arrestato nel Paese dove si era rifugiato, deve tornare in Italia per affrontare il processo che lo vede al banco degli imputati come responsabile della morte dei migranti a Cutro lo scorso 26 febbraio.

È considerato lo scafista che insieme ad altre 4 persone ha condotto a morte certa almeno 93 migranti, questo il numero accertato finora. Questi erano stati coinvolti in un viaggio clandestino in cui su un barcone in pessime condizioni avrebbero affrontato le insidie del mare per arrivare nel nostro Paese, pagando fra l’altro un’imponente cifra: 8.000 euro per gli adulti e 4.000 per i bambini. Tanti sono quelli che hanno perso la vita perché a poche centinaia di metri dalla riva di Steccato di Cutro, l’imbarcazione che già era molto precaria, si è schiantata su una secca distruggendosi in mille pezzi.

I corpi dei naufraghi sono stati ritrovati il giorno dopo, erano circa una trentina quelli che giacevano sulla riva del paese calabrese in provincia di Crotone, fra pezzi di legno restituiti dal mare insieme ad altri corpi. Ancora su quella spiaggia riecheggiano le urla di chi ha perso un figlio o un parente, tuttavia il viaggio verso una vita migliore sembrava una buona opportunità per queste persone che fuggono da situazioni di torture e persecuzioni.

Le croci in ricordo delle vittime – Nanopress.it

Le indagini hanno portato all’arresto degli scafisti, ovvero coloro che hanno organizzato il viaggio per arricchirsi. Si tratta di 4 persone che sono sopravvissute allo schianto ma una quinta mancava all’appello. Il 27enne turco arrestato oggi infatti ha fatto giusto in tempo ad espatriare verso l’Austria per sfuggire alla giustizia italiana ma oggi sono in corso le operazioni di rimpatrio.

Il presunto quinto membro dell’equipaggio, che sarebbe stato anche riconosciuto dai superstiti, è l’unico che è riuscito a far perdere le proprie tracce. Gli investigatori e i finanzieri di Crotone però lo avevano localizzato pochi giorni dopo il suo arrivo in territorio estero e infatti il 7 marzo è stato ufficialmente fermato nei pressi di Graz grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine locali e del Viminale. Oggi la convalida dell’arresto e il trasferimento in Italia dove dovrà fare i conti con accuse molto pesanti come traffico di esseri umani e morte come conseguenza di altro reato.

Come sia arrivato nel Paese è ancora da chiarire, così come c’è un fatto su cui circolano delle voci che però sono da confermare, sembra infatti che ci fosse una rete più ampia di persone oltre agli scafisti dietro al viaggio tragicamente terminato quella notte di febbraio.

In effetti non sarebbe una notizia nuova, già in precedenza in effetti la Procura di Reggio Calabria ha evidenziato la presenza di alcuni “facilitatori” a terra che si occupano del ritorno in patria degli scafisti procurando biglietti aerei e addirittura documenti falsi.

La piaga degli scafisti

Fondamentali nelle indagini sono le testimonianze di coloro che sono sopravvissuti al massacro. Di certo a loro il viaggio sarà sembrato appetibile, nonostante le condizioni proibitive date dall’imbarcazione precaria con un motore che addirittura nel corso della rotta si è spento più volte e ha avuto bisogno di manutenzione.

Durante l’incidente probatorio davanti ai giudici del Tribunale di Crotone uno dei superstiti ha raccontato che gli scafisti girarono dei filmati a scopo pubblicitario, questi ora sono in possesso della Procura e sono stati inseriti nel fascicolo di indagine. È impressionante e disumano pensare che una cosa del genere pagata fra l’altro a un prezzo spropositato, venga promossa come un viaggio in crociera.

Secondo un testimone ascoltato in aula, il programma era quello di lasciare i profughi in Italia a pochi metri dalla spiaggia prima del sorgere del sole, per poi ripartire con la medesima imbarcazione verso la Turchia per organizzare un nuovo viaggio. Era improbabile che una bagnarola simile reggesse ancora molto e infatti il mare forza 4 l’ha letteralmente ridotta in brandelli.

I resti dell’imbarcazione – Nanopress.it

Questo ci porta a ragionare sul fenomeno degli scafisti, fortemente condannato di recente da Giorgia Meloni e da tutti gli esponenti politici. Questi si arricchiscono sulla pelle di persone disperate, chiedendo loro quelli che a volte rappresentano i risparmi di una vita. Dai sopravvissuti si evince che oltre agli scafisti ci sarebbe un’organizzazione più ampia dietro a tutto questo e i parenti delle vittime hanno addirittura rivelato i nomi e i numeri di telefono dei cosiddetti reclutatori e le agenzie dove sono stati effettuati i pagamenti.

Intanto è calato il silenzio sul mancato soccorso dei naufraghi e sul ritardo delle operazioni nonostante ci fosse stata una richiesta di soccorso un giorno prima da parte di Frontex. Ancora prima, quindi il 24 febbraio, c’è stato invece l’Sos da parte della Guardia Costiera che segnalava alle navi in circolazione una barca in difficoltà nel mar Ionio, non è chiaro però se fosse la medesima che poi si è schiantata.

Tuttavia Piantedosi ha chiarito che l’operazione di soccorso Sar non è stata attivata perché l’iter vuole che non basti una situazione di emergenza ma bisogna accertare il pericolo reale. Fra l’altro non sono arrivate richieste perché sappiamo che gli scafisti avevano bloccato il segnale dei cellulari dei migranti.

Il ministro ha puntato il dito verso Frontex, rispondendo alle polemiche sui mancati soccorsi con il fatto che l’Agenzia non avesse segnalato alcun pericolo ma invece sottolineava il buono stato di navigabilità. Poi è arrivata la replica di Frontex in cui viene precisato che la responsabilità è degli Stati nazionali interessati, insomma uno scaricabarile che purtroppo non giova su coloro che chiedono giustizia.

Sono tante le storie che si intrecciano in questa vicenda, tanti coloro che hanno perso una persona cara e ora vogliono una condanna per i responsabili, anche se ovviamente questo non potrà cancellare ciò che è stato ma solo, si spera, fungere da deterrente per altri atti simili in futuro.

 

 

 

Claudia Marcotulli

Diplomata in grafica pubblicitaria, amo l'arte, la natura, gli animali, la grafica, la fotografia e la scrittura.

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